Appassionata di musicologia e soprano bolognese. Giada Maria Zanzi tra canto e recitazione

Fin da giovane ha mostrato un talento naturale per il canto e la recitazione, iniziando la sua formazione artistica con laboratori musicali e teatrali a Bologna. Ha successivamente approfondito lo studio del canto lirico presso i conservatori di Ferrara e Bologna, perfezionandosi con maestri di fama internazionale. Oltre alla sua carriera da interprete, Giada è una studiosa appassionata di musicologia, con una Laurea Magistrale in Discipline della Musica. Ha calcato importanti palcoscenici, interpretando ruoli di rilievo nelle opere di Mozart, Verdi, Offenbach e Donizetti, spaziando dal repertorio operistico a quello sacro.


Benvenuta, Giada! Sei un soprano e una musicologa con una carriera ricca di successi. Come ti descriveresti al pubblico che si avvicina per la prima volta al tuo lavoro artistico e culturale?
Cerco di essere poliedrica e impronto il mio lavoro in senso interdisciplinare poiché a mio avviso il cantante è un attore che parla intonato. Io credo che canto, recitazione gestuale e parlata non possano slegarsi: sono interconnesse, si aiutano a vicenda dandosi vigore. Ad esempio un gesto ben meditato può dare slancio alla voce. Inoltre conoscere a fondo (ergo anche da un punto di vista accademico) l’oggetto del proprio lavoro penso possa essere un valore aggiunto: ho studiato Musicologia, quindi Teoria e Armonia, con particolare attenzione alla  Filosofia e all’Estetica musicale. Tali studi sono fondamenta solide e ulteriori tasselli su cui basare la propria crescita.

Hai iniziato la tua formazione artistica molto presto, frequentando laboratori musicali e teatrali a Bologna. Come hanno influito queste prime esperienze sulla tua carriera di cantante lirica?
Da bambina ero attratta dall’ascolto della musica leggera ed è così che mi sono avvicinata allo studio del canto da adolescente. Sono partita studiando canzoni pop e tratte da musical. Inizialmente il teatro di prosa mi intimidiva: quando ero piccola avevo difficoltà a lasciarmi andare, ero molto scolastica e meccanica. La musica e soprattutto uno studio corretto del fiato e di impostazione della voce mi hanno aiutato a mostrare le mie emozioni in maniera guidata. Che è ben diverso dall’essere un automa sulla scena. Mi sono sciolta grazie alla musica. Successivamente la recitazione è tornata a fare capolino nella mia vita grazie a concerti brillanti e spettacoli operettistici e questa volta mi sono accorta che era invece il recitare ad aiutare la mia emissione cantata. Perciò come dicevo prima ho cercato di mantenere questo circolo virtuoso di continua interdisciplinarità. La mia presenza scenica è stata elogiata e per un cantante non è automatico riceve apprezzamento come performer a tuttotondo. Si è su un palco, si deve riempire una scena: la voce è capitale, ma conta molto anche come ci si pone e la si porge. Non siamo dei meri emettitori di onde sonore, dobbiamo fare e dare spettacolo! Chiaramente sempre con misura, ma io ritengo che il cantante lirico non possa rinnegare la sua anima attoriale. Se lo fa rinuncia a una enorme fetta della performance.

Nel 2009 sei stata ammessa alla classe di canto lirico del Conservatorio “G. Frescobaldi” di Ferrara. Cosa ti ha spinto ad avvicinarti alla lirica e come hai vissuto il percorso formativo in conservatorio?
Ho sempre pensato che il canto classico avrebbe potuto essere una base neutra che mi avrebbe consentito di spaziare tra diversi generi canori: mi sono accorta che non è proprio così, ma soprattutto nel mentre, studiando, mi sono innamorata del repertorio lirico. Ricordo che una notte, su Rai Tre, stavano trasmettendo una registrazione audiovisiva del “Così fan tutte” di Mozart. Dirigeva Abbado. Nel cast c’erano Anna Caterina Antonacci e la frizzante Daniela Mazzucato, quest’ultima impegnata nel ruolo della domestica Despina. La Mazzucato si divertiva (o almeno dava l’impressione di starsi divertendo tantissimo!) facendo quella musica considerata noiosa da molti. Vederla all’opera mi ha fatto adorare quel magico mondo fatto di voci così rotonde e risonanti e soprattutto mi ha catturato la mia attenzione l’archetipo della serva scaltra, compendio di vizi e difetti umani, ma anche tanto affascinante perché è uno di quei ruoli/personaggi che talvolta guida lo snodo della trama. Ho deciso che quella fosse la strada giusta per me: divertire divertendomi. Poi col tempo ho capito che è un divertimento diverso, non tanto scanzonato quanto rigoroso. Ciò però mi ha reso ancora più sicura della scelta di vita che avevo fatto. Il Conservatorio dovrebbe essere un luogo formativo importante, però se ne apprende appieno il valore se ci si applica e si continua a farlo costantemente. Personalmente ho vissuto il Conservatorio molto in solitaria, traendo dal tempo che ho trascorso a frequentarlo quel rigore che citavo poc’anzi. Ho però trovato la vera me stessa e degli insegnamenti adatti alle mie corde al di fuori dell’istituzione.

Hai lavorato con numerosi insegnanti e maestri di fama internazionale. Quali sono stati i principali insegnamenti che hai appreso e che hanno avuto un impatto decisivo sulla tua carriera?
Non si smette mai di studiare e non lo si può fare da soli. Un orecchio esperto esterno è capitale. Mi è stato insegnato come e quale repertorio scegliere in base all’evoluzione della mia voce e prima di ciò, naturalmente la tecnica, che va sempre curata e adattata persino ai cambiamenti del nostro fisico. Il lavoro può diventare poi di cesello solo quando il solfeggio e le intonazioni sono state interiorizzate e il Maestro dice che è il momento: si gioca coi colori, con le dinamiche, si affina uno stile piuttosto che un altro. Tutti questi passaggi sono senza dubbio importantissimi e decisivi, in assenza dei quali non si potrebbe fare questo mestiere.

Nel 2016 hai interpretato i ruoli mozartiani di Königin der Nacht e Barbarina. Cosa ti ha affascinato di più nel lavorare su questi personaggi e quali sfide hai incontrato nell’interpretazione delle opere di Mozart?
In genere Mozart è il primo compositore che si affronta, proprio nei primissimi anni di studio. Secondo me è invece un autore che necessita di grande maturità vocale e mentale. Tant’è che programmo di riavvicinarmi alla Regina, ad esempio, tra un po’. Deve ancora crescere attraverso lo studio della tecnica e di altri ruoli per fare sì che i passaggi più ostici divengano più fluidi. Deve crescere anche psicologicamente. Lo considero uno dei miei ruoli di arrivo: molti personaggi mozartiani credo possano considerarsi tali per vocalità di soprano leggero come la mia. Parlando in generale, è oggettivo che Mozart non sia un compositore semplice per la tenuta del fiato e la necessità di un’intonazione sempre perfetta (si è sempre scoperti, l’accompagnamento non aiuta assolutamente a mascherare qualche sporcatura). In tal senso è didattico, certo, ma si deve essere pronti per apprendere anche i suoi insegnamenti. Ruoli come Barbarina o Susanna di Nozze di Figaro, col loro carattere soubrette, traggono in inganno e fanno erroneamente pensare che tutte le linee del canto mozartiano abbiano quelle caratteristiche. Non è così, né dal punto di vista dell’estensione, né per quanto riguarda la complessità degli intervalli. Anche la psicologia di una già citata Barbarina o quella di una Zerlina (Don Giovanni) non sono paragonabili, ad esempio a una Konstanze di Ratto dal Serraglio; se Blonde può ricordare la servetta vispa, ci pensa l’impervia scrittura a farci comprendere che non siamo dinnanzi alla Despina del Così fan tutte.

Oltre alla tua attività da soprano, hai una solida formazione accademica con una Laurea Magistrale in Discipline della Musica. In che modo il tuo background accademico ha influenzato la tua interpretazione e comprensione della musica?
Mi aiuta ad approfondire e apprezzare le tematiche trattate dalle opere e operette che interpreto e a comprendere ciò che il compositore probabilmente intendeva comunicare scegliendo una scrittura anziché un’altra. Leggere la musica (non solo le note) ci dice molto del contesto, dei caratteri, delle relazioni e alle volte ci consente di risolvere finali apparentemente aperti.

Hai collaborato a diversi progetti concertistici e operistici in qualità di artista del coro. Come cambia l’esperienza di cantare in ensemble rispetto al ruolo solista, e quali sono le sfide di lavorare in coro?
A mio avviso si fa qualcosa che assomigli alla musica quando si ricerca l’armonia di voci umane e strumentali. Giocare a chi urla di più o suona più forte non giova a nessuno. Bisognerebbe sempre ascoltare e ascoltarsi per offrire un’esecuzione equilibrata in base alle caratteristiche degli artisti coinvolti. Questo vale per i cori, gli ensemble vocali e strumentali e i solisti (che non sono comunque mai puramente tali nel senso lato del termine!). Invece spesso si mette avanti l’esecutore lasciando indietro la musica che finisce con l’essere schiacciata dal primo. Per quanto mi riguarda, dare una propria interpretazione di una composizione può anche voler dire stravolgerla, adattarsela cucendosela addosso, a patto che ci sia sempre accordo e un atteggiamento quasi cavalleresco tra musicisti, garantendo il bilanciamento delle parti.

Hai esplorato un repertorio molto ampio, che va dall’opera barocca a quella contemporanea, passando per l’operetta e il repertorio sacro. Qual è il tuo genere preferito e perché?
Il mio genere preferito è sempre quello che sto studiando in quel momento. Adoro tutto ciò che è musica. Non potrei vivere senza: è come l’ossigeno.

Nel corso della tua carriera hai collaborato con diverse istituzioni e realtà musicali. Come vedi l’importanza di queste collaborazioni nella tua crescita artistica e professionale?
Spero di star costruendo un percorso decoroso e abbastanza solido per poter andare sempre avanti, sia professionalmente sia come esecutrice.

Quali sono i tuoi prossimi progetti e obiettivi? C’è un ruolo o un’opera che sogni di interpretare e che non hai ancora avuto l’opportunità di affrontare?
Sogno molto, ma faccio di tutto per restare coi piedi per terra. Prossimamente mi immergerò nell’opera buffa e nell’operetta: mi piacerebbe esplorare maggiormente la musica sacra, se in questo momento ho un sogno credo proprio sia questo. Mi piacerebbe debuttare la parte del Soprano I nel Magnificat di Bach, quella del Soprano Solista nel Requiem di Mozart…ma anche lo Stabat Mater di Pergolesi…e volendo, essere ambiziosa (spero non velleitaria!): i Carmina Burana di Orff, che però non sono affatto di genere sacro! E già che ho virato dal repertorio sacro e stiamo viaggiando con la fantasia: mi piacerebbe tantissimo cantare il Lucio Silla di Mozart!

Grazie e complimenti per il tuo lavoro.
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