Giuliana Mauro, 25 anni, è una giovane clarinettista che ha saputo trasformare la sua passione per la musica in un percorso ricco di esperienze artistiche e sociali. Cresciuta nel quartiere di Scampia, ha frequentato il prestigioso Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli, ottenendo il diploma accademico di II livello in Clarinetto. Giuliana ha già collaborato con orchestre e ensemble di fama, viaggiando per il mondo in progetti musicali. Con una forte passione per l’insegnamento e l’organizzazione di eventi, il suo cammino la porterà presto a Milano, dove inizierà un nuovo capitolo presso l’Accademia Scala. In questa intervista, scopriamo il suo legame con la musica, le sfide affrontate e i sogni per il futuro.
Giuliana, benvenuta! La tua storia comincia a Scampia, un quartiere spesso rappresentato in modo negativo, ma che invece ora è divenuta una cornice ricca di opportunità. Come ha influenzato la tua crescita artistica e personale vivere e formarti in questo contesto?
Essere un bambino che nasce in contesti simili, con tanta fame di crescere e imparare sicuramente non è facile; parlo di contesti al plurale perché come Scampia ci sono tantissimi quartieri “fragili” e che a modo loro hanno saputo evolversi.
Apprezzo il mio quartiere, Scampia è stato il mio punto di partenza ed è anche grazie agli operatori, insegnanti e collaboratori che già agivano sul territorio che io ho scoperto quella che oggi è più di una passione.
Hai conseguito il diploma accademico di II livello in clarinetto al Conservatorio San Pietro a Majella. Cosa ha significato per te questo traguardo e quali sono stati i momenti più intensi della tua formazione?
Sono legatissima a questa fetta della mia vita, è stato un banco di prova a tutti gli effetti e mi ha messo davanti a difficoltà non solo accademiche ma anche profonde e personali. Chi vive a 360° un percorso di studi è diverso da chi lo frequenta, respirare a tutto tondo quella realtà per 5 anni è un duro lavoro, anche introspettivo ma che spesso ti lascia un bel senso di gratificazione.
Se dovessi scegliere i momenti più intensi del mio percorso di formazione, sceglierei i giorni precedenti e quelli successivi alla mia laurea di I livello, una quiete prima della tempesta al rovescio.
Hai avuto l’opportunità di suonare in vari ensemble, orchestre e gruppi cameristici, sia in Italia che all’estero. C’è un’esperienza in particolare che ti ha segnata come musicista e come persona?
Ricordarne una è riduttivo, il mio sogno era viaggiare in Argentina e aver avuto la possibilità anche di suonarci è stata un’esperienza indimenticabile e per la quale ringrazierò sempre il gruppo della Scalzabanda. Dovendone indicare una su tutte, l’esperienza a Cuba mi ha segnata in maniera indelebile, il senso di comunità e solidarietà sono stati uno scossone per la nostra routine.
L’insegnamento occupa una parte importante della tua vita. Come riesci a trasmettere la tua passione per la musica ai bambini e ai ragazzi che segui? Cosa ti ha spinto a dedicarti all’avviamento alla pratica strumentale?
Ciò che inizialmente mi ha spinto a dedicarmi all’insegnamento è stato il desiderio di un indipendenza un po’ più importante, poi l’affetto verso la classe e la sinergia che si crea lo rende un mestiere tanto bello e stimolante. Trasmettere la passione per la musica per me è un atto di responsabilizzazione e fiducia fondamentale tra maestro e allievo.
Oltre a essere una clarinettista, ti sei appassionata al coordinamento di eventi e all’organizzazione di attività musicali. In che modo queste competenze ti hanno arricchito e come riesci a conciliare l’insegnamento con questo lato più gestionale?
Pianificazione e controllo del progetto sono le competenze che ho assimilato di più grazie alla pregressa esperienza in associazione, associarle al proprio quotidiano e ad una attività personale è stata un’ottima palestra per la gestione di un vero e proprio evento dal vivo.
Coordinare le due mansioni è come vestire i panni di un attore che produce i suoi stessi film, impegnativo ma allo stesso tempo esaltante.
Hai collaborato a progetti che mirano a valorizzare i beni culturali come strumento di crescita sociale. Quanto credi che la musica possa davvero fare la differenza in contesti difficili, come quello da cui provieni?
Ci credo tanto, vedo i progressi di tantissime realtà sul territorio ed è ammirabile come siano riuscite a crescere e valorizzare ciò che prima era solo un granello di sabbia nel mare.
Far parte di una comunità che crede in ciò che fa e utilizza il mezzo musicale è una fortuna.
Adesso ti prepari per un nuovo capitolo della tua vita presso l’Accademia Scala di Milano. Come ti senti all’inizio di questa nuova avventura e cosa ti aspetti di imparare da questa esperienza?
Sono emozionata, sapere che Milano mi abbia dato fiducia non fa altro che riempirmi di gioia e sensazioni positive. La preoccupazione c’è, è un capitolo completamente nuovo però mi aspetto di imparare tanto e di ricevere gli strumenti necessari per diventare un giorno direttore di scena, motivo per il quale sarò alla Scala.
Il teatro è un luogo che, come hai detto, ti ha sempre fatto sentire a tuo agio. Cosa significa per te unire musica e teatro, e quali sono i progetti che sogni di realizzare in questo contesto?
Unire musica e teatro per me significa poter associare la mia preparazione accademica e musicale a questo nuovo percorso, un domani potrei pensare di svolgere il mio lavoro in maniera trasversale e creare una quanto più perfetta comunanza di intenti tra l’area tecnica e quella artistica.
C’è una sfida particolare che non hai ancora affrontato e che vorresti superare?
La sfida più grande adesso è affrontare il distacco dalle mie saporite abitudini alimentari, che da buona napoletana sono profondamente radicate e difficili da sostituire.
Infine, se dovessi dare un consiglio ai giovani musicisti che, come te, partono da realtà complesse e vogliono fare della musica la loro vita, quale sarebbe?
Spesso l’ambiente che frequentiamo e le condizioni alle quali dobbiamo adattarci ci portano a desistere da tanti desideri. A chi parte e vive da queste realtà consiglio di non mollare la presa e anche se le possibilità sembrano limitate, insistete.
Noi siamo l’asset primo del nostro progetto di vita e impegnare il nostro tempo e denaro in noi stessi è l’investimento più importante che possiamo concederci.
Grazie Giuliana per questa intervista e tienici aggiornati!
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