Palermitana di origine, ha studiato presso il Conservatorio di Palermo, dove si è laureata con lode, perfezionandosi poi con il maestro Gianluca Valenti. Nel corso della sua carriera, ha debuttato in ruoli di rilievo in opere di Mozart, Rossini e Paisiello, esibendosi in teatri prestigiosi come il Teatro Massimo di Palermo e l’Arena di Verona. Vincitrice di numerosi concorsi internazionali, Chiara continua a incantare il pubblico con la sua tecnica impeccabile e il suo talento artistico. In questa intervista, esploriamo la sua carriera, le sfide incontrate e i progetti futuri.
Benvenuta Chiara, il tuo percorso artistico è iniziato a Termini Imerese e si è sviluppato al Conservatorio di Palermo, dove ti sei laureata con il massimo dei voti. Cosa ti ha spinto a scegliere il canto lirico e come è nata questa passione?
È una passione che non è nata subito, ma solo dopo qualche anno di studio del canto. Ho iniziato lo studio di questa meravigliosa disciplina per gioco all’età di 13 anni sotto suggerimento di una mia cara amica e da lì non ho più smesso. All’inizio però facevo canto pop. Ho iniziato così sia perché, non avendo mai avuto contatti col mondo dell’opera, era più vicino a quelli che erano i miei gusti del momento, sia perché per l’età che avevo era l’unico tipo di studio che potessi intraprendere. Il mio maestro dei tempi però era un grande appassionato d’opera e con il passare del tempo mi ha fatto avvicinare a questo genere di cui poi mi sono innamorata. Da lì ho preso la decisione di iscrivermi in conservatorio subito dopo il liceo e di farne la mia professione.
Hai interpretato numerosi ruoli in opere di grandi compositori come Mozart, Paisiello e Rossini. Qual è stato per te il ruolo più impegnativo e quale, invece, senti essere il più vicino alla tua sensibilità artistica?
Sicuramente tra i ruoli che ho interpretato il più difficile resta quello della Regina della Notte. È uno dei ruoli più difficili che esistano per la vocalità sopranile. Una vera e propria macchina ad orologeria che deve funzionare alla perfezione e che richiede uno studio quotidiano e costante per essere performata al meglio, oltre che un grande dispendio energetico a livello sia fisico che mentale. Non è facile mantenere il sangue freddo cantando questo tipo di repertorio, specialmente quando sai che tutti conoscono alla perfezione l’aria che stai per cantare e senti così tanto il peso dell’aspettativa del pubblico!
Il ruolo che invece ho sentito più vicino a me a livello psicologico e caratteriale è sicuramente quello di Adina, che è una ragazza molto furba e frizzante, cosa che rende molto divertente metterla in scena.
Ti sei esibita in teatri prestigiosi come il Teatro Massimo di Palermo, il Teatro Sociale di Como e l’Arena di Verona. Quali sono stati i momenti più significativi che hai vissuto su questi palchi importanti?
Impossibile citarli tutti. Ho ricordi molto vividi legati ad ognuno di questi luoghi. Al Teatro Massimo sono molto legata perché è lì che ho debuttato per la prima volta in assoluto all’età di 19 anni. Ricordo che fu un’esperienza molto stressante. Non avevo mai cantato con un’orchestra e non avevo mai avuto a che fare con un regista prima di allora e mettere insieme i pezzi può essere veramente complesso all’inizio. Nessuno ti può preparare fino in fondo a tutto questo, bisogna sperimentarlo.
Il Teatro Sociale di Como mi ha dato la bellissima opportunità di debuttare un ruolo a me molto caro che è quello della Regina della Notte, una vera e propria sfida per tutti i soprani che affrontano il repertorio di coloratura. Successivamente ho debuttato anche il ruolo di Papagena, con cui mi sono divertita tantissimo.
Infine abbiamo l’Arena di Verona, che mi ha regalato delle emozioni incredibili quest’estate. Non riesco a descrivere cosa ho provato la prima volta che sono salita in palco per la mia prima recita di Carmen e ho visto tutto il pubblico dell’Arena davanti a me, ma penso sia una delle immagini che mi resteranno per sempre impresse nel cuore e nella mente. Ho avuto modo di cantare al fianco di vere stelle del mondo della lirica e di imparare molto. Sono molto grata di questa esperienza, è stato stupendo!
Mozart è un compositore ricorrente nel tuo repertorio, con ruoli come Celidora, Bastiana, Amital, Königin der Nacht e Papagena. Cosa trovi di speciale e unico nel cantare le sue opere?
Trovo che la scrittura Mozartiana sia un vero toccasana per molte vocalità. È un tipo di scrittura che può sembrare facile a primo impatto ma che in realtà non lo è perché richiede un grandissimo controllo della voce e una grande pulizia. Non a caso spesso i giovani cantanti iniziano studiando e debuttando i suoi ruoli. Per quanto mi riguarda studiare questo repertorio mi ha aiutato molto a capire concetti tecnici che poi sono fondamentali anche per affrontare altri repertori e trovo davvero utile continuare a misurarmi periodicamente con questo autore.
Hai ricevuto numerosi premi in concorsi internazionali. Qual è stato il riconoscimento che ti ha colpito di più e cosa significa per te ottenere tali successi nel mondo della lirica?
Vincere un concorso internazionale è sempre una grande emozione. Sono competizioni che durano anche più di tre giorni e che portano a chi partecipa un grosso carico di stress per le numerose prove che si devono affrontare davanti a commissioni composte da importanti esponenti del mondo della lirica. Inoltre ad ogni competizione ci sono centinaia di partecipanti che arrivano da ogni parte del mondo e la concorrenza è davvero spietata! Ci sono un sacco di cantanti bravissimi per cui è molto difficile emergere e, per questo motivo, vincere una competizione del genere è sempre motivo di gioia e di orgoglio personale.
Uno dei riconoscimenti che ricordo con più piacere è il primo premio al concorso lirico internazionale Valerio Gentile di Fasano. Venivo da un periodo molto difficile a livello personale ed ero molto provata dal periodo post covid, come molti altri miei colleghi. Questo riconoscimento mi ha dato molta forza e fiducia in me stessa.
Continui a perfezionarti con il maestro Gianluca Valentini. Quanto è importante per te, nonostante la carriera avviata, continuare a studiare e quale aspetto della tua voce stai affinando maggiormente?
Per me lo studio è fondamentale e deve essere quanto più costante possibile. Faccio lezione di canto più o meno ogni settimana e cerco di studiare da sola ogni giorno per perfezionarmi sempre di più. Considero la fase di preparazione di un cantante come quella di un’atleta agonista. In fondo anche noi lavoriamo con il nostro corpo e l’allenamento quotidiano è fondamentale!
Ultimamente sto affrontando lo studio del repertorio belliniano, caratterizzato dal grandissimo legato della voce, dedicandomi quindi ad un repertorio diverso da quello di coloratura che sono solita affrontare e che costituisce un po’ la mia “comfort zone”.
Come ti prepari per affrontare nuovi personaggi e quali aspetti vuoi mettere in risalto nelle tue interpretazioni?
Lo studio di un nuovo personaggio è un processo articolato che si sviluppa attraverso diverse fasi. Inizialmente, si inizia con l’analisi dello spartito e della parte musicale, che devono essere interiorizzati sia a livello fisico che mnemonico. Successivamente, si approfondisce il testo, esplorando gli aspetti psicologici e motivazionali del personaggio. È essenziale interrogarsi sul perché il personaggio compie determinate azioni, su quali parole e frasi desideriamo enfatizzare e sul tipo di carattere che intendiamo attribuirgli. Con il tempo, questi passaggi consentono di costruire un’interpretazione sempre più definita e autentica del ruolo.
Hai lavorato anche in produzioni più contemporanee, come “Valigie d’occasione” di Joe Schittino. Quali sono le principali differenze nella preparazione per un’opera moderna rispetto a quelle del repertorio classico?
Uno degli ostacoli principali nello studio delle opere contemporanee è la mancanza di riferimenti concreti, come registrazioni audio o video, che possano aiutare a comprendere le intenzioni dell’autore. Molte di queste opere sono prime assolute o sono state eseguite solo poche volte, il che rende difficile reperire esempi interpretativi che possano guidare l’esecutore. In assenza di questi strumenti, l’unica possibilità di chiarimento può venire direttamente dall’autore, se disponibile, il che pone un ulteriore livello di complessità, poiché non sempre è possibile un confronto diretto. Inoltre, la scrittura musicale delle opere contemporanee si distingue notevolmente da quella del repertorio tradizionale, non solo per la varietà stilistica, ma anche per la complessità strutturale e tecnica. Le composizioni contemporanee spesso incorporano nuove tecniche di scrittura, come l’uso di dissonanze estreme, tempi irregolari, microtoni e indicazioni interpretative molto specifiche.
Questa complessità richiede un impegno maggiore nell’assimilazione della partitura, sia a livello tecnico che emotivo, e rende lo studio più arduo rispetto a quello delle opere classiche, che seguono schemi stilistici più consolidati. Pertanto, l’esecuzione di una composizione contemporanea non si limita a un apprendimento tecnico della partitura, ma richiede anche un’introspezione profonda sulle intenzioni compositive, sulla filosofia dell’autore e sul contesto in cui l’opera è stata scritta. Questo processo comporta inevitabilmente un approccio più impegnativo e meno definito rispetto a quello delle opere tradizionali.
Hai vinto numerosi concorsi come il “Capri Gold Voice” e il “Concorso Gino Marinuzzi”. Quale consiglio daresti ai giovani cantanti lirici che si apprestano a partecipare a competizioni di questo livello?
Il consiglio che posso dare è di affrontare le competizioni come opportunità di crescita personale, piuttosto che concentrarsi esclusivamente sul desiderio di vincere. A volte, infatti, la vittoria non è l’aspetto più rilevante. Cantare sotto la pressione di una giuria può insegnare lezioni fondamentali sulla gestione dello stress, su come affrontare situazioni impreviste e adattarsi a spazi e ambienti diversi. Queste esperienze contribuiscono in modo significativo alla maturazione artistica, preparando l’artista a gestire le sfide più complesse che si presentano, come quelle del palcoscenico teatrale.
Inoltre, le competizioni offrono una preziosa occasione di visibilità, permettendo di farsi ascoltare da professionisti del settore. Si tratta quindi di un’importante vetrina che può aprire porte e favorire opportunità future, anche al di là dei risultati ottenuti.
Il mondo dell’opera è in continua evoluzione. Quali sono, secondo te, le prospettive per il futuro della lirica e come pensi che i giovani artisti possano contribuire a mantenere viva questa forma d’arte per le nuove generazioni?
Il futuro dell’opera dipenderà molto dal contributo dei giovani cantanti, che hanno il potere di rinnovare e rivitalizzare questa forma d’arte. Attraverso interpretazioni fresche e personali dei grandi classici, i giovani artisti possono mantenere viva la tradizione operistica, rendendola allo stesso tempo più accessibile e interessante per il pubblico moderno. Inoltre, molti teatri stanno dando spazio a riduzioni di opere dedicate ai bambini, con l’intento di avvicinarli alla musica operistica fin da piccoli. I giovani cantanti possono essere protagonisti anche nella creazione di nuove opere e nella diffusione dell’opera attraverso i social media e le piattaforme digitali, ampliando così il raggio d’azione e l’appeal dell’opera per le nuove generazioni.
In questo modo, i giovani artisti sono essenziali per rendere l’opera un linguaggio sempre più dinamico e rilevante.
Grazie Grazie per la tua intervista e complimenti per tutto! Tienici aggiornati!
Continua a seguirci su Che! Intervista
Per saperne di più:
Facebook | Instagram | YouTube
Che! Intervista “ogni storia conta, diamo voce alla tua.” Richiedi un’intervista esclusiva o una recensione della tua opera. Hai una storia da raccontare? Clicca qui, contattaci per iniziare!