Giada Zacchia è un’artista poliedrica, con un percorso formativo ricco e variegato che va dagli studi classici alla passione per il teatro e la recitazione. In questa intervista ci racconta il suo viaggio alla scoperta delle sue passioni, dagli anni del liceo classico fino all’Accademia di Recitazione di Claudia Gerini. Con la sua innata curiosità e voglia di esplorare, Giada ha saputo reinventarsi, trovando nel teatro, nella dizione e nel canto i suoi strumenti di espressione. Scopriamo di più su di lei e sui progetti artistici a cui sta lavorando.
A cura di Noemi Aloisi
Benvenuta Giada, hai diverse passioni, partiamo dalla tua formazione che ti ha forgiata. Hai frequentato il liceo classico, cosa ti ha lasciato questo percorso?
Il liceo classico prima di tutto, attraverso lo studio delle regole del greco e del latino, poi della filosofia, mi ha insegnato a guardare le cose da prospettive diverse. La tragedia greca, ad esempio, mi ha lasciato la convinzione che la verità ha sempre varie prospettive. Inoltre, mi ha lasciato la scoperta della musicalità delle lingue.
Dopo il liceo ti sei iscritta a lettere classiche, ma poi hai capito che non era la tua strada. Come hai vissuto quel periodo di crisi?
In realtà io amavo, e continuo ad amare, le lingue e la letteratura latina e greca; inoltre avevo scelto quella facoltà perché ero completamente affascinata dalla mia professoressa di latino e greco del liceo, e devo dire che io ho sempre avuto la propensione, già da prima di capire che volevo fare l’attrice, di voler immedesimarmi nelle persone che mi lasciano sensazioni positive!!! Detto questo, i tempi dell’università sono stati anni in cui mi sentivo bloccata, non riuscivo a trovare un vero senso di appartenenza tra me e le cose che facevo e quindi sono rimasta per due anni in questa situazione di stallo; ero demotivata e anche un po’ depressa.
In seguito, hai cambiato facoltà e hai scelto letteratura musica e spettacolo. Sei soddisfatta di questa scelta? Come ti sei avvicinata a questo mondo e cosa ti è piaciuto?
È stato durante questo periodo che il caso ha voluto che incontrassi una vecchia conoscenza che mi ha raccontato di come il teatro l’avesse aiutata a recuperare sé stessa…una sorta di teatro-terapia se così vogliamo dire…e ho detto: proviamo! Ho iniziato a seguire il primo corso a Rieti, presso la scuola di Giovanni Leuratti, e da lì ho capito che quello poteva essere il mio posto felice, il mio porto sicuro. Allora ho deciso di sbloccare anche la situazione università, cambiando facoltà, e la scelta si è rivelata essere quella giusta perché poi in un anno sono riuscita a mettermi in paro con tutti gli esami e a laurearmi.
Con il teatro che genere di spettacoli portavate in scena?
Monologhi o testi presi dalla letteratura teatrale ma anche dalla letteratura moderna e contemporanea.
Dopo aver seguito i corsi di Giovanni Leuratti, hai deciso di fare un salto di qualità e ti sei iscritta all’Acting Academy di Claudia Gerini. Cosa ti è rimasto di questo percorso? Hai avuto modo di conoscere Claudia Gerini e lavorare anche con lei a livello formativo?
I due anni di accademia mi hanno insegnato tante cose soprattutto per quanto riguarda la dizione, la respirazione e il controllo della voce in generale. Abbiamo avuto dei docenti molto bravi e preparati e anche Claudia Gerini ci ha fatto delle lezioni sui tempi comici cinematografici. È stata una bellissima esperienza. Inoltre, ho avuto modo di scoprire le piccole ma grandi differenze che ci sono tra la recitazione teatrale e quella cinematografica. Perché è vero che adesso anche in teatro si tende ad avere un approccio naturale e spontaneo ma è comunque diverso dal cinema. Per esempio, un gesto che a teatro potremmo fare tranquillamente senza risultare troppo eccessivi al cinema difficilmente potremmo proporlo e risultare allo stesso tempo naturali e veri.
Hai studiato anche dizione, è stato semplice avvicinarsi a questa disciplina?
La dizione è la mia passione. Un mondo per me nuovo che mi ha fatto riscoprire i veri suoni della nostra lingua. Lo trovo un gioco prima di tutto, molto divertente. ecco sì mi diverto e mi sono divertita a studiarla… ma questa parola come si dice? con questo accento??? ma nooo….
Da poco studi anche canto, cosa ti ha portato a farlo?
Il canto l’ho sempre amato. Da bambina alla domanda cosa vuoi fare da grande rispondevo: la cantante! Poi con il tempo ho messo da parte questa passione e l’ho riscoperta proprio in accademia dove facevamo lezioni di canto. Ho deciso di proseguire poi privatamente più per un discorso legato alla scoperta della mia voce. Ecco il suono per me è tutto. Il suono e la musicalità della parola e della voce.
Attualmente collabori con la compagnia 33OC e con Emanuele D’Agapiti. Che genere di lavori mettete in scena?
Con la compagnia 33OC portiamo in scena testi scritti principalmente dai registi della compagnia, Pino Grossi e Bernardetta Lucchetti, e l’anno scorso, per la prima volta, anche una commedia in dialetto scritta da Maria Petrucci (scultrice e pittrice di Toffia). È stata un’esperienza nuova sia per i registi che per me, che non mi ero mai cimentata nei testi dialettali. Anche in questo caso abbiamo scoperto una nuova musicalità e anche una gestualità diversa che si adatta ai diversi suoni… è stato uno spasso!!!
Il primo lavoro fatto con Emanuele D’Agapiti è stato ” La partita a carte” di T. Bernhard, un testo che per noi ha rappresentato una vera sfida anche per quanto riguardava la messa in scena e poi testi poetici in cui spesso a fine spettacolo si aprono conversazioni e confronti con il pubblico presente.
In questo periodo stai preparando qualcosa in particolare di cui ci vuoi parlare?
Attualmente insieme a Stefania Gangemi, counselor, stiamo scrivendo il nostro primo spettacolo. Alla base c’è l’idea, come diceva spesso Carmelo Bene, che nessuno è padre a nessuno; quindi, non è assolutamente uno spettacolo che vuole insegnare qualcosa. È una presa di coscienza su quanto le nostre idee siano autentiche o influenzate da fattori esterni e anche sul bisogno del riconoscimento dell’altro nel quale alla fine cerchiamo di rispecchiarci. Tutto questo senza condirlo di troppa pesantezza perché in fondo la recitazione è un gioco che non si capisce, così come la vita.

Grazie Giada per il tempo che ci hai dedicato ed un grosso in bocca al lupo per i tuoi progetti futuri
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