Armando Di Paola: dalla Sicilia a Milano, un attore tra teatro, cinema e personaggi iconici

Armando Di Paola, attore siciliano di grande versatilità, si è affermato nel panorama teatrale e cinematografico italiano, portando sul palco una vasta gamma di personaggi, dai ruoli comici a quelli drammatici. Dopo essersi formato presso la Scuola d’Arte Faro Teatro a Milano e aver approfondito diversi metodi di recitazione con coach rinomati come Roberta Crivelli e Luca Arcidiacono, Armando ha costruito una carriera poliedrica che include spettacoli teatrali, docufilm e progetti originali. Attualmente impegnato con le compagnie Far.SA e IT Company e nel mondo del cosplay e dell’interpretazione di personaggi famosi. In questa intervista ci racconta il suo percorso, le sfide artistiche e i progetti futuri.


Armando, la tua formazione teatrale e cinematografica è molto ricca, avendo studiato con diversi actor coach. Come ti hanno influenzato i metodi Stanislavskij, Locoq, Strasberg e Chubbuck nel costruire i tuoi personaggi e nel migliorare la tua interpretazione?
Mi hanno influenzato molto, perché sono tecniche che servono a tirare fuori la verità dai personaggi interpretati. Ognuno di loro è un essere umano e, come tale, vive di emozioni. Per renderli più reali possibile, bisogna attingere alle proprie sensazioni e al proprio vissuto. È necessario compiere un enorme sforzo su sé stessi, prendere consapevolezza di quello che si prova e arricchire sempre di più la cassetta degli attrezzi dell’attore.

Hai approfondito la tua recitazione teatrale e cinematografica con Sarah Biacchi, Chiara Famiglietti e Luca Arcidiacono. Come ti hanno aiutato questi percorsi di formazione a rendere più consapevole l’uso del corpo e della voce sul palco e sul set?
Ognuno di loro mi ha trasmesso tanto, essendo per me non solo maestri di recitazione, ma anche fonti di ispirazione.
Con Luca Arcidiacono ho approfondito la tecnica Chubbuck e ho lavorato sulla tecnica Strasberg. Grazie ai suoi insegnamenti ho capito come far emergere le emozioni e come prenderne consapevolezza. Inoltre, ho imparato a destreggiarmi in contesti in cui non si hanno molte informazioni, come nei provini in presenza o i self tape.
Con Sarah Biacchi sto lavorando a 360° su come approcciarmi ad un copione e alla creazione di un personaggio partendo da zero, utilizzando la tecnica di Stanislavskij.
Con Chiara, invece, mi sto occupando della dizione e della fisicità del corpo: per un attore, infatti, non bastano la voce e le emozioni, se il corpo non accompagna tutto con sinergia.

Oltre alla recitazione, hai seguito lezioni di canto con il vocal coach Filippo Zattini. Quanto è importante la voce nel tuo lavoro e in che modo ti aiuta a definire i personaggi che interpreti, soprattutto nelle opere cabarettistiche?
È molto importante l’utilizzo della voce per un attore. Un pittore impiega il pennello come attrezzo per creare arte, uno scultore si serve dello scalpello, un musicista ha il suo strumento musicale. Noi attori abbiamo il corpo e la voce. Quindi, una buona preparazione vocale è fondamentale sia per il cinema che per il teatro.
Con il maestro Zattini, oltre alla voce, ho imparato ad utilizzare anche la respirazione diaframmatica, indispensabile sia per le parti cantate che per quelle recitate. Grazie a questo approfondimento, ora per i miei personaggi faccio uno studio prima di tutto fisico; poi quando trovo lo stile giusto, cerco di adattarlo alla recitazione.

Con la compagnia Far.SA Teatro hai portato in scena “Il dialogo dei Re”, un’opera che appartiene al Teatro dell’Assurdo. Come ti sei preparato per lo spettacolo?
In questo spettacolo interpreto tre ruoli: il fantasma di una delle vittime di Riccardo III, un tecnico sfruttato dalla redazione e comandato a bacchetta dalla terribile conduttrice, e il senatore romano Cherea, che va a colloquio con Caligola. Sono personaggi completamente diversi.

Nel primo ruolo, molto fisico, ho fatto soprattutto una preparazione immaginando come potrebbe camminare questo fantasma. Ho iniziato a muovermi cercando di imitare un animale e un mostro, dando ampio spazio alla mia immaginazione. Una volta trovato qualcosa che mi piacesse e che sentivo corretto, ho asciugato i movimenti, rendendoli umani ma mantenendo quelle caratteristiche originarie.

A metà spettacolo vado in scena con il ruolo del tecnico. Questo personaggio è una sorta di spartiacque, perché introduce un po’ di umorismo e porta ad un cambiamento di toni all’interno dello spettacolo, fino a quel momento molto cupo. Per prepararlo, ho pescato dal mio passato, precisamente dagli anni in cui lavoravo come elettricista. Per rendere la sua figura più comica, ho scritto delle battute surreali, creando equivoci e facendo emergere la mia parte impacciata che va in conflitto con la perfida conduttrice.

L’ultimo personaggio che interpreto in questo spettacolo è il senatore dell’antica Roma Cherea, rivisitato in chiave moderna. In questo caso mi sono ispirato a vari filosofi che si vedono nei talk show, con il loro modo di parlare saccente e privo di timori nell’esprimere opinioni controcorrente.
Mi sono fatto alcune domande: perché Caligola vuole un dialogo con me? Perché, pur sapendo che sto cospirando contro di lui, non mi ha ancora condannato?
Ho capito che alla base del rapporto tra i due c’è una specie di patto, basato su rispetto e trasparenza.
Caligola prova rispetto per Cherea perché non si comporta come il resto delle persone che lo circonda: le quali hanno paura di essere uccise; quindi, fanno i leccapiedi di facciata e poi tramano alle sue spalle. Cherea è un uomo risoluto, di grande valore, che non ha paura della morte e della verità. Ed è per questo che Caligola lo convoca a colloquio: perché sa che gli dirà ciò che pensa. Anche se non è quello che vuole sentirsi dire!

Quel che si dice in giro”, liberamente ispirata all’opera Rumors di Neil Simon, è una commedia brillante. Come affronti la sfida di passare da ruoli drammatici a quelli più leggeri e comici, mantenendo il giusto equilibrio tra comicità e credibilità?
L’umorismo è una questione di prospettive. Un comico non fa altro che prendere la realtà che lo circonda e cercare di trovare un aspetto comico. Quello che ho fatto in questo spettacolo, basato sugli equivoci, è proprio questo. Ho lavorato molto per rendere il personaggio una persona reale e non una caricatura di ciò che doveva essere e credo sia stato proprio questo a renderlo divertente. Io ho una predilezione per la commedia, perché anche io vivo la mia vita come se lo fosse. Quello che cerco di portare nei miei personaggi, indipendentemente dal fatto che il ruolo sia brillante o drammatico, sono la verità scenica e il realismo del personaggio. Lo stesso risultato che miro ad ottenere anche quando porto nelle manifestazioni il mio cosplay di Charlot, il mitico vagabondo di Chaplin e quello di V for Vendetta.

Nel 2024 al castello di Trezzo sull’Adda, è andato in scena lo spettacolo di Frankenstein, dove interpretavi il personaggio di Robert Walton. Come hai lavorato alla costruzione di un personaggio iconico e cosa pensi possa offrire al pubblico una performance in un contesto così suggestivo?
Per prepararmi al ruolo, ho preso spunto da diverse opere. Ho letto il libro e cercato di comprendere come l’autrice vedeva il mio personaggio. Ho fatto anche un lavoro su me stesso, calandomi nella parte ma senza cancellare il mio vissuto e la mia personalità: mi sono chiesto cosa farebbe Armando se fosse il capitano Walton e ho provato a dare la mia verità.
Interpretare ruoli così iconici è sempre un’esperienza unica: hai l’opportunità di ridare vita ad un personaggio che ha vissuto tante altre volte, grazie agli altri attori che lo hanno portato in scena nel corso del tempo. Questo mi riempie di orgoglio e mi mette in connessione con tutte queste anime di attori del presente e del passato.

Sei molto legato alla tua identità siciliana, ma ora vivi e lavori a Milano. Come la tua esperienza siciliana si riflette nei tuoi personaggi e in che modo la scena teatrale milanese ti ha permesso di crescere come attore?
Finora, a dire il vero, non mi è capitato di portare in scena personaggi che incarnassero la mia identità siciliana. Però non ti nego che mi piacerebbe tanto farlo: vorrei non solo interpretare personaggi siciliani, ma anche narrare al mondo le bellezze della Sicilia e trasmettere la sua importanza per i siciliani e per l’Italia. Quest’isola non è solo una regione: è un luogo radicato nel cuore dei suoi abitanti, è una passione che non si può spiegare ma solo vivere. I suoi ricordi rimangono indelebili anche in chi non è nato qui ma l’ha solo visitata, come un paradiso dove vorresti tornare ogni anno.

Devo molto alla scena teatrale milanese, perché è grazie ad essa che ho iniziato a calcare i primi set e i primi teatri. Milano, artisticamente parlando, è la mia casa e ha una tradizione teatrale unica in Italia. È la casa dello Zelig, molti comici diventati iconici in Italia sono passati dal Derby, ed è la patria di due grandissime accademie come il Piccolo e l’Accademia di Arte Drammatica Paolo Grassi. Quindi, per me, è un onore e uno stimolo a migliorare, seguendo le orme di tutti questi grandi attori che sono passati per questa grande città.

Hai lavorato anche nel cinema, come nel docufilm “A colpi di pedali” in cui interpreti l’ex senatore Andrea Olivero. Come cambia il tuo approccio alla recitazione quando passi dal teatro al cinema e quali sono le differenze principali tra i due mezzi?
Mi hanno insegnato che esiste solo un modo di recitare ed è quello adattabile, che si adegua al contesto. Teatro, cinema e TV hanno tre modi di recitare diversi e anche la prospettiva dello spettatore cambia. A teatro la tua voce e i tuoi movimenti devono essere ben udibili e visibili da tutti; quindi, cerchi di muoverti e di parlare in un modo meno naturale, ma percepito come giusto dal pubblico del teatro.

Al cinema, la potenza del primo piano è straordinaria, quindi bisogna asciugare tutto e portare le emozioni dal corpo ad un singolo punto, agli occhi e al volto. Inoltre, è necessario modellare la voce, come se si parlasse normalmente: per ottenere questo risultato è importante fare training. Io per adattare il mio modo di recitare al cinema, lavoro molto sui micromovimenti e ripeto le battute davanti allo specchio.

Con la tua capacità di adattare testi e canzoni, soprattutto in contesti comici e di cabaret, come riesci a mantenere l’ironia e la freschezza delle performance senza farle risultare ripetitive o scontate?
Diciamo che mi tengo allenato su questa cosa e studio molto. Un metodo di esercitazione quotidiano che mi è di grande aiuto consiste nel soffermarmi su una scena, un oggetto o una frase e inventarci sopra una canzone ironica. Impiego questa tecnica per allenare il mio spirito comico e mi è stata davvero utile negli spettacoli “Quel che si dice in giro” e “Gli innamorati di Goldoni”.

Quali sono i tuoi obiettivi artistici futuri? Hai in mente nuovi progetti teatrali o cinematografici che vorresti realizzare o generi che ti piacerebbe esplorare?
Mi sto allenando molto per questi spettacoli one-man-show comici e cabarettistici dove sarò il protagonista sul palco e sto anche scrivendo i copioni. Saranno performance teatrali in cui farò divertire il pubblico da solo, attraverso monologhi, sketch comici, racconti e imitazioni. Questo tipo di spettacolo richiede un alto livello di abilità nell’improvvisazione, nella mimica e nella gestione della scena, perché l’attore è responsabile di mantenere il ritmo e coinvolgere il pubblico senza l’aiuto di altri attori.

I temi spazieranno dalle osservazioni sulla vita quotidiana alle esperienze personali. Molti comici famosi hanno iniziato la loro carriera con spettacoli di questo genere. Inizierò a testare questi script attraverso i social network, in particolare Instagram.

Inoltre, sto lavorando alla preparazione di due spettacoli teatrali per il nuovo anno. Uno dei due, realizzato in sinergia con il regista Francesco Pesola, è liberamente ispirato al libro Come un arancio amaro di Milena Palminteri. Il secondo, invece, è uno spettacolo in collaborazione con la compagnia IT Company ed è un’opera originale. Il titolo è VAGONE 13.

Inoltre, continuerò a proporre e a perfezionare i miei personaggi cosplay, che porterò nelle manifestazioni a tema comics. Charlot di Charlie Chaplin e V for Vendetta sono molto apprezzati dal popolo degli appassionati di cinema e di mondo nerd. Partecipare a questi eventi mi permette di stare vicino alle persone: condividere pensieri e idee con loro per me è una grande fonte di ispirazione.

Tutti gli aggiornamenti sui miei prossimi spettacoli, partecipazioni ed eventi li trovate sul mio sito www.armandodipaola.it e sui miei profili social.

Grazie Armando per la tua interessante intervista.
Continua a seguirci!

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