Dalla passione per il teatro di Civitavecchia al successo sul grande schermo, passando per il doppiaggio e la musica, il protagonista di questa intervista ha dimostrato di essere un artista completo. Tra premi, ruoli iconici e tour internazionali, ha costruito una carriera ricca di sfide e soddisfazioni. In questa conversazione esclusiva, esploriamo il percorso, i successi e i sogni di un talento emergente e poliedrico del panorama artistico italiano.

a cura di Salvatore Cucinotta


Benvenuto Alessandro e grazie per essere con noi. Dopo una carriera iniziata sul palcoscenico della tua città natale, cosa significa per te guardarti indietro e vedere tutto quello che hai costruito?
Ciao! Il piacere è mio!
È un’ottima domanda.
Sicuramente tutto quello che è successo, da quel lontano giorno ad oggi, è materiale prezioso per la persona che sono oggi. Guardandomi indietro rifarei tutto, scelte sbagliate comprese. Una cosa che mi viene da dire ripensando al mio passato è che il nostro è un settore che ha bisogno di tempo per costruire bene ogni gradino di questa scalinata che non ha mai fine. Ovviamente c’è chi fa salti da gigante ma un percorso strutturato permette a ogni professionista di saper prendere le opportunità nel giusto modo e nel giusto momento; la strada in salita serve a rinforzare le gambe per salire meglio insomma, più si sale, più è ripido.

La tua formazione è stata arricchita da workshop con grandi nomi come Giancarlo Giannini. Qual è l’insegnamento più prezioso che hai ricevuto durante questi percorsi?
Il fulcro importante di questi incontri, di questi workshop, di queste accademie sono le relazioni, quelle verso gli altri e verso te stesso. Tutti abbiamo affrontato l’accademia e il nostro percorso di studio come un lasso di tempo dove ci si divertiva (giustamente) dove si apprendevano nozioni e ascoltavamo esperienze dei nostri insegnanti, quando in realtà l’unica cosa che ogni allievo d’accademia dovrebbe imparare è come relazionarsi al mondo esterno, al mondo del lavoro.
L’insegnamento più prezioso delle accademie che ho frequentato è che il talento, per quanto importante e fondamentale sia per il nostro lavoro, ormai è un requisito scontato. Nel sistema di arte e spettacolo la materia che ogni allievo dovrebbe studiare è “Imprenditoria e caccia al lavoro”.

Bisogna sapersi vendere, essere consapevoli del nostro prodotto che vendiamo e saper dove vendere il nostro talento. Quindi il talento è la merce di scambio (che dobbiamo assolutamente avere) e il lavoro è quello con cui veniamo pagati.

Nel doppiaggio hai dato voce a progetti di animazione Disney e ruoli importanti. Come si prepara un attore a trasmettere emozioni unicamente attraverso la voce?
Io vivo il mondo del doppiaggio con una relazione di odio e amore. Reputo questo settore affascinante quanto complesso e pieno di spunti per un attore che non ha mai approcciato al leggio già da piccolo. Un attore che non nasce in sala doppiaggio sicuramente ha delle difficoltà iniziali per capire il meccanismo, la scioltezza e la pulizia che un doppiatore deve rendere in sala. Ricordo ai lettori di questa intervista che il doppiaggio non è altro che una specializzazione per attori, ogni doppiatore dovrebbe, secondo me, avere delle basi attoriali alle spalle per evitare di recitare meccanicamente davanti al microfono. Fortunatamente siamo muniti di una schiera di veterani del settore che, giorno dopo giorno, instradano sulla retta via gli esordienti doppiatori verso questa filosofia del “Doppiattore”. I miei piccoli sfizi in sala doppiaggio che mi sono tolto, sono grazie a persone che hanno capito il mio modo di approcciare al settore, quindi auguro ad ogni esordiente di trovare presto il loro.

Il teatro resta una delle tue grandi passioni. Qual è stato il ruolo che ti ha messo più alla prova e che porti nel cuore?
Vivo ogni spettacolo come una sacra parentesi di vita. Non limito il mio pensiero e il mio amore verso questo mestiere come un lavoro o una passione. Trovare nel “Sacro” nel teatro mi ha dato l’opportunità di studiare i miei ruoli con cura, curiosità e devozione. Ecco perché non esistono ruoli che preferisco. Ovviamente ci sono ruoli in cui mi sono divertito di più come nei miei tanto amati e desiderati antagonisti, ma mi limito a soffermarmi a quella sensazione che ogni “studio del personaggio” può darti: Una sacra parentesi al di fuori del mondo in cui puoi essere chi vuoi.

A breve partirai per un tour internazionale con Casanova Opera Pop. Quali emozioni provi all’idea di esibirti in contesti così lontani e diversi come Shanghai e Xiamen?
Visto il ritardo della mia risposta a questa intervista data l’intensità di questo tour posso raccontarvi com’è andata. Esibirsi in contesti del genere è un’emozione indescrivibile. Come ogni collega teatrante potrà testimoniare, ogni pubblico è un’energia a sé. Il pubblico cinese è incredibile. Rispettano il teatro e gli spettacoli con un rispettosissimo silenzio facendo degli applausi misurati, quasi per non disturbare troppo, per poi aspettarti fuori il teatro sia prima che dopo lo spettacolo per ringraziarti. Ti ringraziano per avergli regalato una serata speciale. Questo tipo di cultura credo che manchi in Italia, quel sano amore per l’arte, quell’entusiasmo e quella curiosità nell’emozionarsi. La Cina mi ha regalato queste sensazioni bellissime. Casanova Opera Pop per me è stato il mio battesimo nel mondo del Musical e partire con un progetto così mastodontico ha potuto solo riempirmi il cuore di gioia. È stato un mese incredibile. Colgo l’occasione per salutare I Canzian’s che si sono fidati di me e tutti i miei amati colleghi.

La tua carriera si è estesa anche al cinema con il film Good Vibes. Come descriveresti il passaggio dal teatro al grande schermo?
Good Vibes è stato una cometa bellissima. Il mio primo film, la mia prima apparizione al cinema e il mio primo ruolo da protagonista. Anche questo battesimo per me è stato significativo, un’esperienza pazzesca. Anche qui Janet De Nardis, la regista del film e una forza di donna infermabile che saluto, si è fidata ciecamente delle mie capacità per ricoprire il ruolo di Gianni Liguori. È stata una sua scommessa e abbiamo portato insieme il risultato a casa. Lavorare sul set mi ha fatto capire quanto delicato e potente sia lavorare in una macchina complessa come il Cinema e tutto questo mi ha invogliato a inseguire quella strada sempre più, non per niente è al primo posto dei buoni propositi del 2025.

Oltre ad essere un attore, sei anche cantante e conduttore. Come riesci a bilanciare questi diversi ruoli artistici e a farli convivere nella tua carriera?
La dura legge dell’artista e del libero professionismo, secondo il mio umile punto di vista, dice che bisogna essere competenti nelle varie sfaccettature che il mercato richiede. Quelli come me, che vengono da una città di mare, completamente estranei a questo mondo, hanno bisogno di avere i “Tentacoli”, come dico sempre io, in ogni possibile direzione artistica. Fin da subito cominciai a studiare canto per essere pronto a poter usare anche questa skill, ad oggi infatti ho la possibilità di avere entrate economiche anche dalla musica live. Ho cominciato a presentare eventi forzando la mia psiche perchè avevo il terrore di farlo, fino a condurre un talent per cantanti chiamato “Talent League”. Sono anche dell’idea che una mente polivalente, curiosa e piena di voglia di imparare sia il giusto mindset di un creativo, che sono gli artisti del momento presente.

Il tuo lavoro nel consiglio direttivo del “Teatro Sociale di Amelia” dimostra un impegno concreto nella promozione culturale. Cosa significa per te contribuire a mantenere vivo il teatro?
Questo è un progetto al quale stiamo lavorando duramente e abbiamo ambizioni altissime. La promozione artistica e culturale è un’esigenza che al nostro paese serve sempre più. Trasmettere il amore per l’arte è il messaggio più bello e puro che possa mai lanciare nel mondo. Il Teatro Sociale di Amelia è un teatro che esiste dal 1782 e attualmente è in stato di disuso. È nostro compito e desiderio riportare la luce in quel teatro e far tornare questa struttura a vivere come un tempo. Ottimisticamente alla fine del prossimo anno uno spiraglio di quella luce si potrà cominciare a vedere. Ma chissà, stiamo lavorando ad un progetto archeologico, un vero e proprio patrimonio nazionale e mi ritengo onorato di essere coinvolto in questa rinascita, che in un certo senso darà uno slancio anche alla mia carriera. Avere la direzione della prosa di un teatro così ricco di storia per me è un onore immenso, avere uno spazio, un’isola dove poter fare arte secondo il proprio linguaggio è un privilegio più unico che raro. Spero di poter dare splendide notizie al più presto.

Quali sono i progetti o i sogni che speri di realizzare nel mondo dello spettacolo e dell’arte?
Mi sono sempre reputato una fucina di idee a breve termine e in effetti mi sono sempre soffermato poco sul lunghissimo termine. Però ho dei sogni anch’io. Anch’io ho quella sensazione la notte, prima di chiudere gli occhi, di pensare a qualcosa di bello.

Nel mio disegno finale, abbozzato a matita dall’Alessandro Onorati del 2025, c’è un luogo multiculturale dove diverse discipline artistiche si mescolano e coesistono per creare degli show di altissimo livello. Gente selezionata, pura e genuina, difficilmente inquinata da quello che “l’imprenditoria esterna vuole” insomma mi piace chiamarla “Una comunità di sensibili” un luogo d’arte stellato, come se il pubblico andasse ad assaggiare le pietanze di uno chef ricercato, solo che li si cucinerà arte. Questo è l’obiettivo per la comunità.

Gli obiettivi di Alessandro sono di trovare qualcosa che si avvicini ad una completezza artistica. Quindi una conoscenza completa della teoria musicale e della musica in generale, di aver esplorato le a me ignote vie della danza e del movimento scenico, aver studiato almeno un’arte marziale. E questi sono gli obiettivi di conoscenza artistica.

Gli obiettivi di Alessandro professionista sono di lavorare attivamente nel cinema per pagarmi il teatro che vorrei. Questo è molto semplice come desiderio.

Grazie per questa intervista.
Un caro saluto,
Alessandro Onorati.

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