Elena Ranieri Miele, una Vita di passione, emozioni e arte

Dal pattinaggio artistico che ha segnato la sua infanzia, alla sua evoluzione nell’animazione e nel mondo teatrale, fino alla sua scelta di unire arte e educazione, Elena Ranieri Miele ci offre uno spaccato autentico del suo cammino, fatto di sacrifici, emozioni e grande determinazione. Il suo legame con i bambini, il mondo del teatro e il sogno di creare nuovi eventi artistici sono solo alcuni degli aspetti che arricchiscono la sua personalità.

Intervista a cura di Noemi Aloisi
Introduzione a cura di Salvatore Cucinotta


Benvenuta su Che! Intervista Elena! Miele è il tuo pseudonimo che usi da diversi anni, parlaci di che rappresenta.
Il nome miele nasce perché fin da piccola il mio alimento preferito è sempre stato il miele, tanto da farmi poi appassionare al mondo delle api. In più, uno dei pregi che amo di me è la dolcezza. Lo usavo spesso come nome da piccola e facevo finta di chiamarmi miele. Alla fine tutti quanti hanno iniziato a chiamarmi davvero così, e dopo qualche anno mi sono fatta un tatuaggio con la scritta “miele”. Alla fine ho pensato che farlo diventare un nome d’arte sarebbe stato bello.

    Sei un’insegnante di teatro, come ti sei avvicinata a questo mondo?
    Nasce tutto dal mio primo lavoro ovvero l’animatrice nei villaggi turistici. Avevo 19 anni e ho iniziato a viaggiare con questo lavoro. Per puro caso, il mio capo mi mise a lavorare con i bambini, un mondo a me sconosciuto. Ho subito capito di essere portata e che avevo una certa calamita per lavorare con loro, c’era una bella chimica. Dopo qualche anno, ho deciso che avrei lavorato sempre con loro ma che dovevo unire la passione dei bimbi con l’insegnamento e l’arte. Così mi sono avvicinata con lo studio al mondo del teatro dove si lavora con le emozioni e dove si cresce tanto e si fa squadra. Penso che il teatro sia la migliore terapia del mondo perché tramite il gioco ci si mette nei panni degli altri e si imparano a gestire sia le emozioni negative che quelle positive.

    Come insegnante lavori con bambini abbastanza piccoli, dai tre ai cinque anni circa. Quali sono i pro e i contro di lavorare con queste fasce di età?
    Diciamo che ci sono più contro che pro. È un’età molto delicata e difficile. I bimbi sono davvero piccoli e si deve avere una certa predisposizione e vocazione per lavorare in questa fascia. I pro, o almeno ciò che amo dei bimbi così piccoli, è che sono delle spugne e ti prendono come punto di riferimento. A me piace crescerli, insegnargli le basi per crescere. Mi piace coccolarli e vederli sorridere. Sono molto empatici e sentono qualsiasi tipo di emozione. Ad esempio se sono stanca in alcuni giorni, sono i primi a mostrarmi il loro affetto. La cosa che amo di più è prenderli così piccoli per poterli vedere crescere, imparare e migliorare. I contro sono che a questa età nel teatro soprattutto, danno poche soddisfazioni al livello recitativo come potrebbe fare un ragazzo con la lettura di un copione, portando poi in scena uno spettacolo con una regia di spessore. Con i cuccioli devi essere soddisfatta anche solo se imparano a stare fermi in scena o cantano una canzoncina. Altra cosa difficile è il rapporto con i genitori. Le mamme e i papà ti affidano i loro cuccioli e le responsabilità sono il doppio di quando si lavora con i grandi. Qualsiasi cosa può diventare un problema e anche qui si deve avere molta pazienza. Ma io amo anche il rapporto con i genitori e affrontare questa sfida facendoli poi fidare di me.

    Sei laureata in psicologia, intraprendere il percorso per diventare psicoterapeuta è tra io tuoi programmi?
    La psicologia fa parte di me, ma ormai mi sono laureata 7 anni fà. Ho dovuto fare una scelta. Il percorso per diventare psicoterapeuta era meraviglioso ma anche molto lungo e non potevo portarlo di pari passo a quello del teatro e del canto. Quindi ho scelto l’arte! Ma mai dire mai!

    C’è anche un’altra passione quella del musical, infatti sei anche una performer. In quali contesti ti esibisci?
    Si il musical è la disciplina artistica che amo di più in quanto racchiude il canto, la danza e la recitazione allo stesso tempo. Faccio parte di una compagnia teatrale che si chiama MAG (movimento artistico giovanile) dove facciamo spettacoli tutto l’anno e poi faccio degli eventi in un locale di Roma e qualche volta faccio serate dove canto.

    Cosa significa per te stare sul palco e come vivi l’impatto con il pubblico?
    Il pubblico è fondamentale per chi ha scelto di fare questo mestiere nella vita, senza pubblico non c’è spettacolo. Il loro calore è vita. Mi piace molto a fine show chiedere le critiche, soprattutto quelle negative per capire dove ho sbagliato e come posso migliorare. Mi piace confrontarmi con loro. Stare sul palco è adrenalina pura, è emozione, vitalità, energia, brivido e libertà. Libertà di esprimere cose diverse da ciò che sei tutti i giorni. Libertà di essere qualcun altro e di trasformarsi per un paio d’ore.
    Significa entrare in un mondo magico per privilegiati.

    Hai studiato danza e recitazione, hai mai pensato di dedicarti anche alla regia?
    Mi sto avvicinando alla regia da quando lavoro con i ragazzi e creo gli spettacoli. Non mi vergogno a dire però che non mi affascina come mondo, e che mi spaventa anche, forse perché non ho studiato per diventare regista. È un mondo che sento ancora lontano da me. Sto imparando piano piano a gestire tutto ciò che avviene in regia ma devo capire ancora se mi piace del tutto.

    Per diverso tempo hai fatto pattinaggio artistico a livello agonistico, cosa ti ha lasciato questa attività?
    Il pattinaggio è tutta la mia vita. Penso che vada oltre a tutto ciò che è il mondo del teatro. A 4 anni ho messo i pattini e sono arrivata subito ai livelli agonistici per poi arrivare alle gare regionali. Ho iniziato molto piccola e arrivata in età adolescenziale, per eventi di vita difficili da superare ho lasciato. Quando mi sono decisa a tornare sul ghaiccio era ormai troppo tardi. Ero troppo grande per tornare a gareggiare. Penso sia il rammarico più grande della mia vita. Tornando indietro non farei mai la stessa scelta. Anzi… Forse a quest’ora starei insegnando pattinaggio ai bimbi. È uno sport che mi ha insegnato a combattere da sola, a non chiedere mai aiuto, a lottare per arrivare fino in fondo ai sogni, a non mollare mai anche quando si è stanchi. Mi ha insegnato il sacrificio, la passione, la determinazione e la pazienza!

    Vivi a Roma, che rapporto hai con questa città?
    Pessimo. Odio le grandi città. Amo i paesini con stretti vicoli e intimità di poche persone. Ma purtroppo Roma mi offre tutto ciò per il quale ho studiato a partire dai teatri e dai provin. Mi permette di vivere con i miei sogni. Se avessi scelto di fare la psicologa, mi sarei trasferita subito in un paese di montagna.

    Al momento stai lavorando a qualche nuovo progetto in particolare?
    Si sto creando nuovi eventi per questa estate. Ho tante belle idee e spero dvavero che si possano realizzare. Sempre in ambito artistico ovviamente. Ma non dico altro, magari mi porto sfiga da sola ahahah.

    Grazie per il tuo tempo Elena.
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