Cinzia Vilucchi ha trasformato il suo dolore più grande in un messaggio di speranza. Dopo aver perso tragicamente il marito, Angelo, ha trovato nella scrittura e negli animali un modo per rielaborare il lutto e riprendere in mano la sua vita. La sua storia, raccolta nel libro “Oltre il dolore”, è una testimonianza toccante di come la resilienza, la creatività e il legame con gli animali possano diventare strumenti di guarigione. In questa intervista, esploriamo la sua esperienza, il percorso di crescita personale e il messaggio che vuole trasmettere a chi attraversa momenti difficili.


Cinzia, la tua esperienza di vita è segnata da una tragedia molto dolorosa. Cosa ti ha spinto a intraprendere il percorso di scrittura come strumento per affrontare il lutto?
La scrittura ha rappresentato uno degli strumenti di sostegno che Francesca Ambrosini, medico veterinario esperta nel comportamento e counselor, mi ha fatto conoscere durante il mio percorso. Mi chiese di scrivere una sorta di diario dove riportare i miei pensieri e le mie emozioni, era un compito a casa che portai avanti costantemente, scrivendo alle prime luci dell’alba. Esprimevo su carta, quello che mi scorreva dentro, di getto, senza preoccuparmi di punteggiatura o ripetizioni. Scrivevo pagine e pagine trasportata dal flusso delle emozioni, per poi mandarle alla mia counselor.

Nel tuo libro, “Oltre il dolore”, racconti la perdita di tuo marito e il lungo processo di rielaborazione del dolore. Cosa ti ha ispirato a condividere pubblicamente una storia così intima?
Inizialmente fui combattuta se pubblicarlo mostrandomi al mondo o tenerlo gelosamente custodito. In fondo il processo di elaborazione mi aveva aiutato portandomi oltre il dolore, come dice il titolo stesso.  Scelsi comunque la prima possibilità, pubblicarlo, perché oltre il dolore era ed è il mio messaggio di speranza. A chi vive il dolore della perdita e non solo.  A chi non trova il coraggio di chiedere aiuto (a un counselor o uno psicologo) per poter uscire da un momento buio. Scegliere di affidarsi è un atto di coraggio da incentivare, perché solo accettando e trasformando si può ritrovare la strada verso la luce. “Oltre il dolore” è un invito a ricercare il proprio senso di sicurezza, nel luogo di lavoro e nella vita di ogni giorno. La   testimonianza di una piaga sociale, le morti sul lavoro che purtroppo riguarda tutti noi anche se non colpiti direttamente. Furono tutte queste motivazioni a condurmi alla pubblicazione della mia storia. Forse qualcuno ascoltandomi o leggendomi può trovare quel pizzico di coraggio che a me è mancato per otto anni, prima di chiedere aiuto.

Gli animali hanno avuto un ruolo fondamentale nel tuo percorso di guarigione. In che modo il legame con i tuoi “pelosi” ha contribuito a darti forza e consolazione nei momenti più difficili?
Bernardino il nostro pony, ogni volta che Angelo ritardava la sera nitriva per chiamarlo. Il giorno dell’incidente non lo fece, tutto taceva. Lui sapeva che non sarebbe più tornato, sentiva il dolore per quell’abbandono. Loro, i pelosi, sentono ciò che proviamo, me lo hanno dimostrato in molte occasioni, avvicinandosi e cercando il contatto come a volermi consolare. Stare insieme a loro mi ha alleggerito un carico emotivo pesante. Da loro ho imparato a vivere nel momento presente, assaporando quell’attimo senza pensare al dopo, lasciando andare la mente e tutto ciò che essa ci racconta. A loro devo dire grazie per ricordarmi sempre quanto sia bello vivere nella natura, circondati dal verde e essere semplici e genuini, esattamente come sono i pelosi.

Hai parlato del supporto che hai ricevuto da Francesca Ambrosini, un medico veterinario e counselor. Come è stato per te affidarti a un percorso di counseling e come ha influenzato il tuo processo di rinascita?
Scegliere di affidarmi ammettendo a me stessa di aver bisogno di aiuto è stata una scelta difficile. Essere consapevole di stare male richiede un ascolto profondo e quando ho realizzato quanto stessi male, affidarmi è stato un bisogno che ho sentito forte. Al primo incontro di counseling sono arrivata terrorizzata, non per Francesca Ambrosini che è stata subito profondamente empatica, ma per quello che mi sarei trovata ad affrontare. Sicuramente non una passeggiata. E così fu.  Ne uscii come “sbronzata”, stanca, era stato emotivamente impegnativo. Ogni volta ero pronta e desiderosa di affrontare un altro incontro con Francesca. Cammin facendo sentivo che stavo prendendo coscienza di chi io fossi veramente, elaborando traumi importanti della mia vita, non solo la morte di Angelo, ma anche la malattia di mia madre che mi ha visto crescere con questo fantasma sempre presente. Lei soffriva di un grave disturbo di personalità, la bipolarità. È stato un percorso duro e doloroso, sicuramente, ma ringrazio me stessa per aver trovato il coraggio di affrontarlo. Adesso per me è un bisogno ascoltarmi e ogni tanto tornare in un incontro di counseling per risolvere ansie e preoccupazioni.

Il titolo dell’ultimo capitolo del tuo libro è “P.S. sono tornata a sognare”. Come è cambiato il tuo rapporto con la vita e con i sogni dopo aver affrontato il dolore?
Vivo il momento presente, assaporando il piacere delle piccole cose, senza stare proiettata verso il futuro nella paura di cosa potrebbe accadere. Ho imparato a scegliere, allontanandomi da persone o situazioni che non mi fanno stare bene. Sognare e progettare mi danno energia positiva e mi fanno sentire viva. Cerco sempre di ritagliarmi un momento per dedicarmi a ciò che amo e apprezzo stare nella tranquillità senza troppa gente o confusione. I pelosi sono sempre la compagnia che preferisco! La vita è un dono unico e come tale è da amare e apprezzare ogni giorno, ogni attimo, anche in nome di chi non lo ha potuto fare. Aver conosciuto il dolore è stato come morire e rinascere una seconda volta. Oggi non sono la stessa donna che è rimasta vedova. Sono cresciuta evolutivamente e ho piena consapevolezza di quanta strada ho fatto per arrivare a essere ciò che sono e quanta ancora ne ho da fare.

Durante il tuo percorso, hai avuto l’idea di creare un’associazione in memoria di Angelo, ma poi hai deciso di non farlo. Quali erano i tuoi obiettivi con questa iniziativa e cosa ti ha portato a cambiare idea?
Quando avevo il progetto di fondare un’associazione in ricordo di Angelo, ero nella fase iniziale del mio percorso. Avevo le idee e non contemplavo le varie possibilità. Seguivo una rotta come una freccia rossa. Durante gli incontri con Francesca ne parlavamo e lei mi aiutava ad ascoltare le emozioni che mi muovevano verso quella scelta. Rallentavo e riuscivo a essere osservatrice di me stessa, tutto mi era più chiaro ed ero capace di tornare sui miei passi. Avrei voluto ricordare Angelo, tener vivo il suo ricordo e un’associazione mi sembrava il modo “giusto”, ma cambiai idea. Era solo una maniera per non lasciarlo andare completamente. Quando realizzai il tutto segui un’altra direzione e organizzai in collaborazione con amici professionisti un evento che chiamai “Sicuri dentro sicuri fuori”, patrocinato dal comune di Monsummano. Quello fu il mio modo pubblico per ricordare Angelo e chi come lui perde la vita sul lavoro.  Da lì ho portato avanti il progetto del libro con la mia testimonianza, semplicemente come Cinzia Vilucchi.

La malattia di tua madre, la bipolarità, è un altro tema importante che hai affrontato nel tuo libro. Come ha influito la sua condizione sulla tua vita e come hai trovato la forza per affrontare anche questo?
La malattia della mia mamma mi ha segnato nel profondo, sin da piccola ho convissuto con questa dura realtà. Una madre che era presente fisicamente, ma con la mente altrove. Talvolta completamente silenziosa e assente anche nei gesti più semplici, come il preparare il pranzo. Altre volte era l’opposto, disforica e iperattiva. Ho vissuto nella paura continua, nell’attesa di una nuova crisi e la speranza che terminasse il prima possibile. Purtroppo, non svanivano così velocemente, anzi. Si protraevano per un tempo per me infinito, in cui ero io ad occuparmi di mia mamma, mentre mio padre lavorava. Solo, durante il percorso con Francesca ho preso consapevolezza di quanto la malattia della mamma mi ha condizionato la vita, in ogni scelta compiuta.

Sei impegnata nel sociale come volontaria e spesso condividi la tua storia per sensibilizzare gli altri. Quali sono le reazioni che ricevi e cosa speri di trasmettere attraverso il tuo impegno?
Quando porto la mia storia, le persone restano colpite per il tragico modo in cui Angelo ha perso la vita e per la sua giovane età. Mi sento piovere addosso complimenti per la forza che ho trovato per uscire dal dolore e per avere la forza di raccontarmi. Vedo gli occhi commossi quando parlo, in alcuni casi persone che per l’emozione troppo forte si sono dovuti per un attimo allontanare. Molte manifestazioni di affetto. L’incontro che più mi ha colpito è stato quello con gli studenti dell’istituto Sismondi Pacinotti di Pescia, il primo tenuto nel teatro della città. Inizialmente il brusio aleggiava nell’aria, 600 giovani … quando ho iniziato a presentarmi, chi ero e cosa mi era accaduto, scese il silenzio e dai palchetti vedevo sporgere i ragazzi, attenti a quello che raccontavo. Un’emozione immensa arrivare al cuore di giovani anime. Sono seguiti altri incontri con loro e in altre scuole.  Molti mi hanno detto di essere un esempio. Spero di poterlo essere, per la resilienza che ho messo nell’affrontare questi duri anni e nel dedicare tempo, amore e attenzione al mondo dei pelosi, come li chiamo io.  Spero che il mio messaggio possa arrivare ancora a molti, è la mia “missione”.

La scrittura e l’arte, insieme al rapporto con gli animali, sembrano essere diventati strumenti di guarigione per te. Qual è il tuo consiglio per chi si trova a vivere un dolore profondo e cerca modi per superarlo?
L’arte e il rapporto con gli animali sono stati strumenti preziosi nel mio percorso e lo sono ogni giorno della mia vita. Per chi vive il dolore, il consiglio che mi sento di dare è affidarsi a un professionista che possa prenderli per mano e affrontare insieme il viaggio di guarigione e rinascita. Purtroppo, non basta parlare con un’amica o una persona cara, ma con chi può entrare in ascolto profondo col dolore che viviamo. Quando mi sedevo davanti a Francesca sapevo di non essere sola, lei sentiva esattamente quello che sentivo io. Sentirmi sostenuta è stato essenziale.

Ora che hai pubblicato il tuo libro e ti senti più consapevole di te stessa, quali sono i tuoi progetti futuri? Hai in mente altri progetti legati alla scrittura o ad altre forme d’arte?
Il mio progetto è continuare a far conoscere “Oltre il dolore”, posso dire di aver appena iniziato. Ho anche un sogno che non rivelo, sempre legato al libro, magari trasformandolo, questo è l’unico indizio che posso dare. Sicuramente il mio amore per gli animali mi fa vivere di progetti per loro, chissà se riuscirò a realizzarne qualcuno. Continuo a scrivere, non ho mai smesso e forse un giorno pubblicherò un altro libro, a qualcosa sto lavorando. Come dice il titolo del mio ultimo capitolo, P.S. sono tornata a sognare … se anche rimanessero solo sogni, va bene comunque, perché hanno il potere di farmi sentire viva e rigenerarmi anche solo portando avanti la progettazione.

Grazie infinite Cinzia e complimenti per la forza che hai e per il messaggio che trasmetti.
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