Alessandra Maltoni: “Sogni e Colori”, un Venezuela da ricordare, da vivere, da trasmettere

Con Sogni e Colori – Viaggio attraverso il Venezuela, Alessandra Maltoni ci conduce in un’esperienza unica: un viaggio fatto non con le proprie gambe, ma attraverso le parole ritrovate in un diario, dimenticato per anni in un cassetto. È la voce della sorella Barbara, giovane viaggiatrice degli anni ’90, a raccontare un Venezuela affascinante, contraddittorio e vitale, tra paradisi naturali e contrasti sociali. Alessandra diventa la custode e la testimone di questo racconto, trasformandolo in un dono per i nipoti e per tutti coloro che credono che il viaggio sia molto più di una semplice meta. In questa intervista, esploriamo insieme a lei la genesi e il cuore di un libro che ci invita ad aprire le vele e andare incontro al mondo – e a noi stessi.

a cura della redazione


Benvenuta su Che! Intervista, Alessandra, è un vero piacere accoglierti. Sogni e Colori – Viaggio attraverso il Venezuela è un’opera speciale, nata dal ritrovamento di un diario: puoi raccontarci come è avvenuta questa scoperta e cosa ti ha spinto a pubblicarlo?
Il piacere è tutto mio. La scoperta del diario non  è stata casuale. Era custodito in un cassetto della mia scrivania , dimenticato per anni, quasi come un tesoro in attesa di essere ritrovato. Ricordo la sensazione di curiosità e poi la crescente emozione man mano che leggevo le  parole di mia sorella. Mi ha subito colpito la vividezza delle descrizioni e l’autenticità delle emozioni. L’idea di pubblicarlo è nata dal desiderio di condividere questa esperienza con la famiglia e ricordare a Barbara e Mirco la loro complicità da giovani. Ho sentito il bisogno di trasformare questo pezzo di memoria familiare in un dono, soprattutto per i  loro figli , affinché potessero conoscere un aspetto così significativo della storia della loro madre e padre cogliendo l’importanza del viaggio come esperienza formativa. Non solo, cerco di trasmettere la ricchezza delle emozioni , dei legami di sangue, per due ragazzi decidere di andare a trovare gli zii immigrati in altro continente è affetto, umanità, oggi il mondo è povero di questi valori importantissimi. Gli zii sono una ricchezza.

Hai scelto di non intervenire troppo sul testo originale, lasciando intatta la spontaneità del racconto: quanto è stato importante per te preservare quella voce autentica e quasi “grezza” della tua sorella Barbara?
È stato fondamentale. La forza di questo libro risiede proprio nella voce autentica e spontanea di Barbara. Intervenire troppo avrebbe significato alterare l’essenza stessa del racconto, la freschezza delle sue osservazioni, la purezza delle sue reazioni di fronte a un mondo così diverso. Ho voluto preservare quel tono quasi “grezzo”, quella capacità di osservazione che solo una giovane viaggiatrice di vent’anni può avere, con la sua ingenuità e il suo entusiasmo. È proprio in questa genuinità che il lettore può riconoscersi e sentirsi parte del viaggio.

Il Venezuela raccontato nel libro è al tempo stesso meraviglioso e contraddittorio: quali immagini, tra tutte quelle descritte, ti hanno colpito di più durante la lettura del diario?
Molte immagini mi hanno toccato profondamente. Se devo sceglierne alcune, direi sicuramente la descrizione dei paesaggi naturali mozzafiato: la maestosità del Salto Angel, l’immensità della Gran Sabana, la ricchezza della fauna e della flora. Queste immagini trasmettono una bellezza quasi primordiale. Al contempo, mi hanno colpito le scene che rivelano le contraddizioni sociali: la povertà, il contrasto tra lusso e miseria, ma anche la resilienza e la dignità delle persone. È questo dualismo, questa capacità di Barbara di cogliere sia la meraviglia che la complessità, che rende il racconto così potente e reale.

Il viaggio narrato risale al 1996, ma ha ancora oggi molto da dire: secondo te, cosa rende questa esperienza così attuale e significativa anche per le nuove generazioni?
Nonostante siano passati quasi trent’anni, il viaggio di Barbara rimane incredibilmente attuale. Credo che ciò dipenda da diversi fattori. In primo luogo, la ricerca di autenticità e la voglia di esplorare il mondo sono desideri universali e senza tempo. Le nuove generazioni, forse più che mai, sono alla ricerca di esperienze che vadano oltre il turismo superficiale. Il diario offre una prospettiva intima e profonda su un paese, ma soprattutto sul significato intrinseco del viaggio: la crescita personale, la capacità di adattamento, la scoperta di sé attraverso il confronto con l’altro. Inoltre, le riflessioni sulle disuguaglianze sociali e sull’impatto umano sull’ambiente, pur risalendo al 1996, risuonano con le tematiche attuali, rendendo il libro uno spunto per riflessioni importanti.

Il libro è dedicato ai figli dei protagonisti, e ha una forte valenza affettiva e educativa: cosa speri che apprendano – e che apprezzino – chi leggerà questo viaggio?
Spero che chi leggerà questo viaggio, e in particolare i nipoti di Barbara e Mirco, possa apprendere il valore inestimabile dell’apertura mentale e della curiosità verso il mondo. Spero che comprendano che viaggiare non significa solo visitare luoghi, ma anche confrontarsi con culture diverse, superare paure, sviluppare empatia e comprendere la propria posizione nel mondo. Mi auguro che apprezzino la testimonianza di un viaggio che è stato anche un percorso di crescita personale, un inno alla libertà e alla capacità di adattarsi e trovare bellezza anche nelle difficoltà. È un invito a uscire dalla propria zona di comfort e a abbracciare l’ignoto con coraggio.

Si percepisce un’attenzione particolare per i dettagli culturali e sociali del Venezuela: quanto pensi che il confronto con altre realtà sia ancora oggi uno strumento potente per educare alla diversità e alla tolleranza?
Ritengo che il confronto con altre realtà sia uno strumento potentissimo, forse irrinunciabile, per educare alla diversità e alla tolleranza. Il viaggio, nella sua accezione più autentica, ci costringe a mettere in discussione le nostre certezze, a comprendere che esistono modi diversi di vivere, pensare e sentire. Il Venezuela di Barbara, con le sue molteplici sfaccettature, è un esempio lampante di come l’incontro con l’altro possa arricchire la nostra prospettiva. In un’epoca in cui le divisioni sembrano acuirsi, un libro come Sogni e Colori può fungere da ponte, ricordandoci che la diversità è una ricchezza e che la tolleranza è il fondamento di una società più giusta e inclusiva.

Nelle difficoltà del viaggio emergono riflessioni profonde sulla libertà, la ricchezza, il senso del ritorno: c’è un passaggio del diario che ti ha emozionata più degli altri e che senti particolarmente tuo?
Sì, ce n’è uno in particolare che mi ha colpita molto e che sento particolarmente mio. È un passaggio in cui Barbara riflette sulla libertà intrinseca del viaggiatore, sul senso di leggerezza che si prova quando si è lontani dalle consuetudini e dalle aspettative. C’è una frase in cui si interroga sul significato della “ricchezza” e su come questa non sia legata solo al possesso materiale, ma all’esperienza, alla conoscenza, all’apertura verso l’altro. Questo mi ha emozionato perché riflette un sentire profondo che condivido, l’idea che il vero valore risieda nelle esperienze che ci trasformano e non in ciò che accumuliamo. È un invito a vivere con meno zavorre e più intensità. Nella mia filosofia di vita  donare è più importante che ricevere, regalare agli zii una visita è un atto d’amore e di rispetto  nei confronti dell’esistenza, il senso del ritorno è raccontare ai congiunti le scoperte  e abbracciarli ancora, è uno stacco temporaneo.

Hai citato autori come Twain e Allende, che danno profondità al tuo lavoro: quanto la letteratura ha influenzato la tua visione del viaggio e il modo in cui hai deciso di presentare questa storia?
La letteratura ha avuto un’influenza enorme, sia sulla mia visione del viaggio che sul modo in cui ho approcciato questo progetto. Autori come Mark Twain, con il suo spirito avventuroso e la sua capacità di cogliere la complessità umana, o Isabel Allende, con la sua prosa evocativa e la sua profonda conoscenza dell’America Latina, hanno plasmato la mia sensibilità. Mi hanno insegnato che un viaggio non è solo una cronaca di eventi, ma un’esplorazione dell’anima, un’opportunità per raccontare storie che vanno oltre il mero spostamento fisico. Ho cercato di infondere nel libro questa profondità, di elevare il diario di Barbara a un racconto che, pur partendo da un’esperienza personale, potesse toccare corde universali e invitare a riflessioni più ampie.

Dopo questo primo esperimento editoriale legato alla memoria e alla narrazione familiare, pensi di proseguire su questa strada? Ci sono altri “cassetti” da aprire?
Dopo questa esperienza così intensa e gratificante con Sogni e Colori, è naturale che la curiosità mi spinga a guardarmi intorno. E sì, direi che ci sono sicuramente altri “cassetti” da aprire. La memoria familiare è un pozzo inesauribile di storie e spunti. Questo progetto mi ha insegnato il valore della narrazione come mezzo per mantenere vivi i ricordi e per trasmettere valori. Non so ancora se sarà un altro diario, poesie, o altre forme di testimonianze, ma l’idea di continuare a esplorare e a dare voce a queste narrazioni personali, trasformandole in qualcosa di condivisibile, è per me molto affascinante .

Se dovessi racchiudere in una frase l’essenza di Sogni e Colori, quella che meglio rappresenta il suo spirito, quale sarebbe?
Se dovessi racchiudere l’essenza di Sogni e Colori in una sola frase, direi: “Un viaggio è un dialogo costante tra il mondo esterno e il proprio mondo interiore, che ci trasforma , ci rivela chi siamo davvero e dove viviamo.”

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