Edoardo è un giovane visionario che, nonostante la sua età, ha già lasciato un segno profondo nel mondo del teatro. Dalla passione per lo storytelling nata in tenera età, passando per i suoi primi passi sul palcoscenico, fino alla fondazione della “Theatre Company della Luna” a New York, Edoardo incarna l’arte della narrazione come strumento per sognare, esplorare ed emozionare. In questa intervista esclusiva, ci racconta il suo percorso, le sfide affrontate e i progetti futuri che lo vedono protagonista tra Italia e Stati Uniti.
di Noemi Aloisi
Benvenuto su Che! Intervista, Edoardo! Sei giovanissimo e vanti già una carriera ricca di successi ma facciamo un passa indietro, raccontaci quando tutto è iniziato.
Sono sempre stato attirato dallo storytelling. A cinque anni mia nonna mi regalò due bambole per Natale e da lì iniziò tutto. Per oltre dieci anni ogni giorno creavo storie su storie con le mie bambole. Al teatro mi sono avvicinato quando a dieci anni ho visto una produzione de “Il Mago Di Oz” al Teatro Alfieri a Torino e ne sono rimasto ammaliato. Sono uscito dal teatro dicendo ai miei genitori “voglio farlo anche io!” Così ho iniziato dei corsi di teatro con l’inimitabile Franca Dorato e mi sono innamorato. Il passaggio dalla recitazione alla sceneggiatura e alla regia è stato poi naturale. Sin da quando a cinque anni giocavo con le bambole, ho sempre amato creare mondi, storie, personaggi… Sognare. In fondo creare storie per me vuol dire questo: liberare dalla mia mente un sogno e concretizzarlo nel mondo reale.
Ti sei laureato con onore in Drama alla “Tisch School of di Arts” della New York University, cosa ti ha spinto a formarti all’estero?
Un po’ di ragioni. New York è uno dei cuori pulsanti del teatro nel mondo occidentale. Se in Italia vivere esclusivamente di teatro rasenta l’utopico, in realtà come New York è difficile, ma possibile. Ho fatto un corso estivo di un mese alla New York University l’anno prima di mandare l’application per il corso universitario vero e proprio ed è stata una delle esperienze più belle della mia vita. Me ne sono andato pensando che sarei in qualche modo dovuto tornare. Poi a New York ho potuto intraprendere un vero e proprio percorso di laurea in ambito teatrale, cosa decisamente più rara in Italia. Adesso sono ancora a New York, ma mi piacerebbe un giorno tornare in Italia. Dopo il nostro spettacolo “La Linfa del Villaggio” l’anno scorso a Torino forse qualche porta si sta socchiudendo… Sto lavorando molto perché una di queste porte si apra.
A 16 anni hai scritto, diretto e prodotto lo spettacolo teatrale “All Eyes on Me!”, come è stata questa esperienza per un ragazzo di quell’età?
Quel primo progetto ha un posto speciale nel mio cuore. Mi ci sono proprio buttato. Non avevo idea di quello che stavo facendo e lo spettacolo non è sicuramente il mio lavoro migliore, ma avevo una visione chiara e tantissime grinta e voglia di fare. Mi ci è voluto un anno e mezzo per arrivare al debutto le difficoltà sembravano non finire mai e poche persone intorno a me pensavano lo spettacolo avrebbe mai visto i riflettori di un palco. Ma ci siamo arrivati! Sicuramente la forza dell’incoscienza ha aiutato. Con quel progetto ho imparato che invece di aspettare il sì di qualcun altro potevo dirmi di sì da solo. Quello è stato il progetto che mi ha fatto realizzare quello che davvero voglio fare nella vita. Sapevo già di voler lavorare nel teatro, ma con quello spettacolo ho capito che il mio vero sogno è fare lo sceneggiatore e il regista.
Il tuo lavoro si è contraddistinto per il messaggio di libertà che hai voluto lanciare, quale tematiche affrontavi in particolare e cosa volevi lasciare al pubblico?
La cosa divertente è che all’inizio lanciare un messaggio di libertà non era neanche nelle mie intenzioni. Quando ho iniziato con “All Eyes on Me!” mi stavo scoprendo e stavo imparando che a volte nella vita i bulli vanno mandati a quel paese con la forza dell’essere liberi e sicuri nella propria identità. Quel progetto non trattava nemmeno di tematiche quali l’omofobia o l’orientamento sessuale. Era solo una bella storia ambientata in un circo magico con tanto ballo e tanto pop. Eppure siamo andati a un festival torinese per compagnie teatrali giovanili e in giuria è successo il putiferio. Alcuni dei giudici sono arrivati a chiamare “bigotti” altri giudici. Erano emersi problemi per la femminilità di alcuni uomini o per i diversi tipi di fisici dei ballerini. Ma la mia non voleva essere una provocazione. I miei compagni ed io stavamo solo portando in scena noi stessi. Lo spettacolo che ha vinto quell’anno trattava di temi sociali quali l’accettazione. Quindi se avessi fatto un monologo sull’omofobia e il body shaming seduto su uno sgabello sarei stato applaudito, ma raccontare una semplice storia portando in scena noi stessi con libertà non andava bene? Le parole sì, ma i fatti no? Non è ipocrisia? Da lì ho capito che dare spazio a chi spazio sui palchi spazio ne ha poco per raccontare storie è parte della mia visione artistica.
A 20 anni, hai fondato a New York la Theatre Company della Luna, parlaci di questo progetto.
Il mio gioiellino! O dovrei dire nostro! Alla New York University ho incontrato quattro talentuosissime ragazze che sono presto diventate grandi amiche. Una scrive e produce musica, una è una coreografa, una realizza costumi e una è un’attrice formidabile. E’ stato tutto molto organico, siamo diventati una compagnia senza nemmeno accorgercene prima che la compagnia esistesse a livello burocratico. Condividiamo una visione: realizzare musical pop originali raccontando storie di emozioni umane ambientate in mondi fantastici. Mentre eravamo ancora in università abbiamo iniziato a produrre spettacoli e semplicemente non ci siamo più fermati! Molte delle ragazze hanno aspirazioni diverse anche al di fuori della compagnia come è giusto che sia, ma la compagnia spero resterà sempre una casa per tutti i membri fondatori. Attraverso gli spettacoli, la compagnia mi permette di collaborare con moltissimi artisti incredibili.
Oltre ad aver fondato la compagnia continui anche ad esibirti?
Sì, per adesso sì. Se da un lato m diverto in alcuni ruoli e nel ballo, dall’altro lo faccio anche perché così c’è un performer in meno da pagare! Scherzi a parte, stare sul palco mi piace, ma spero che andando avanti le cose si evolveranno e riuscirò a focalizzarmi solo sulla scrittura e sulla regia.
Tra i vari traguardi che hai raggiunto, di quale vai più orgoglioso al momento?
Domanda difficile. Sono molto orgoglioso del percorso in generale, ma sono anche consapevole che la strada da fare è ancora tantissima e c’è tantissimo da crescere. Ora come ora direi che portare un nostro progetto al Fringe Festival di Edimburgo e l’esibizione al Lovers Film Festival invitati da Vladimir Luxuria sono le due esperienze di cui vado più fiero. Entrambe all’inizio sembravano impossibili e ci è voluto moltissimo lavoro, ma ci siamo arrivati e mi hanno insegnato tantissimo.
Tra le varie attività di cui ti occupi con’è una che preferisci?
Assolutamente la scrittura. E’ come un amore primordiale per me. Ho ancora tanto da imparare e sto studiando molto. Ma creare storie e mondi mi dà un sensazione di pace e amore che nessuna difficoltà è per ora riuscita ad affievolire.
Quando metti su uno spettacolo, da cosa ti lasci ispirare?
Tendenzialmente le idee arrivano sempre da un mio bisogno di processare qualcosa nella mia vita che non mi rende felice. Non che scriva solo drammi, anzi, ma non mi è mai capitato di mettere su uno spettacolo partendo da un’emozione positiva. Il teatro è il mio modo per affrontarmi e fare i conti con ciò che mi butta giù, che sia la fine di una relazione importante o la mancanza di casa. Sono triste, sogno un po’, scrivo e voilà: abbiamo un nuovo spettacolo da sviluppare e su cui lavorare. E poi mi faccio ispirare da chi ho intorno. Sono un grande sostenitore della collaborazione.
Stai lavorando ad un nuovo spettacolo al momento?
Al momento con la compagnia stiamo lavorando alla nuova versione del nostro spettacolo Love’s Concordia Bar, un musical pop ambientato in un bar il cui proprietario è l’Amore che esplora come si possa diventare dipendenti dell’idea dell’amore romantico in sé, al di là di una persona in particolare. Abbiamo portato il progetto al Fringe Festival di Edimburgo lo scorso agosto e abbiamo imparato tanto. Stiamo rilavorando lo spettacolo. Andrà in scena nella sua nuova versione al Flea Theatre a New York nell’aprile del 2025. Inoltre, stiamo sviluppando un nuovo spettacolo che debutterà sempre a New York nella primavera del 2026.
Grazie Edoardo per il tuo tempo e complimenti per la tua carriera artistica!
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