Andrea Bindi e il fenomeno di “Inquieto Vivere”: una voce nuova per la poesia italiana contemporanea

Andrea Bindi, vigile del fuoco e poeta, ha sorpreso il panorama letterario italiano con Inquieto Vivere, la sua prima raccolta di poesie, che sta riscuotendo un successo inaspettato. Con un linguaggio innovativo, che qualcuno ha definito “paratattico”, e un’estetica che fonde il quotidiano con la meta-narrativa, il libro ha raggiunto in breve tempo la quarta ristampa, guadagnandosi l’attenzione dei media e una solida fanbase. Presto, Andrea sarà ospite di una prestigiosa rassegna letteraria, a coronamento di un percorso che in pochi mesi ha trasformato la sua poesia in un fenomeno mediatico. In questa intervista, esploreremo le radici e le prospettive future del suo successo.


Benvenuto, Andrea, e grazie per essere qui con noi oggi. Partiamo dal principio: come è nato “Inquieto Vivere” e cosa ti ha spinto a pubblicare la tua prima raccolta di poesie?
Grazie a voi! Inquieto Vivere ha una bella storia, non ci si crede ma nasce sui social. Tanto demonizzati, anche con ragione a volte. Ho iniziato a scrivere un pomeriggio i miei pensieri sul mio profilo Facebook, scrivevo già in passato, da ragazzo ho pubblicato qua e là narrativa, anche in riviste prestigiose a fianco di autori come Lansdale e Marco Vichi, per dire. Questi pensieri, nella mia forma “poetica” un po’ personale, che hanno ancora oggi hanno riscosso subito un buon seguito. Quel seguito che è stata la fan base, o zoccolo duro, se vogliamo, che mi ha convinto a scrivere Inquieto vivere e ne ha decretato il successo.

Sei vigile del fuoco da oltre dieci anni. Quanto ha influenzato la tua professione il modo in cui racconti il mondo nelle tue poesie?
Moltissimo. Il mio lavoro mi ha regalato un punto di vista estremamente personale e intimo sulla vita delle persone. E sulla mia. Nel libro c’è molto dell’Andrea pompiere, oltre che dell’Andrea uomo. Ma siamo anni luce lontano dalla retorica dell’eroe che ci si potrebbe immaginare. È una visione delicata degli eventi delle persone.

Inquieto Vivere è stato definito “paratattico” e meta-narrativo. Cosa significano per te queste definizioni e come si traducono nel tuo stile poetico?
È stato definito in tanti modi, sono stati tirati fuori anche grandi nomi che mi inorgogliscono e mi imbarazzano anche un po’, come Hemingway, Saba, Pavese, Arminio, Bukowski… Magari c’è un pizzico di ognuno di loro. È inevitabile per uno scrittore assorbire dai propri miti ma io credo che il mio stile trovi molte delle sue radici nella narrativa e nella musica, nel cinema che ho sempre amato più di ogni altra forma di comunicazione, forse. La definizione comunque che ho amato di più è quella del grande Marco Vichi che ad una mia presentazione a Firenze si è espresso così: non sono racconti “poetici” non sono poesie “narrate” si sa solo quello che Inquieto vivere non è! Perché è qualcosa di nuovo , che mi piace. E io sono di gusti difficili. Chi sono io per contraddire un maestro come Marco?

La tua raccolta ha già raggiunto la quarta ristampa, cosa insolita per un libro di poesia. Come ti spieghi questo successo straordinario?
David Foster Wallace, pace all’anima sua, grande maestro, diceva che la poesia deve tornare a parlare alla gente comune, che deve tirare a campare. Forse Inquieto vivere ci riesce, non si erge a qualcosa di PIÙ ma a qualcosa di TUO.

La tua poesia tocca temi di disagio sociale, abbandono e il mondo del soccorso. Qual è il messaggio principale che vuoi trasmettere attraverso questi temi?§
Non c’è un messaggio di fondo, c’è solo una riflessione, che torna più volte nel libro e in tutta la mia poetica, e forse in parte è anche figlia dei social dove queste poesie sono nate: prima di giudicare, di commentare, di avere un opinione su tutto, sappi che “c’è un mondo là fuori, che non puoi neanche immaginare…”

Hai dichiarato che “la poesia è come le barzellette. Se la devi spiegare, non fa più ridere.” Pensi che questa semplicità sia un aspetto centrale del tuo modo di scrivere?
Si. Assolutamente si. È un ragionamento figlio di quello di prima, la poesia, come le canzoni, deve arrivare al cuore. Allo stomaco. Senza il filtro di nessuna spiegazione. Questo passaggio di “qui il poeta voleva dire…” mi fa sembrare che il poeta non fosse in grado di farsi capire da solo. La poesia e l’arte che raggiunge davvero le persone non ha bisogno di spiegazioni. Se non mille anni dopo, ma solo per spiegare “il contesto” in cui certe cose sono nate. Non l’emozione. L’emozione non si può spiegare senza ridurla a mera scienza. Non è il mio caso. Vogliamo dire Pop? Qualcuna la definita così, poesia Pop. Ben venga.

Le tue opere rendono omaggio a icone della musica come Grignani e Springsteen. In che modo la musica ha ispirato il tuo lavoro poetico?
Come ti dicevo prima per me la musica è fonte primaria di vita emotiva. Io adoro le parole. In ogni loro forma, e quelle cantante valgono doppio. Come le preghiere, diceva un prete una volta. Nel mio libro “sfrutto” permettimi il termine canzoni di Grignani e Bruce Springsteen per parlare di ben altro, di mio padre, di mia madre, della mia vita. C’è dentro anche Baglioni a dire il vero. Leonard Cohen.

Come stai vivendo il passaggio da vigile del fuoco a poeta di successo? Quali sono le reazioni delle persone intorno a te?
Benissimo. Ho trovato un buon riscontro anche tra i colleghi e gli amici. Il segreto è che al lavoro non parlo di queste cose, tengo separati i due mondi per quanto possibile, perlomeno all’interno della caserma. È una cosa che serve anche per la testa. Certo capita che qualche collega mi dica apertamente, o immagini in diretta, che certi interventi finiranno in una mia nuova poesia. Di solito ha ragione.

Sarai ospite di una importante rassegna letteraria. Quali sono le tue aspettative e le emozioni legate a questo evento?
Sono immensamente felice ed emozionato per l’invito al Foiano Book Festival per più di un motivo. Uno, perché ci sono diversi dei miei miti, Brizzi, Vichi, Veronesi, Carucci appunto cantante degli ex-otago di cui ho amato tantissimo l’album Marassi, per tornare alla canzone. Mi sembra impossibile per me essere tra questi nomi , vuol dire che qualcosa di buono l’ho fatto… Ma soprattutto, essere lì, in un festival non dedicato alla poesia con un libro del genere è davvero un bel traguardo, è molto raro trovare la poesia fuori dalla sua ni vhia ristretta, in vetrina nelle librerie come è arrivato Inquieto vivere. Mi sembra una bella vittoria per tutti. Forse ho fatto davvero tesoro delle parole di Foster Wallace, ho riportato la poesia dalle persone. Bello.

Cosa speri di realizzare dopo Inquieto Vivere?
In tempi non sospetti, alla vigilia dell’uscita della prima edizione, avevo fatto una promessa a me stesso, se vendiamo tutte le copie scrivo un altro libro. Erano finite dopo tre giorni… Manterrò la mia promessa nel 2025. È già in cantiere un nuovo libro. Lo dico con un misto di felicità, orgoglio e molta incredulità. È bello vivere il proprio sogno, lo auguro a tutti. È questo il mio saluto.

Grazie Andrea e ancora complimenti.
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