Alessandro Colpani e i suoi “Confini”: tra memoria e musica

Il 4 aprile 2025 l’uscita di “Confini”, il nuovo album del cantautore Alessandro Colpani, frutto della collaborazione con il percussionista e produttore Francesco Brianzi. Un disco che esplora il significato dei confini – geografici, ideali ed emotivi – attraverso sonorità folk e testi profondamente poetici. In questa intervista, Colpani ci accompagna dietro le quinte del suo progetto, raccontando il percorso creativo e le storie che hanno dato vita ai brani.

a cura di Salvatore Cucinotta


Alessandro, benvenuto su Che! Intervista. Iniziamo subito! “Confini” è un titolo evocativo. Cosa rappresenta per te e qual è il messaggio centrale del disco?
Ciao, grazie dell’invito. Il titolo dell’album descrive anzitutto il legame tra queste canzoni, alle quali io e Francesco Brianzi, produttore, abbiamo lavorato insieme. Quindi prima che affermare un messaggio, è il risultato spontaneo della nostra collaborazione: tutti i pezzi, in modi diversi, sono accomunati dal tema del “confine”. Quello geografico, ma anche di altro tipo, pur senza nascondere l’influenza dei tempi che viviamo, e anzi mettendoli in discussione.

Il primo singolo estratto, “Guardi il fiume”, ha già ricevuto importanti riconoscimenti. Come è nato questo brano e cosa lo rende così speciale per te?
In questa canzone raccontiamo il rapporto tra la nostra città, Piacenza, e il Po, uno dei “confini” del disco. “Guardi il fiume” ha vinto il Premio Via Emilia nella sezione dedicata al miglior testo in gara, e questo ha anche contribuito alla possibilità di produrre al meglio l’album: i premi musicali sono stati il nostro impulso iniziale, oltre ad averci convinti di essere sulla giusta strada.

Nel disco ci sono riferimenti alla memoria storica, come in “Monte Sole”, ispirata ai tragici eventi di Marzabotto. Quanto è importante per te intrecciare musica e memoria collettiva?
La musica per me è molto importante, ma non è tutto, quindi da sola perde molto del suo significato. Questo credo valga per ogni cosa. La musica è parte di me, e come me è collegata a tutto il resto: se la si vede come una forma di espressione, è logico chiedersi cosa debba esprimere, pur mantenendo una propria dignità separata. Nelle mie canzoni sento di volere unire musica, parole, e altri elementi altrettanto importanti, come quello della memoria di cui mi hai chiesto.

Hai collaborato con artisti e realtà diverse, come il coro di bambini in “Bambine Conchiglie”. Come è stato lavorare con loro e cosa ha aggiunto al progetto questa esperienza?
Il coro di bambini Le Voci Del Terzo, è stato diretto dalla maestra Raffaella Fellegara, che è anche l’autrice della musica che accompagna il testo di Mario Bolognese, poi adattata da me e Francesco Brianzi. Il coro è intervenuto perfettamente, arrivando poi a cantare anche altre parti del disco.
È stato interessante confrontarci con loro, sul significato di quello che stavamo cantando. Ognuno ha raccontato l’idea che il brano gli aveva suscitato, come quando metti l’orecchio su una conchiglia: c’è chi ci sente il mare e chi ci sente il vento. E tutti insieme, realizzando la canzone, ne abbiamo fatto una somma: è stato un coro di idee.

In “Scarpe Nere” racconti il disagio di una generazione. È un brano autobiografico? Quali emozioni hai voluto trasmettere?
Le scarpe nere sono quelle con cui la mia generazione si sta incamminando verso il futuro prossimo. Era il colore della ribellione in adolescenza, è il colore che assume il cielo quando non promette bene, come in questi tempi, e poi il nero in questa parte del mondo è il colore del diverso.

La tua musica unisce poesia e cantautorato. C’è un artista o un poeta che ha influenzato particolarmente il tuo percorso musicale?
Scrivendo queste canzoni ho pensato a diversi autori di diverse nazionalità. Alcuni li ho attraversati volontariamente, come Bersani e Cohen, altri inavvertitamente come Branduardi. Credo che chi ascolterà il disco ritroverà questi nomi.

Confini” è un album nato da una lunga collaborazione con Francesco Brianzi. Come si è sviluppato il vostro rapporto artistico nel tempo?
Abbiamo cominciato a suonare insieme senza fare progetti di lungo termine. Poi abbiamo collaborato al singolo “Questo sogno tenero”, iniziato e finito lì. Dopodiché è arrivata “Guardi il fiume” nel 2017, abbiamo vinto un premio, avevamo altre canzoni che giravano attorno alle serate in cui è capitato di suonare insieme. Siamo andati avanti e nel 2019 e 2021 altre due canzoni ci hanno portati a vincere in altrettanti premi: significa chilometri, palchi, intesa, e anche la possibilità materiale di realizzare qualche cosa di più.

La scelta strumentale è molto curata, con strumenti come il vibrafono e il mandolino. Quanto è stato importante per te il sound nella narrazione dell’album?
Gli arrangiamenti sono stati realizzati da Francesco, che ha tradotto e composto in musica il senso dei testi, e delle idee di partenza delle canzoni. Credo che alcuni di questi brani, con un arrangiamento diverso potrebbero non stare neanche in piedi. Abbiamo usato suoni artigianali, per così dire, che restituissero la matericità delle parole evocate: conchiglie, fiumi, confini, scarpe, quindi l’archetto che scorre sul violoncello, i rintocchi delle barre di metallo del vibrafono, corde, e così via.

Il tema del confine è centrale nei testi. Oggi, in un mondo che costruisce sempre più barriere, pensi che la musica possa ancora abbatterle?
La musica è qualcosa che non si può toccare, né vedere, né fermare nel tempo. Però è una lingua che può essere compresa in ogni lingua. Credo che il fine della musica sia la bellezza, e forse ciò che la bellezza può suscitare in noi è qualcosa che può migliorarci, cioè che può migliorare parte del mondo in cui viviamo. Ma, citando proprio un maestro della canzone, “la storia siamo noi”, non le canzoni, ma la gente, “è la gente che fa la storia”.

Dopo l’uscita dell’album, quali sono i tuoi progetti futuri? Ci sarà un tour per presentare Confini dal vivo?
Per ora sono previste solo alcune presentazioni raccolte, dedicate a presentare al meglio queste 7 canzoni, a cominciare dal concerto di domenica 13 aprile a Piacenza, a Palazzo Ghizzoni Nasalli, in collaborazione con l’Associazione Kult.
Ma “Confini” nel frattempo si è già intrecciato a un progetto teatrale, “Emme-Zero”, e al libro “Azur del mare” dell’amica Leili Kalamian. Sarebbe bello portare queste esperienze in giro per l’Italia.

Grazie Alessandro! Complimenti per la tua carriera artistica!

Per saperne di più visita:
Instagram | colpanialessandro.it

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