Cinzia Borgosano, professionista siciliana con una profonda passione per il teatro e le arti, ha costruito un percorso artistico e professionale che l’ha portata dall’Italia al Belgio e ora a Firenze. Attraverso il teatro, la musica e la sua formazione culturale, Cinzia ha esplorato l’interiorità e l’essenza stessa della vita. In questa intervista ci racconta come l’arte teatrale abbia influenzato la sua crescita personale e professionale, condividendo la sua visione su come il teatro possa essere uno strumento per affrontare le grandi domande dell’esistenza.
Benvenuta Cinzia, il teatro è chiaramente una parte centrale della tua vita. Come e quando è nata questa passione e in che modo il teatro ha contribuito alla tua crescita personale?
La mia passione per il teatro è nata durante i miei studi in Belgio, grazie a una curiosità innata per l’arte e il suo potere di comunicare emozioni profonde. Crescendo, ho compreso quanto il teatro sia una forma d’arte unica, capace di esplorare l’interiorità umana e dare senso al mondo. Questo percorso ha contribuito alla mia crescita personale, offrendo uno spazio sicuro per scoprire me stessa. Mi ha insegnato ad ascoltare il proprio corpo e a staccare dalla frenesia quotidiana dei pensieri.
Hai studiato e lavorato in diversi paesi, dall’Italia al Belgio fino ad arrivare a Firenze. Come queste esperienze internazionali hanno influenzato il tuo modo di vedere e vivere l’arte teatrale?
Le esperienze internazionali hanno ampliato enormemente la mia prospettiva sull’arte teatrale. In Belgio, durante il master all’Università di Liegi e il mio tirocinio al Teatro di Liegi, ho avuto l’opportunità di confrontarmi con visioni artistiche diverse e con una programmazione innovativa; una visione del teatro molto più aperta dove è più semplice rompere le regole. Questi contesti mi hanno insegnato quanto sia importante considerare il teatro non solo come spettacolo, ma come un linguaggio universale che supera confini culturali e linguistici. Adesso Firenze rappresenta un nuovo capitolo di scoperta teatrale con il metodo Costa ed anche aspetti organizzativi teatrali.
Durante il tuo percorso a Liegi hai esplorato anche il cinema e il teatro. Cosa ti ha affascinato di più in queste due forme d’arte e come si sono integrate nel tuo lavoro?
Ciò che mi ha affascinato di più nel teatro è la sua immediatezza e il contatto diretto con il pubblico, mentre il cinema mi ha conquistata per la sua capacità di immortalare dettagli che nel teatro possono sfuggire. I primi piani di una camera da presa ti permettono di vedere cose quasi impercettibili a mio parere stupende. Queste due forme d’arte si completano: il teatro mi ha insegnato a lavorare con l’emozione del momento, mentre il cinema mi ha dato strumenti per approfondire i dettagli visivi. Linguaggi diversi ma tantissime cose in comune.
Raccontaci del tuo percorso con il metodo Costa che stai seguendo al Teatro Nazionale della Toscana. Cosa rende questo approccio unico rispetto ad altri metodi teatrali che hai studiato?
Attualmente ho appena iniziato il mio percorso con il metodo mimico, elaborato dal Maestro Orazio Costa Giovangigli, presso il Teatro Nazionale della Toscana. Questo approccio si basa sul principio che l’uomo, posto di fronte alla realtà, se ne impadronisca realizzandola corporalmente. Trovo che sia un metodo affascinante, in quanto restituisce centralità al corpo come strumento primario per interpretare e vivere il mondo, favorendo una connessione profonda tra emozione, pensiero e azione.
Parli del teatro come strumento per esplorare l’interiorità e affrontare le grandi domande dell’esistenza. In che modo il teatro ti ha aiutata a comprendere meglio te stessa e il mondo che ti circonda?
Il teatro come anche la musica sono stati per me un rifugio e uno specchio. Il teatro mi ha insegnato a riconoscere le mie emozioni, ad accettare la vulnerabilità e a trasformarla in forza creativa, ma soprattutto a non giudicarmi. La cosa più bella del teatro comunque dei personaggi ai quali ci si approccia è la loro storia. Capire le debolezze umane e riuscire a farne parte anche attraverso il proprio vissuto. Ed a volte è come se il teatro mi aiutasse a comprendere meglio le dinamiche umane e la complessità delle relazioni. È un viaggio continuo che mi aiuta a crescere come persona e come artista.
La tua carriera include anche l’organizzazione di eventi culturali e artistici. Quali sono le sfide più grandi che hai affrontato nel lavorare dietro le quinte e in che modo queste esperienze hanno arricchito il tuo percorso artistico?
Lavorare dietro le quinte comporta una grande responsabilità: coordinare dettagli, gestire imprevisti e assicurarsi che ogni elemento contribuisca all’armonia dell’evento. Una delle sfide più grandi è mantenere l’equilibrio tra la visione artistica e i limiti pratici, come budget e tempistiche. Tuttavia, queste esperienze mi hanno insegnato l’importanza del lavoro di squadra, della flessibilità e della capacità di problem-solving. L’esperienza più significativa lìho svolta in Belgio al Teatro di Liege dove ho lavorato come Assistente alla messa in scena dello spettacolo “Lavomaticks” di UBIK Group e consecutivamente anche per il “Festival Atlas of Transitions”. Queste esperienze hanno arricchito il mio percorso artistico offrendomi una prospettiva più completa sul processo creativo e sull’impatto che un evento culturale può avere su un pubblico.
Nel tuo percorso hai lavorato con importanti maestri come Michael Margotta e Danny Lemmo. Cosa hai imparato da loro e come hanno influenzato il tuo stile e la tua visione artistica?
Questa domanda è molto complicata perché ci sarebbero tantissime cosa da dire. Direi brevemente che entrambi mi hanno trasmesso tantissimo. Una delle cose che ricorderei è il fatto che entrambi mi hanno spinto a scavare in profondità nelle emozioni, portando autenticità e vulnerabilità sul palco senza giudicarsi. “il giudizio è il primo nemico della creatività”.
Il teatro, come dici, “tempra e rivela chi siamo realmente”. Puoi condividere un momento significativo in cui il teatro ha avuto un impatto trasformativo su di te o su una delle tue performance?
I momenti più densi sono sicuramente i momenti in cui ti immergi nell’esplorazione emotiva, perché ritornano in superfice tante cose che non ascoltiamo di noi. E tutto quello che scopri diventa tesoro per te stesso e per il tuo lavoro.
Hai parlato dell’arte come strumento per cercare di dare un senso alla vita. Credi che il teatro possa avere un ruolo più ampio nella società, aiutando le persone a riflettere su questioni esistenziali e a trovare equilibrio?
Assolutamente sì. Il teatro ha un potere unico: quello di creare uno spazio in cui le persone possono fermarsi, riflettere e confrontarsi con temi universali. Può mettere in luce questioni esistenziali, stimolare l’empatia e offrire nuove prospettive. Può essere un vero e proprio punto di riferimento per le nuove generazioni. In un mondo spesso frenetico e frammentato, il teatro può diventare un luogo di connessione e introspezione, aiutando le persone a trovare un equilibrio interiore e a riscoprire il valore della comunità.
Quali progetti hai in mente per continuare a esplorare e condividere la tua passione per il teatro e le arti?
Uno dei miei obiettivi principali è continuare a immergermi nel mondo delle arti e a promuoverle in modo attivo e coinvolgente per il pubblico. Credo fermamente che l’arte, in tutte le sue forme, abbia il potere di muovere e commuovere, di aprire nuove prospettive e di farci riflettere sulla nostra realtà. Partendo dal teatro, che considero la mia casa artistica, intendo ampliare il mio lavoro anche verso altre discipline, come la musica, il cinema e le arti visive, creando connessioni che possano arricchire l’esperienza dello spettatore.
Uno dei miei sogni è rendere i teatri, i musei e gli spazi culturali non solo più frequentati, ma anche più accessibili e inclusivi, affinché possano diventare luoghi di dialogo e riflessione. Attraverso l’arte, vorrei stimolare il pubblico a confrontarsi con i grandi temi attuali che spesso vengono trascurati, come l’ambiente, l’inclusione sociale, le disuguaglianze e il rapporto con la tecnologia.
Per raggiungere questo obiettivo, sogno di sviluppare progetti che uniscano spettacoli dal vivo, installazioni artistiche e percorsi esperienziali, capaci di creare un impatto profondo e duraturo. L’arte non è solo intrattenimento, ma uno strumento potente per ricordarci chi siamo, da dove veniamo e dove stiamo andando. Per me, promuovere l’arte significa contribuire a un mondo più consapevole, empatico e ispirato.
Grazie Cinzia per il tuo tempo ed un grosso in bocca al lupo per il tuo futuro
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