Emiliano Tessitore: il chitarrista che unisce il mondo del rock e dell’insegnamento

Emiliano Tessitore è un chitarrista di straordinario talento, noto per le sue collaborazioni con musicisti di fama internazionale come Vinnie Moore, Doogie White e Uli John Roth. Con una carriera che abbraccia il rock e il metal, Emiliano ha anche realizzato il suo primo disco solista, “Complex Melodies for Simple People”, nel quale ha potuto lavorare con alcuni dei nomi più rispettati del settore. Oltre alla sua attività di musicista, è Direttore dell’Istituto di alta formazione musicale MMI Roma, dove trasmette la sua passione e le sue competenze alle nuove generazioni. In questa intervista, Emiliano condivide le sue esperienze, le sfide affrontate nel mondo della musica e i progetti futuri che lo attendono.


Emiliano, hai collaborato con musicisti di fama mondiale come Vinnie Moore e Doogie White. Qual è stata l’esperienza più memorabile che hai avuto suonando con loro e cosa hai imparato da questi artisti?
Ciao a tutti. Ci tengo intanto a ringraziarvi per avermi ospitato sulle vostre pagine. E’ sempre difficile pescare quell’esperienza tra tutte alla quale sono più affezionato. Suonare in Europa con artisti simili è sempre stato un mio sogno e viverlo è qualcosa di difficile da spiegare, a volte mi sembra come se fosse successo a un altro e non a me. Difficilmente dimenticherò l’emozione che ho provato la prima volta in tour con Vinnie Moore, il primo che ho fatto a livello professionale, al momento delle prove e prima di salire sul primo palco a Budapest. Un misto di gratitudine, paura, gioia e voglia di meritarsi quel palco. E’ stato molto bello. Continuo ad imparare il modo di essere un musicista appassionato, con la voglia di trasmettere sempre al massimo quello che prova nel momento esatto in cui suona e prendere tutto con una sana leggerezza essendo consapevoli che stiamo facendo stare bene le persone che vengono ad ascoltare.

Sei il chitarrista della band originale Stage of Reality e hai anche composto e registrato il tuo disco solista “Complex Melodies for Simple People”. Quali sono state le sfide principali nel realizzare il tuo primo album da solista?
La sfida è stata con me stesso. Volevo realizzare qualcosa che mi rappresentasse ma il mio perfezionismo ha ritardato tutto il processo ed è stato necessario rimanere chiuso in camera per 20 giorni, causa Covid, per portare tutto al termine. Chi mi è stato vicino nei mesi successivi ha dovuto sopportare i miei cambi di umore e gliene sarò per sempre grato. L’insoddisfazione è un tratto caratteristico degli artisti credo e anche con quello sto cercando di far pace. Sono molto contento del risultato finale e i brani mi rappresentano ancora oggi, due anni dopo.

Hai suonato con diversi nomi di spicco nel mondo della musica rock e metal. Come scegli i progetti e le collaborazioni a cui partecipi? Cosa cerchi in un’artista o in un progetto?
Li scelgo in base a quanti soldi possono darmi!!! Ovviamente scherzo. Ho sempre avuto la possibilità di lavorare con artisti di cui conoscevo la storia quindi è stato sempre molto facile dire “si”. In un nuovo progetto cerco sempre di capire l’intento dell’artista, quello che vuole trasmettere e, se trovo che la cosa mi rispecchi, allora può nascere una bella collaborazione. Essere affini mi permette di scegliere le note e i colori giusti adatti al momento del brano.

Il tuo disco solista presenta special guest di grande calibro. Come hai gestito la collaborazione con questi artisti e quale ruolo hanno avuto nel plasmare il suono finale dell’album?
Sono un fan di tutti i musicisti che hanno suonato sul mio album e per tutti c’è un motivo. Di alcuni non solo sono fan ma ho la fortuna di averli come amici nella vita di tutti i giorni e li vorrei nominare: Titta Tani, Andrea Gianangeli, Lorenzo Beverati, Stefano Franceschini, Daniel Mastrovito e Giacomo Pasquali che ha curato il suono finale. Tutti gli altri hanno ricoperto un ruolo importante per le mie ispirazioni da ragazzo e da adulto e sono orgoglioso di avere un po’ di loro nella mia musica. Tutti hanno arricchito il disco con le proprie idee e non suonerebbe così se non ci fossero stati.

Hai una vasta esperienza sia come musicista che come docente. Quali sono le principali differenze che hai riscontrato tra suonare e insegnare musica, e come riesci a bilanciare entrambi i ruoli.
Nell’insegnamento è necessario entrare a fondo nella persona che si siede davanti a te per aiutarla a trovare obiettivi e sconfiggere le barriere che tutti noi innalziamo inconsapevolmente che ci impediscono di migliorare. L’insegnante, non solo di musica, ha un compito importantissimo, quello di ispirare l’allievo che compie un atto di grande fiducia lasciandosi guidare. Suonare dal vivo ti permette di imparare cose non scritte sui libri, cose che fanno bene agli studenti e gli permettono di approcciare meglio la vita del musicista a 360 gradi. Ho la fortuna di avere tanti colleghi professionisti che mi sostituiscono quando devo partire per tanto tempo quindi riesco a portare avanti tranquillamente entrambe le attività.

In qualità di Direttore dell’Istituto di alta formazione musicale MMI Roma, quali valori e competenze ritieni fondamentali per i giovani musicisti che si affacciano al mondo della musica?
Avere una mente aperta, capacità di adattarsi a mille situazioni, essere umili e cercare di rispettare sempre il palco, il pubblico, i musicisti e tutti i lavoratori che ci permettono di fare quello che facciamo. Il “suonare bene” per questo lavoro è la base, la differenza tra chi suona molto e chi suona poco sta nel carattere.

Hai composto e registrato con Titta Tani nella band Ehfar. Cosa rende questa collaborazione unica e come si differenzia dai tuoi altri progetti musicali?
Beh è unica per tanti motivi. Titta è la persona che ha creduto in me e che mi ha reso quello che sono nel campo musicale e non solo. Il nome della band è l’acronimo di “Everything happens for a reason” e i brani rispecchiano sempre quello che ci capita. “EHFAR” è stato il primo disco che ho registrato professionalmente e nel secondo, “NEXUS”, c’è la prima canzone che ho composto interamente anche con testo e voce, lo porterò sempre nel cuore.

Il tuo stile chitarristico è stato influenzato da artisti come Frank Gambale e Kee Marcello. Quali elementi della loro musica hai cercato di integrare nel tuo modo di suonare?
Sono davvero tantissimi i nomi che mi hanno influenzato, oltre i già citati sicuramente ci sono John Petrucci, Richie Sambora e Eddie Van Halen che sono i miei portafortuna dei primi anni in cui studiavo. Non ho mai voluto prendere razionalmente qualcosa di altri ma a forza di sentire i loro dischi sicuramente c’è tanta della loro musica in me.

Hai avuto l’opportunità di esibirti in diverse situazioni, da concerti a festival. Come affronti la pressione di suonare dal vivo e quali sono i tuoi rituali prima di un’esibizione?
Non ho rituali, anzi sono molto pigro e non mi riscaldo nemmeno. Cerco di prendere l’energia necessaria all’esibizione da qualsiasi cosa e poi do il massimo per divertirmi e far divertire. Da piccolo avevo paura del giudizio del pubblico e soprattutto del mio, non ero mai soddisfatto del modo in cui avevo suonato. Adesso prendo tutto con leggerezza e ho imparato che il pubblico ascolta con gli occhi, è più importante esprimere un’emozione tangibile che fare le note giuste… tranne se fai jazz.

Guardando al futuro, quali sono i tuoi progetti musicali e artistici? C’è un nuovo album, una collaborazione o un tour in programma di cui vorresti parlare?
Mi servirebbe un altro periodo di isolamento forzato per far uscire qualcosa di nuovo penso. Sto scrivendo tanto, sento la necessità di parlare quindi probabilmente le prossime cose che usciranno non saranno strumentali. Di tour invece ce ne sono tanti, dal 16 al 27 Ottobre sarò di nuovo in Europa con Vinnie Moore, a Febbraio 2025 andremo in giro con Carl Sentance, cantante dei Nazareth, mentre ad Aprile tornerò in Europa con Doogie White per celebrare i 30 anni del disco “Stranger in us all” dei Rainbow. Cerco sempre di non fermarmi.

Grazie ancora e scusate se ho scritto troppo, faccio sempre troppe note, stavolta ho fatto troppi caratteri.

Grazie a te Emiliano per averci dedicato il tuo tempo con questa intervista.
Complimenti per la tua carriera artistica e professionale!
Continua a seguirci su Che! Intervista.

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