L’autrice Valentina D’Urbano, già apprezzata per la sua capacità di esplorare le profondità dell’animo umano, torna con Figlia del temporale (Mondadori, 2024), un romanzo che si distingue per la sua audacia narrativa e per la capacità di intrecciare con maestria una storia di crescita, desiderio e identità. Ambientato nell’Albania degli anni ’70, in un paesaggio montano che sembra fermo nel tempo, il libro ci racconta la storia di Hira, una giovane orfana che deve affrontare la trasformazione più profonda: quella di sé stessa.
La vicenda di Hira si snoda in una società dominata dai rigidi dettami del Kanun, un antico codice che regola la vita di una piccola comunità di pastori nel nord dell’Albania, dove il patriarcato e il controllo sulle donne si manifestano nella loro forma più arcaica. La protagonista, appena tredicenne e costretta a lasciare la sua città natale, Tirana, si trasferisce dallo zio Ben in un villaggio sperduto e isolato dal regime comunista. Qui la sua esistenza viene scandita da lavori domestici, il rapporto silenzioso e quasi selvaggio con il cugino Astrit, e una società che impone scelte senza spazio per il desiderio personale.
L’autrice ci porta dentro un mondo, dove le donne sono relegate a ruoli di subordinazione, ma è proprio in questo contesto che si dipana una delle tematiche principali del romanzo: l’identità femminile e il suo legame con il corpo e il desiderio. Figlia del temporale diventa così una riflessione sulla libertà, sulle scelte imposte e sulla capacità di sfidare le convenzioni per trovare se stessi.
Quando a Hira viene imposto un matrimonio combinato, la sua ribellione prende una forma inaspettata: sceglie di diventare una burrnesh, una vergine giurata, rinunciando alla sua femminilità per essere riconosciuta come uomo. A soli vent’anni, si trasforma in Mael: un uomo agli occhi della società, ma una donna nel profondo. Questo percorso di trasformazione, di rinuncia e di lotta interiore, si inserisce in una riflessione più ampia su cosa significhi davvero essere liberi.
L’autrice con la sua scrittura attenta non ha paura di esplorare i limiti del corpo e del desiderio femminile, affrontando temi complessi come la negazione della propria identità, la repressione del desiderio sessuale e la forza delle tradizioni patriarcali.
Ma Figlia del temporale non è solo un romanzo di denuncia: è anche una travolgente storia d’amore, fatta di sguardi, silenzi e sentimenti che sfidano ogni norma. La relazione tra Hira/Mael e Astrit si sviluppa in uno spazio sospeso tra il lecito e il proibito, tra il corpo che si nega e l’anima che reclama libertà.
Lo stile di Valentina D’Urbano è intenso e coinvolgente, capace di catturare l’essenza dei personaggi e dell’ambientazione con una scrittura viscerale e poetica. Le descrizioni dei paesaggi montani e la crudezza delle dinamiche sociali si intrecciano con la narrazione emotiva dei conflitti interiori di Hira/Mael. La sua capacità di dipingere la complessità psicologica dei personaggi rende Figlia del temporale un’opera di grande forza narrativa.
Un’opera da leggere e rileggere, capace di emozionare e far riflettere.
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