“Bozze non corrette” di S. Bartezzaghi e P. Tamburini: il gioco letterario che diventa giallo

Un libro pieno di errori. Ma non per distrazione o negligenza. Al contrario: ogni refuso, ogni svista grammaticale o lessicale in Bozze non corrette è stato messo lì con cura, con l’intento di sfidare, confondere e – soprattutto – giocare. Stefano Bartezzaghi, tra i più celebri enigmisti italiani e fine studioso di linguaggio, affiancato da Pier Mauro Tamburini, firma un’opera che è insieme un omaggio alla lingua, un thriller intellettuale e un’ode al mistero dell’interpretazione.

a cura della redazione


Il libro si presenta come una raccolta di racconti contaminati, affetti da un virus deliberato: mille errori disseminati lungo il testo che non solo disorientano il lettore ma lo interpellano direttamente. L’autore avverte fin dall’inizio: non si tratta di sbavature casuali, ma di tracce da seguire, indizi nascosti che conducono – per chi avrà pazienza e intuito – alla verità sulla morte enigmatica di Niccolò Errante, scrittore immaginario (forse) e mentore dell’io narrante.

Errante è una figura che profuma di Borges e Perec: schivo, geniale, ossessionato dalla scrittura come forma di codifica e decodifica del mondo. Bartezzaghi costruisce attorno a lui una mitologia moderna, dove ogni errore è potenzialmente una chiave, ogni omissione un invito a leggere tra le righe. La cornice narrativa si tinge di giallo: il presunto suicidio dello scrittore è solo il punto di partenza di un’indagine metatestuale che richiede al lettore un coinvolgimento attivo, quasi ludico.

L’esperienza di lettura è, per usare un termine caro all’autore, “semiotica” nel senso più puro: Bozze non corrette non si limita a raccontare, ma costringe chi legge a interrogare il testo, a decifrare, a collegare, a dubitare. È letteratura ludica, certo, ma anche profonda riflessione sulla verità, sull’autorialità e sul ruolo del lettore come co-creatore di senso.

L’operazione di Bartezzaghi e Tamburini è rischiosa e ambiziosa: non tutti i lettori avranno la voglia o la pazienza di mettersi alla prova in un campo minato di anomalie linguistiche. Ma chi accetterà la sfida troverà un’opera brillante, spiazzante, che rinnova l’arte del romanzo-gioco in chiave contemporanea. È una caccia al tesoro intellettuale, un giallo senza pistole né detective, dove la pistola fumante è un refuso e il colpevole si cela tra le pieghe delle parole.

Per saperne di più visita: mondadori.it

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