Intervista esclusiva alla cantautrice che fonde poesia italiana e sonorità contemporanee
Brigida è un’artista che racconta mondi interiori con parole e melodie, unendo la tradizione cantautorale italiana a influenze moderne e raffinate. Dopo un percorso accademico di eccellenza e numerosi riconoscimenti nei concorsi nazionali, ha scelto Madrid come nuovo centro creativo, dove continua a scrivere, esibirsi e crescere artisticamente. In questa intervista, ripercorriamo le tappe della sua evoluzione e ci addentriamo nella sua visione intima della musica.
a cura della redazione
Ciao Brigida, benvenuta su Che! Intervista. Partiamo dalle origini: cosa ti ha spinto ad avvicinarti alla musica e in che modo il tuo percorso formativo ha modellato l’artista che sei oggi?
A sei anni ho chiesto ai miei di poter studiare pianoforte e da quel momento la musica non mi ha mai lasciata. Al liceo ho cominciato a prendere lezioni di canto e ad avvicinarmi al mondo del musical. Parallelamente nacquero anche le mie prime vere canzoni: se da piccola erano un gioco, poi sono diventate una valvola di sfogo, un modo per tirare fuori le emozioni ed affrontarle. In quel periodo ho capito quanto fosse importante per me questa passione e dopo la maturità sono entrata in Conservatorio. Sono soddisfatta del mio percorso formativo così variegato perché mi ha permesso di sperimentare, mettermi in gioco in generi diversi e giungere con maggiore consapevolezza ad un’identità artistica definita.
Hai una solida formazione tra canto jazz e pop, ma anche un passaggio importante al C.E.T. di Mogol. Cosa hai imparato in questi contesti e come influenzano la tua scrittura oggi?
Sicuramente il conservatorio e il C. E. T. mi hanno lasciato un bagaglio culturale che può fare la differenza se si ha l’obiettivo di fare questo mestiere tutta la vita. Un altro importante insegnamento che entrambe le esperienze mi hanno lasciato è il valore della collaborazione. Nella piccola realtà provinciale dove sono cresciuta non c’erano occasioni per confrontarsi con altri cantautori ed il conservatorio davvero ha rappresentato una svolta: mi ha fatto sentire nel posto giusto, un luogo dove tutti erano animati dalla mia stessa passione e mi dava la possibilità di crescere anche attraverso la condivisione. Il C- E. T. ha segnato sicuramente un prima e un dopo nel mio stile compositivo, perché non è solo un percorso artistico, è anche un viaggio interiore. La più grande lezione di Mogol è stata quello di cercare sempre l’autenticità o, come la chiama lui, la “verità della vita”: in un mondo in cui tutti indossano maschere e vogliono crearsi un personaggio, essere se stessi e raccontarsi senza filtri è una già una piccola rivoluzione.
Nel tuo CV artistico si parla di “kintsugi dell’anima”. Come nasce questa metafora e che ruolo ha nella tua produzione musicale?
La metafora della musica come kintsugi dell’anima nasce qualche mese dopo l’esperienza al C. E. T. Ero giunta al termine del mio percorso accademico, avevo intenzione di cantare i miei brani al concerto della tesi di laurea ed ero alla ricerca di un’espressione che esprimesse al meglio il leitmotiv delle tematiche affrontate nei testi. In una calda sera estiva affrontai la questione con un amico e dopo quella chiacchierata lui scrisse una poesia, ispirata alla nostra conversazione. Successivamente rielaborai quel testo, adattandolo ad una melodia nata al pianoforte e così nacque l’omonimo brano “Kintsugi”. É la canzone che apre tutti i miei concerti, perchè dichiara la ragione più profonda per cui faccio musica: la necessità di raccontare le luci e le ombre trasformando anche le fragilità in qualcosa di bello o perlomeno, in qualcosa da cui trarre insegnamento. In una società sempre più anestetizzata al dolore, credo sia importante raccontare e celebrare ogni sfumatura dell’essenza umana. Complessa e contraddittoria, senza dubbio… Ma anche estremamente affascinante.
Hai partecipato ad importanti concorsi come il Premio Pierangelo Bertoli e Game of Chords. Cosa ti hanno lasciato queste esperienze?
Grazie a queste esperienze ho avuto l’opportunità di confrontarmi con grandi professionisti del settore ed ho conosciuto colleghi meravigliosi con cui sono ancora in contatto. In particolare porto nel cuore la finale del Premio Pierangelo Bertoli, perchè fra noi artisti c’era un bellissimo clima e l’organizzazione ci ha portato nel mondo di un cantautore incredibile come Bertoli, facendoci respirare i valori che hanno ispirato la sua musica. È poco comune trovare un ambiente così sereno, accogliente e al tempo stesso professionale, concorsi come il Premio Bertoli sono perle rare!
Il trasferimento a Madrid rappresenta una svolta: cosa ti ha spinto a lasciare l’Italia e cosa hai trovato nella scena musicale spagnola?
Fare esperienza all’estero è sempre stato un mio desiderio e dopo la laurea non potevo lasciarmi scappare l’opportunità di fare un tirocinio Erasmus: inizialmente ero partita per sei mesi, il fatto che questo periodo si prolungasse così tanto non era programmato! Madrid è stata una continua sorpresa, mi ha accolta con un entusiasmo ed un affetto che non mi sarei mai aspettata. Da subito ho cominciato a frequentare open mic e jam session per conoscere la vivace scena musicale della capitale e, nemmeno due mesi dopo dal mio arrivo, ho dato il mio primo concerto in terra spagnola. La curiosità, la vivacità culturale e l’apertura mentale sono state per me una vera e propria boccata d’aria fresca, ciò che nel piccolo paese dove sono cresciuta mi è sempre mancato e sono andata a cercare altrove.
Collaborare con artisti internazionali è stimolante e sfidante. Cosa cerchi in una collaborazione e cosa ti arricchisce di più da queste esperienze?
Mi piace circondarmi di artisti che possano sempre apportare alla mia musica elementi innovativi: è importante avere lo stesso gusto musicale per avere un obiettivo artistico comune, ma è interessantissimo confrontare i diversi background culturali, scoprire nuovi stili, aprirsi alla sperimentazione. Madrid mi sta dando l’opportunità di conoscere musicisti incredibili ed è una delle ragioni per cui le sono tanto grata!
Nei tuoi testi si percepisce una forte introspezione. Come nascono le tue canzoni e quali temi ti stanno più a cuore in questo momento?
Fare musica è un processo istintivo per me, spesso ho melodie in testa che registro sul telefono e da lì parte tutto; altre volte invece nasce dall’urgenza di raccontare una storia e quindi sono le parole ad adagiarsi su un giro di accordi al pianoforte. L’ambito sentimentale è sicuramente il terreno più esplorato nei miei testi finora. Ultimamente mi ritrovo spesso a descrivere le difficoltà relazionali della nostra generazione, alle prese con il cosiddetto “amore liquido” in un clima di incertezza e precarietà. Il mese scorso ho pubblicato sul mio canale YouTube la live session di un brano che si chiama “Maggio” e parla proprio di una storia in cui la paura ha preso il sopravvento sui sentimenti.
Qual è il tuo approccio al live? Come vivi il rapporto con il pubblico quando sali su un palco?
Da sempre il live è il mio momento preferito perchè in quel contesto cade ogni sovrastruttura, non contano i numeri che tanto si rincorrono oggi e l’artista si mette a nudo con la propria anima sul palco. Amo poter guardare negli occhi le persone che ti stanno ascoltando per capire le emozioni che la musica sta suscitando, raccontare la storia dietro un brano e ridere, scherzare, emozionarsi insieme. Cantare all’estero è una palestra continua, perchè trovandomi di fronte ad una barriera linguistica evidente – i miei testi sono tutti in italiano per ora – mi ha spinto ancora di più ad aprirmi e cercare un contatto umano con il pubblico ancora prima di cominciare a cantare.
Stai lavorando a nuovi progetti? Puoi anticiparci qualcosa sulla tua prossima produzione musicale?
Ci sono diversi brani nati piano e voce che stanno trovando una nuova dimensione grazie al produttore con cui collaboro a Madrid e che probabilmente faranno parte di un EP in uscita il prossimo anno. Dopo la pubblicazione di “Carole King” a marzo, per l’estate non può mancare un nuovo singolo tutto da ballare sulla spiaggia! Si chiama “Tempo Perso” e racconta la fine di una relazione con ironia e leggerezza. Condivido con voi anche un’altra bellissima novità estiva: il 6 giugno è uscita “Vivo la notte”, il nuovo singolo di Valerio Scanu, che ho firmato insieme a Elio Depasquale, William Buca e lo stesso Valerio.
Infine, cosa significa oggi per te essere una cantautrice indipendente? Quali sono le sfide e le soddisfazioni di questo percorso?
Il percorso da indipendente richiede impegno, intraprendenza e sacrificio. Significa farsi carico di tutto ed imparare a fare un po’ di tutto, spingendoti sempre un po’ più in là dei tuoi limiti. C’è bisogno di tanta costanza e autodisciplina per riuscire a compaginare composizione, produzione, concerti e strategia di comunicazione sui social. Ma c’è anche un lato positivo da non sottovalutare, che è quello di avere assoluta libertà sulle scelte artistiche e sulle tempistiche, riuscendo a vivere la musica in modo più artigianale e meno commerciale. Aldilà dei risultati, credo che l’importante sia godersi il viaggio, essendo fedeli a se stessi e consapevoli che ogni piccola soddisfazione è stata conquistata con le tue sole forze.
Grazie Brigida e complimenti per la tua carriera artistica!
Per saperne di più visita:
Facebook | Instagram | YouTube | Spotify
Ti È piaciuto questo articolo? Sostieni Che! Intervista | Dona ora.
RACCONTACI LA TUA STORIA! Richiedi adesso la TUA intervista!