Annamaria Bovio: “Antonio, il piccolo Superman, ci insegna che l’amore può tutto”

Un libro per sensibilizzare, raccontare e aiutare: il ritorno della scrittrice con una storia vera che tocca il cuore

Dopo il successo del romanzo L’Altra metà di me (II) – L’Amore ha un solo nome… il tuo, la scrittrice Annamaria Bovio torna con un nuovo e toccante progetto: “Antonio il piccolo Superman contro la SMA”, in uscita il 30 giugno su Amazon. Il libro racconta la vita del piccolo Antonio, un bambino affetto da atrofia muscolare spinale (SMA), attraverso i suoi occhi e le sue emozioni. Un racconto intimo, profondo e autentico che ha uno scopo ben preciso: sensibilizzare sull’esistenza di questa malattia rara e raccogliere fondi per sostenere le terapie di Antonio.
Abbiamo incontrato l’autrice per approfondire il valore di questo nuovo lavoro, tra letteratura, empatia e impegno sociale.

a cura della redazione


Annamaria, benvenuta su Che! Intervista. Il tuo nuovo libro “Antonio il piccolo Superman contro la SMA” è un’opera molto diversa dalle precedenti: come nasce l’idea di raccontare la storia di Antonio?
Grazie di cuore per l’accoglienza. Questo libro è, senza dubbio, un’opera molto diversa da tutto ciò che ho scritto in passato. Ma è anche, forse, la più urgente e necessaria. L’idea di raccontare la storia di Antonio nasce da un legame profondo, umano, viscerale. Antonio è il figlio di una coppia a me molto cara. Ho visto crescere questo bambino, ho ascoltato i racconti della sua mamma, ho respirato i momenti di paura, di lotta, di speranza. Un giorno, mentre guardavo una sua foto, vestito da Superman, con quegli occhi pieni di sogni e quella dolcezza disarmante, ho sentito dentro una voce forte: “Questa storia va raccontata.”
Ma non volevo farlo da esterna, da osservatrice. Ho scelto di far parlare lui, Antonio. Di immaginare il suo mondo, i suoi pensieri, il modo in cui affronta ogni giorno questa malattia rara e devastante che lo costringe su una sedia a rotelle sin da piccolissimo.
Ho deciso di scrivere in prima persona perché volevo che chi legge potesse sentire, commuoversi, fermarsi. Volevo che il lettore entrasse, anche solo per un attimo, nella pelle e nel cuore di un bambino che combatte ogni giorno con il sorriso, anche se tutto intorno a lui è difficile.

    Questo libro è nato così: da un’emozione vera, da un senso di responsabilità, ma anche da un atto d’amore.
    Perché raccontare Antonio significa raccontare il valore della vita. Anche – e soprattutto – quando la vita è fragile. Significa ricordare a tutti noi che ogni sorriso può essere un miracolo, ogni passo un sogno, e ogni sogno… una possibilità.

    Il protagonista del libro è un bambino reale, figlio di un tuo caro amico. Quanto è stato difficile – o necessario – mettersi nei suoi panni per dare voce ai suoi pensieri e alle sue emozioni?
    Mettermi nei panni di Antonio è stata una delle sfide più profonde e delicate della mia vita da autrice. Non si trattava semplicemente di immaginare cosa potesse pensare un bambino di quasi cinque anni, ma di provare ad ascoltare il suo silenzio, la sua resilienza, le sue parole non dette. Antonio non è un personaggio inventato: è reale, esiste, respira, lotta. E per me è come un nipotino, un piccolo pezzo del mio cuore.
    Questo rende tutto ancora più potente… ma anche più fragile. Ho scelto di raccontare la sua storia in prima persona, entrando nel suo mondo con tutto il rispetto e la cautela possibile. È stato necessario, ma anche estremamente difficile. Ho parlato con i suoi genitori, ho osservato i suoi video, ho guardato le sue espressioni, ascoltato le sue risate, i suoi silenzi. Ho cercato di cogliere ogni sfumatura, ogni emozione, ogni pensiero che potesse emergere da quella sua incredibile capacità di affrontare il dolore con un sorriso.

    Non volevo assolutamente sostituirmi a lui, ma provare a dare forma e voce a tutto ciò che la sua giovane età – e la sua condizione – ancora non gli permettono di esprimere a parole.
    Scrivere come Antonio ha richiesto una sensibilità profonda, una costante attenzione al confine tra immaginazione e realtà. Ho cercato di entrare nei suoi occhi, nel suo cuore, di far vivere al lettore le sue giornate, le sue emozioni più intime, senza mai forzare o drammatizzare. Ho voluto che fosse lui a raccontarsi, con tutta la purezza, la semplicità e l’incanto che solo un bambino può avere. È stato un viaggio interiore molto forte, a tratti doloroso, ma anche incredibilmente arricchente. Ho pianto scrivendo alcune pagine. Altre le ho scritte col sorriso sulle labbra, commossa dalla sua straordinaria capacità di vivere ogni momento con una dignità e un coraggio che raramente ho visto negli adulti.

    E alla fine, ho capito una cosa: scrivere come Antonio mi ha resa una persona migliore.

    Uno dei messaggi chiave del libro è che la vera forza non sta nei muscoli, ma nell’amore e nella resilienza: quanto questa storia ha cambiato il tuo modo di vedere la vita?
    Sì, questa storia ha lasciato un segno profondo dentro di me. Non solo come scrittrice, ma come persona, come donna, come essere umano. Ho sempre creduto che l’amore e la resilienza siano forze straordinarie, ma vederle incarnate in un bambino così piccolo, costretto ad affrontare sfide quotidiane che molti adulti non saprebbero sostenere, mi ha cambiato nel profondo. Antonio mi ha insegnato che la vera forza non risiede nei muscoli, ma nella capacità di non arrendersi, di sorridere anche quando si ha paura, di guardare avanti anche quando il cammino è tutto in salita.
    Mi ha fatto riflettere su quante volte diamo peso a problemi banali, dimenticandoci di quanto siamo fortunati semplicemente a poter camminare, respirare, abbracciare chi amiamo senza fatica. Da quando ho scritto questo libro, guardo la vita con occhi diversi. Ogni conquista, anche la più piccola, mi appare come un dono. Ogni abbraccio, ogni sorriso sincero, ha un valore nuovo.

    Antonio, con la sua fragilità solo apparente, mi ha mostrato cosa significa essere forti davvero. E questo messaggio, così potente e silenzioso, è qualcosa che mi porterò dentro per sempre.

    Attraverso la voce di Antonio, affronti temi profondi come la paura, la speranza e la fatica quotidiana: come hai trovato il giusto equilibrio tra il tono narrativo e il rispetto per una realtà così delicata?
    Trovare il giusto equilibrio tra il tono narrativo e il rispetto per una realtà così delicata è stata una delle sfide più importanti di questo progetto. Quando si scrive di un bambino che affronta una malattia grave come la SMA, il rischio di cadere nella retorica o nella pietà è sempre presente. E io volevo evitarlo in ogni modo. Per questo ho lasciato che fosse la voce di Antonio a guidarmi, anche se immaginaria. Una voce che racconta la paura con naturalezza, la fatica con sincerità, ma anche la speranza con una luce che solo i bambini sanno conservare. Ogni parola è stata scelta con attenzione, pesata nel cuore prima ancora che sulla carta. Non volevo raccontare solo una malattia, ma una vita vera, fatta di sogni, emozioni, conquiste, cadute e risalite.

    Scrivendo, ho camminato in punta di piedi, consapevole della responsabilità che avevo. Ma allo stesso tempo, ho lasciato spazio alla bellezza e alla poesia, perché credo che anche nel dolore esista una forma di luce che merita di essere raccontata.

    E in Antonio, quella luce non si spegne mai.

    La SMA è una malattia rara ma devastante. Credi che la letteratura possa avere un ruolo concreto nella sensibilizzazione e nella diffusione della conoscenza su patologie poco conosciute come questa?
    Sì, ne sono profondamente convinta. La letteratura ha da sempre il potere di aprire gli occhi, di accendere riflessioni, di rendere visibile ciò che troppo spesso resta in ombra. Raccontare una storia come quella di Antonio non è solo un atto creativo, ma anche un gesto di consapevolezza e di responsabilità. La SMA è una malattia conosciuta nel mondo medico e tra chi ne è direttamente toccato, ma non tutti ne comprendono la gravità e le difficoltà quotidiane che comporta. Attraverso questo libro ho voluto offrire un piccolo contributo alla sua comprensione, far entrare il lettore nella realtà concreta e spesso faticosa di una famiglia che combatte ogni giorno con dignità e speranza. Credo che ogni parola scritta con il cuore possa smuovere qualcosa, generare empatia, creare un ponte tra chi soffre e chi può aiutare. E se anche solo una persona, dopo aver letto questa storia, si sentirà toccata, deciderà di informarsi, di donare, o semplicemente di guardare la disabilità con occhi diversi, allora la scrittura avrà compiuto la sua missione più bella.

    Il libro ha anche un forte valore solidale: i proventi saranno destinati a sostenere le terapie di Antonio. Quanto è importante per te che la scrittura abbia anche un impatto pratico, oltre che emotivo?
    Per me è fondamentale. Scrivere è da sempre un atto emotivo, intimo, ma ho sempre creduto che la parola scritta possa e debba anche lasciare un segno concreto nella realtà. Con questo libro, il mio desiderio non era solo quello di raccontare una storia toccante, ma anche di fare qualcosa di utile e tangibile.
    Sapere che ogni copia acquistata potrà contribuire, anche in piccola parte, a sostenere Antonio nelle sue terapie e nei suoi bisogni quotidiani, dà alla scrittura un valore ancora più profondo.
    Mi piace pensare che le parole possano diventare azioni, che le emozioni che un lettore prova possano trasformarsi in gesti di solidarietà.

    In un mondo dove spesso si corre e si dimentica, fermarsi a leggere una storia vera, e da lì decidere di aiutare, è un atto potente. E se la mia scrittura può diventare un ponte tra l’anima e la concretezza dell’aiuto, allora il mio lavoro ha davvero senso.

    In un passaggio, Antonio definisce la terapia genica “la puntura dei superpoteri”: come ti ha colpito la sua capacità di trasformare il dolore in un linguaggio positivo e potente?
    Quando ho pensato a come raccontare la terapia genica agli occhi di un bambino, mi sono chiesta: “Quale parola potrebbe usare Antonio per dare un senso a qualcosa di così grande, così complesso… e anche così doloroso?” E la risposta è arrivata quasi da sola: “La puntura dei superpoteri.” Perché i bambini, con la loro meravigliosa capacità di trasformare la realtà, riescono a vedere la magia anche dove gli adulti vedono solo fatica.
    Immaginare quella terapia come un’iniezione di forze speciali, quasi fosse un dono invisibile che lo rende più forte, era il modo più puro per dare voce alla speranza che vive nei suoi occhi.
    Non volevo usare termini tecnici o freddi. Ho scelto le parole che avrebbe scelto lui, o che almeno avrebbe sentito sue.
    Perché, in fondo, questa è la forza incredibile dei bambini: sanno rielaborare il dolore con immagini semplici, vere, e spesso molto più potenti di qualsiasi spiegazione scientifica.

    E quando Antonio definisce quella terapia così, non lo fa per minimizzare ciò che affronta, ma per viverlo con coraggio. Ed è lì che ho capito: i supereroi esistono, e parlano con il linguaggio della luce.

    Sei molto attiva anche sui social, dove condividi pensieri e riflessioni legati al tuo percorso personale e letterario. Come stanno reagendo i tuoi lettori a questo nuovo progetto, così diverso per tono e finalità?
    Il libro è uscito da pochi giorni, ma sto già ricevendo riscontri che mi stanno commuovendo profondamente. Persone che mi scrivono per dirmi che hanno pianto, che si sono sentite toccate, che non conoscevano bene la realtà della SMA e che grazie ad Antonio ora hanno uno sguardo diverso, più attento, più umano.
    Anche sui social, dove condivido spesso i miei pensieri, le emozioni legate alla scrittura e ai miei progetti, ho sentito una vicinanza autentica da parte di chi mi segue da tempo. Forse perché questo libro ha un’anima diversa.
    Non è solo una storia da leggere, è un invito a fermarsi, ad ascoltare, ad aprire il cuore.

    E anche se si tratta di un progetto molto lontano, per tematiche e stile, dai miei romanzi precedenti, sento che è arrivato nel momento giusto.
    C’è bisogno di storie vere, c’è bisogno di empatia. E Antonio, con la sua dolcezza e il suo coraggio, sta riuscendo a toccare le corde più profonde di chi lo incontra anche solo attraverso le pagine.

    Hai già pubblicato diversi romanzi che parlano d’amore, anima gemella e legami profondi. In che modo “Antonio il piccolo Superman contro la SMA” si inserisce, o forse rivoluziona, il tuo percorso di autrice?
    “Antonio il piccolo Superman contro la SMA” è sicuramente un libro diverso da quelli che ho scritto finora, ma non rappresenta una rottura, bensì un naturale proseguimento del mio percorso. Ho sempre scritto con il cuore, dando voce alle emozioni, ai legami profondi, all’amore in tutte le sue forme.
    Questa volta, ho semplicemente scelto di farlo attraverso gli occhi di un bambino, affrontando una realtà più cruda, più concreta, ma non meno carica di poesia e sentimento.
    Raccontare una storia vera, così intensa, mi ha arricchita come autrice e come persona, ma non ha cambiato ciò che sono. Io resto la stessa, con le mie parole che partono dall’anima, con quella delicatezza che mi accompagna da sempre.

    Questo libro è stato un’evoluzione, non un cambiamento. È la dimostrazione che si può scrivere di dolore senza perdere la luce, che si può parlare di malattia restando fedeli all’amore e alla speranza.
    E forse proprio per questo si inserisce perfettamente nel mio cammino: perché anche se il tono è diverso, il messaggio resta lo stesso.
    Credo nei legami autentici, nella forza della parola, nel potere dell’empatia. E niente di ciò che scrivo, neppure questa storia, mi allontanerà mai da ciò che sento davvero. Al contrario, mi ha solo insegnato ad ascoltare ancora più in profondità.

    Se potessi dire una cosa al piccolo Antonio, in questo momento, quale sarebbe? E cosa speri che i lettori portino con sé dopo aver letto la sua storia?
    Se potessi dire qualcosa al piccolo Antonio, proprio adesso, gli sussurrerei che è lui ad avermi insegnato cosa significhi davvero essere forti. Gli direi che ogni sua parola, ogni suo sorriso, ogni sua fatica trasformata in speranza ha lasciato un segno dentro di me. Gli direi che il suo modo di affrontare la vita, con quella dolcezza e quella luce negli occhi, ha cambiato anche la mia. E che, anche se spesso la strada sarà in salita, lui ha qualcosa che pochi hanno: un cuore grande, capace di lottare e amare senza riserve. Gli direi che non è solo, che tante persone stanno camminando al suo fianco, anche se non può vederle tutte. E che io, per lui, ci sarò sempre. Come zia, come scrittrice, come persona che gli vuole bene. Perché Antonio è entrato nel mio cuore con la forza silenziosa dei veri supereroi. A chi leggerà la sua storia, invece, spero rimanga qualcosa che non si dimentica facilmente: la consapevolezza che la vita va guardata con gratitudine, che ogni giorno è un dono, e che anche le cose più piccole – un abbraccio, un passo, un respiro sereno – possono diventare miracoli. Vorrei che il lettore portasse con sé il coraggio di Antonio, il suo modo speciale di trasformare il dolore in speranza, il suo invito silenzioso a non arrendersi mai. Perché in fondo, tutti noi, in qualche modo, possiamo scegliere di essere supereroi nella vita di qualcuno. Anche solo con un gesto. Anche solo con l’ascolto.

    Grazie Annamaria per la tua testimonianza e complimenti per la tua carriera!

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