Con una carriera che lo ha portato a esibirsi nei teatri e festival più prestigiosi di cinque continenti, Francesco Beccaro è un bassista, compositore ed educatore di grande talento. Diplomato alla “Collective School of Music” di New York con una borsa di studio completa, ha collaborato con artisti internazionali del calibro di Savion Glover, Jimmy Cobb e Popa Chubby. Il suo primo album da solista, “Upward”, è stato accolto con grande entusiasmo. In questa intervista, esploreremo il percorso artistico di Francesco, le sue esperienze internazionali e la sua visione musicale.
a cura di Antonio Capua
Benvenuto su Che! Intervista, Francesco! La tua carriera ti ha portato in giro per il mondo e a collaborare con artisti di grande spessore. Come queste esperienze internazionali hanno influenzato il tuo modo di comporre e suonare la musica?
Ogni esperienza influenza il mio approccio alla musica. Non solo esperienze musicali, ma anche di vita quotidiana. Detto questo, sono stato fortunato a viaggiare e suonare così tanto. Penso che le esperienze più estreme siano quelle che segnano di più. Suonare di fronte a migliaia di persone influenza fortemente come si suona in un locale piccolo: porta ad avere un suono più grosso, con più presenza. Al tempo stesso, suonare in un locale in cui ci stanno poche decine di persone ti porta a pensare ad ogni singolo dettaglio, e questa attenzione influenza come si suona sui palchi grossi.
“Upward” è il tuo primo album da solista. Quali sono state le ispirazioni principali dietro la sua creazione e come hai voluto esprimere la tua visione musicale attraverso questo progetto?
I paesaggi degli Stati Uniti d’America. Andare in tour e vedere questi orizzonti sconfinati, all’alba, al tramonto, o durante un nubifragio , con la luce che c’è in America, che è diversa dalla luce del cielo in Europa, non so come descriverla. Ne sono rimasto folgorato, e me ne sono innamorato. Da qui ho iniziato a capire meglio la musica del sud degli States, a sentirla, e ho pensato di provare a mescolarla con un approccio più jazz. Questa è l’ispirazione estetica principale.
Nel corso della tua carriera, hai lavorato in stili musicali molto diversi tra loro. Come riesci a mantenere una tua identità musicale pur adattandoti a contesti artistici così vari?
Bene o male il ruolo del basso, nella musica occidentale, è sempre lo stesso: supportare e spingere, sia ritmicamente che armonicamente. Questa visione della musica mi permette di seguire sempre i miei istinti, qualsiasi sia il linguaggio. Certo, devo poter improvvisare un po’, ma difficilmente vengo chiamato per progetti che non includono improvvisazione.
Sei stato scelto per apparire nel DVD didattico di Victor Wooten “Groove Workshop”. Come è stato collaborare con uno dei più grandi bassisti al mondo e cosa hai imparato da quell’esperienza?
Vedere il rapporto che Victor ha con la musica. Mi viene da dire, come Victor dà del “tu” alla musica. Quella è stato veramente la cosa che mi ha segnato, ed ispirato di più. E poi ovviamente vedere il lato umano di un musicista che si stima così tanto, quelle sono sempre esperienze importanti.
Hai anche una lunga esperienza come insegnante alla Collective School of Music di New York. Quanto l’insegnamento ha influenzato il tuo approccio alla musica e come ti rapporti con i giovani musicisti che formi?
Insegnare aiuta moltissimo a dover chiarire bene i concetti nella propria mente, per poterli passare agli alunni. E questo rende il rapporto con la musica più schietto. Ai giovani musicisti cerco di passare la passione de volersi mettere in gioco e migliorare sempre, e che qualsiasi cosa sia difficile, non è più difficile una volta che si riesce a farla.
Tra le tue numerose collaborazioni artistiche, c’è stato un progetto che ti ha particolarmente segnato, magari perché ti ha spinto a esplorare territori musicali che non avevi mai affrontato prima?
Ogni progetto in cui sono stato coinvolto ha fortemente segnato il mio sviluppo artistico. E quando mi sembra di aver esplorato tutte le possibilità al suo interno, mi sposto ad un progetto nuovo. Così non si finisce mai di imparare e di sfidarsi.
La composizione è un aspetto importante del tuo percorso. Quando componi musica per spettacoli di danza o per cortometraggi, come cambia il tuo processo creativo rispetto a quando componi per te stesso o per un album?
In realtà scrivere per la danza è stato fondamentale per sbloccare la mia creatività. Quindi in realtà ho rubato il processo creativo da un mondo sinestetico, in cui si parla non si parla di musica, per creare la base di ispirazione per scrivere. E cerco di tenere lo stesso processo quando scrivi per una band. Mi porta ad uscire dalle mie zone di comfort musicale, e ad esplorare modi diversi di esprimere un concetto, od un’emozione.
Suonare dal vivo in contesti così diversi, dai teatri ai festival, richiede grande versatilità. Qual è stata l’esibizione o il tour che ti ha dato più soddisfazione e perché?
Mi viene molto difficile paragonare concerti ed esperienze fra di loro. Ci sono stati concerti in localini di New York, così come festival con decine di migliaia di persone, che ricordo con grande orgoglio. Ma non posso sinceramente sceglierne uno!
Sei un musicista poliedrico che ha esplorato molteplici generi, dal jazz al blues al rock. Quale di questi stili senti più vicino al tuo cuore e quale, invece, ti sfida maggiormente come artista?
Penso di essere, nel profondo del mio cuore, un jazzista. Questo lo noto nel fatto che in qualsiasi situazione io mi trovi, la cosa che mi fa stare meglio è poter improvvisare. Ciò che mi sfida maggiormente, ultimamente, è imparare musica popolare di altri paesi. Ultimamente ho avuto molto a che fare con musica medio-orientale e nord-africana. Imparare un’altro linguaggio, e riuscire a sentirmi talmente a mio agio da potermi esprimere liberamente con esso, è un’aspetto su cui sto lavorando ora.
Ci sono generi musicali o progetti che non hai ancora esplorato e che ti piacerebbe affrontare? Come immagini la tua evoluzione artistica nei prossimi anni?
Beh, nove mesi fa mi sono messo a studiare contrabbasso, ed ho iniziato a farci i primi concerti in questi giorni. Sono molto curioso di vedere quali porte aprirà nel futuro, e quanto influenzerà il mio modo di scrivere musica!
Grazie Francesco per il tuo tempo e complimenti per tutto!
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