Alessandro Quarta: la musica come narrazione di vita e passione

Alessandro Quarta è un virtuoso del violino e compositore di fama internazionale, capace di incantare il pubblico con la sua musica evocativa e straordinaria tecnica. Dagli inizi precoci all’età di tre anni e mezzo, fino a prestigiose collaborazioni con Walt Disney e Rai Cinema, Alessandro ha fatto della musica il suo linguaggio universale. Le sue esibizioni su palchi di tutto il mondo, da Verona a Dubai, fino al Tempio di Zeus, sono un viaggio emozionale che unisce pubblico e artista. In questa intervista, esploriamo la sua carriera, le sue ispirazioni, e il profondo legame che ha con le sue composizioni più intime, offrendo uno sguardo unico su un artista che continua a vincere premi e ad affascinare il mondo con le sue opere musicali.

a cura di Noemi Aloisi
ph Marco Perulli


Benvenuto Alessandro, la tua è una carriera invidiabile. Raccontaci: qual è stato il primo strumento che ti ha fatto appassionare alla musica?
Ho iniziato a studiare il violino a soli tre anni e mezzo, inizialmente per gioco, come credo sia giusto a quell’età. Ma già dai cinque anni ho cominciato a prendere seriamente lo studio. Avevo due fratelli più grandi che suonavano il violino e il pianoforte, e ascoltarli a casa mi ha fatto innamorare di entrambi gli strumenti. A sette anni ho scritto la mia prima composizione per due violini e pianoforte.

Come compositore, ti sei occupato di creare musiche inedite per film della Walt Disney e Rai Cinema. Da cosa ti lasci ispirare nelle tue composizioni?
L’ispirazione nasce da molte cose: le immagini, la storia, la fotografia, le emozioni, i ricordi. Sono tutti ingredienti fondamentali, sia che si tratti di scrivere musica per un film o un brano musicale. Per i film, in particolare, i tempi di scrittura sono spesso molto stretti. La sceneggiatura e le immagini mi aiutano a capire subito quale debba essere il “colore” della musica, armonico o melodico, e quali strumenti usare. A questo aggiungo la fotografia e le emozioni che provo.

Ti sei esibito in tantissimi Paesi, tra Europa, America, Cina, Giappone e Medio Oriente. C’è un luogo che ti ha colpito particolarmente durante le tue performance?
Non è facile sceglierne uno. Ogni luogo mi ha regalato emozioni uniche, che mi hanno arricchito e mi hanno permesso di affrontare le esibizioni successive con maggiore maturità. Ogni emozione è importante e non è legata al luogo in sé, ma all’esperienza che vivi in quel momento.

I brani “Dorian Gray” e “Etere”, eseguiti in prima mondiale con Roberto Bolle, sono stati un grande successo. Come è stato portarli al Tempio di Zeus a Baalbek e a Dubai per l’Expo Italia?
Portare “Etere” al Tempio di Zeus a Baalbek è stata un’emozione incredibile, perché ero posizionato sulla parte più alta del tempio e vedevo l’intera scena dall’alto. Ancora oggi, quando guardo le foto di quel momento, provo i brividi. Con “Dorian Gray”, invece, le emozioni più grandi le ho vissute all’Arena di Verona, dove ho suonato davanti a 25.000 persone. È indescrivibile l’impatto emotivo quando vedi un pubblico così vasto catturato dalla tua musica.

A Montecitorio ti è stato riconosciuto il premio come “Miglior Eccellenza Italiana nel Mondo” per la Musica. Che effetto ti ha fatto ricevere questo riconoscimento?
È stato un momento bellissimo. Hanno paragonato questo premio a una medaglia olimpica per gli sportivi, e per me ha avuto lo stesso valore. Tuttavia, ho l’abitudine di “mettere le medaglie nel cassetto” e continuare a lavorare intensamente per guadagnarne altre. Sono orgoglioso, soprattutto perché il riconoscimento è arrivato dopo tanti sacrifici, sin dalla mia infanzia.

Tra le tante composizioni che hai creato, c’è un brano a cui sei particolarmente legato?
Sì, senza dubbio “Dorian Gray” e la mia ultima opera “The 5 Elements: Terra, Acqua, Aria, Fuoco, Etere”. Entrambi rappresentano qualcosa di profondo per me.

Parlando de “I 5 Elementi”, cosa rappresenta per te questa opera?
È una chiave per aprire quel cassetto dove ognuno di noi nasconde i propri ricordi, quelli che ci fanno rivivere malinconia, gioia e tristezza. L’opera è nata dal mio desiderio di scrivere il libro della mia vita, ma incredibilmente parla della vita di tutti noi. Quando le parole non bastano, la musica va oltre, e io uso il pentagramma come la mia “penna”. È una musica evocativa, che ti permette di vedere le immagini da cui ho tratto ispirazione.

Hai avuto l’onore di suonare strumenti eccellenti come il violino Alessandro Gagliano del 1723 e il Giovan Battista Guadagnini del 1761. Questi strumenti sono di tua proprietà o ti sono stati prestati?
Il Gagliano del 1723 era di mia proprietà, ma ho dovuto separarmene perché era leggermente più piccolo del solito, e dopo l’operazione al collo mi era impossibile suonarlo. Invece, il Guadagnini del 1761 e il Bogdanivski, che ha vinto il premio della Violin Society of New York, li possiedo e li suono regolarmente nei miei concerti.

Quanto studio e dedizione ci vuole per raggiungere il tuo livello? Riesci a dedicare tempo anche ad altre attività?
Ci vogliono moltissime ore di studio, al contrario di quanto si vede spesso nei talent show televisivi. Sono necessari sacrifici enormi e una “maniacale attenzione ai dettagli”. Quando ho un po’ di tempo libero, mi dedico alla fotografia, una mia grande passione. In una foto può esserci una melodia o addirittura un’intera opera musicale. La fotografia mi aiuta anche nel mio lavoro, ispirando la scrittura di nuovi brani.

Stai lavorando a un progetto in particolare in questo momento?
Sì, sto scrivendo un nuovo progetto… anzi, più di uno! Ma ve ne parlerò in dettaglio in una prossima intervista.

Grazie Alessandro per il tempo che ci hai dedicato, complimenti per il tuo straordinario lavoro.
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