Giorgio Cantarini: Dalla magia del set de “La Vita è Bella” ai progetti internazionali tra Roma e New York

Giorgio Cantarini si racconta con autenticità e passione. Un’intervista che ripercorre le tappe salienti della sua carriera, i sogni realizzati e quelli ancora in costruzione. Con uno sguardo curioso verso il futuro e un amore profondo per l’arte in tutte le sue forme.

Introduzione a cura di Salvatore Cucinotta
Intervista a cura di Noemi Aloisi


Benvenuto su Che! Intervista, Giorgio. Sei un attore da sempre, il tuo debutto infatti risale a quando avevi solo 5 anni come Giosuè nel film ‘La Vita è Bella’ di Roberto Benigni. Ricordi qualcosa di questo lavoro?
Avevo solo cinque anni, quindi la verità è che i ricordi non sono nitidi. Col tempo, quello che conservo si è un pò mescolato tra la mia memoria, i racconti della mia famiglia e le cose che ho ripetuto in varie interviste. A volte mi chiedo se alcuni momenti li ricordo davvero o se li ho immaginati, sognati, ricostruiti. È come se fosse tutto sospeso tra sogno e realtà, un ricordo che cambia con me, con il tempo. Rimane però una sensazione molto forte di qualcosa di bello, di importante, anche se sfumato.

Dopo esserti concentrato sullo studio, hai fatto varie apparizioni televisive su RAI e Mediaset, e nel 2015 hai partecipato a ‘Ballando con le Stelle’ su Rai 1. Parlaci di questa esperienza, ti piace la danza?
“Ballando” è stato un bellissimo viaggio, molto intenso. Non ero mai stato così immerso nella danza e all’inizio è stata una vera sfida. Ma è proprio mettendosi alla prova che si cresce. Ho scoperto un linguaggio nuovo, ho imparato a comunicare senza parole, e ho anche incontrato persone fantastiche. È un’esperienza che ricordo con affetto.

Hai lavorato anche a teatro, in particolare dirigendo, producendo e interpretando il dramma di Harold Pinter ‘The Dumb Waiter’. Come ti trovi a lavorare in un contesto teatrale?
Il teatro è verità, presenza, ascolto. In ‘The Dumb Waiter’ ho voluto sperimentare non solo come attore, ma anche come regista e produttore. È stato faticoso ma profondamente stimolante. Il pubblico a pochi metri cambia tutto: ti costringe ad essere sincero, ogni sera, ogni volta. Il teatro è il luogo dove l’attore si mette completamente a nudo.

Nel 2022 sei nel cast del film ‘Comandante’ con Pierfrancesco Favino, un film molto apprezzato. Come è stato dare il tuo contributo a quest’opera?
“Comandante” è stato un progetto importante, per la sua potenza narrativa e il contesto storico. Lavorare con Pierfrancesco è stato un onore, è un attore immenso. Ma è stata anche la mia prima volta con Edoardo De Angelis, un regista che ho ammirato moltissimo. Il suo modo di dirigere, il suo uso della macchina da presa, la capacità di portare la propria visione fino in fondo con coraggio e immaginazione… mi ha colpito molto. Sul set è un vero padrone di casa, e ti fa sentire parte di qualcosa di grande.

‘La Venere di Milo’ è un cortometraggio del 2023, scritto, diretto e interpretato da te. Parlaci di questo progetto.
È un progetto molto personale, nato dal desiderio di raccontare il tema della fragilità e dell’identità in modo simbolico. Mi interessava lavorare su un’immagine — quella della Venere spezzata — e usarla come metafora. Scrivere, dirigere e recitare è stato complesso, ma anche estremamente liberatorio. È un progetto in cui ho potuto mettere dentro tanto di me.

Uno dei lavori più recenti è ‘Backslider’ diretto da Kitsann Means, girato tra l’Oregon e l’Italia. In che lingua avete girato il film e quale era il tuo personaggio?
Abbiamo girato sia in inglese che in italiano, cercando di mantenere la verità delle situazioni e dei personaggi. Il mio ruolo era quello di un ragazzo tormentato da un passato irrisolto, alla ricerca di redenzione. Un personaggio intenso, che mi ha permesso di esplorare emozioni profonde e anche una dimensione internazionale del lavoro che mi affascina sempre.

Vivi tra Roma e New York, due città importanti e molto belle, quali aspetti preferisci dell’una e dell’altra? Hai una preferenza?
Roma è casa, è cuore, è lentezza e bellezza antica. New York è energia, movimento, infinite possibilità. Non so scegliere: Roma mi calma, mi riconnette alle radici; New York mi stimola, mi provoca, mi fa crescere. Entrambe fanno parte del mio equilibrio.

Ci sono dei film che ti hanno fatto appassionare al cinema?
Ce ne sono tanti, ma il primo che mi viene in mente è Il Laureato di Mike Nichols, con Dustin Hoffman — che è anche il mio attore preferito. Poi ci sono quei film che potrei rivedere all’infinito: V per Vendetta, The Truman Show, Pulp Fiction, Il Padrino. Sono film che mi hanno segnato, ognuno a suo modo.

Come ti trovi sul set, è vero che si ci diverte anche?
Sì, si lavora tanto, ci sono giornate faticose, ma il set è anche uno spazio di gioco, di scambio. Quando c’è una buona squadra, ci si diverte davvero. Per me stare sul set è un po’ come tornare bambino, in senso buono: c’è sempre qualcosa di magico nel raccontare storie. E spesso sul set sic rea una piccola famiglia che poi si disgrega ma ti permette di incontare sempre persone nuove.

Al momento ti stai concentrando su qualche nuovo progetto che ci vuoi anticipare?
Sto portando avanti un progetto teatrale che ho già fatto nel 2023 e che continueremo anche nei prossimi mesi, anche se non abbiamo ancora le date definitive. Oltre a questo, aspetto l’uscita di Backslider. In questo momento sto anche dedicando più tempo alla formazione e alle mie passioni, come la cucina — in particolare i lievitati. È qualcosa che mi rilassa e mi dà molta soddisfazione. In futuro mi piacerebbe trovare un modo per unire questa passione al mio lavoro: magari creare un progetto che mescoli teatro e cucina, o aprire un’attività dove queste due anime possano incontrarsi.

Grazie Giorgio! Complimenti per la tua carriera artistica!

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