Grazia Sinagra, soprano di talento e intensità espressiva, ha conquistato numerosi riconoscimenti e si è esibita su prestigiosi palcoscenici in Italia e all’estero. La sua carriera è segnata da successi in concorsi internazionali e interpretazioni di ruoli iconici sia nel repertorio operistico che sacro.
Grazia è conosciuta non solo per la sua voce straordinaria ma anche per la profondità interpretativa con cui avvicina ogni opera. In questa intervista, esploriamo le sue esperienze, i momenti salienti della sua carriera e le ispirazioni che la guidano nel mondo della lirica.
Benvenuta, Grazia! È un piacere averti con noi. Come hai scoperto la tua passione per il canto lirico, e cosa ti ha spinta a intraprendere questa carriera?
Grazie per l’invito, è davvero un piacere! La mia passione per il canto non ha un momento di nascita ben preciso. Favorevole certamente il fatto di essere figlia di due amanti della buona musica, papà batterista per passione e mamma ascoltatrice incallita ed ex speaker radiofonica, pertanto nata in una famiglia dove si ascoltava musica di ogni genere, e tutto quello che ascoltavo…lo cantavo! Da piccolissima mi avvicinavo ad ogni genere, pop, jazz, rock, swing, bossa nova… (a soli 2 anni canticchiavo Every Breath you take dei Police o Nothing Compares 2 U di Sinead O’Connor… dovevo essere abbastanza comica! ) per me l’importante era cantare, poiché col canto avevo trovato il miglior modo per esprimermi, mentre per la lirica, ci è voluto un po’ più di tempo, ma secondo me solo perché non la conoscevo. Un ruolo fondamentale sicuramente l’ha avuto l’attività corale iniziata sin dai cori delle voci bianche insieme allo studio del pianoforte: ogni passo successivo è venuto quasi naturalmente, accompagnato da tanto studio e dedizione.
Se dovessi individuare un momento chiave, direi che è avvenuto durante i primi anni di conservatorio: andai a vedere Madama Butterfly e ricordo che con gli occhi pieni di commozione, pensai “Questo è ciò che voglio fare un giorno”. Già studiavo canto lirico ma fu un istante di rivelazione che accese in me ancor di più il desiderio di esplorare tutta la bellezza che l’opera può offrire.
Hai studiato con alcuni dei migliori maestri in Italia. Qual è stata l’importanza di queste figure nella tua formazione e come hanno influenzato il tuo stile interpretativo?
Tutti i maestri che ho incontrato lungo il mio cammino credo siano stati fondamentali, non solo dal punto di vista tecnico, ma anche per l’approccio interpretativo ed emotivo. Ognuno di loro ha contribuito a formare la persona, innanzitutto , e l’artista che sono oggi, nel bene e nel male. Alcuni hanno saputo riconoscere il mio potenziale insegnandomi che aspetti fondamentali sono la disciplina allo studio e la determinazione, per affrontare questo viaggio non sempre facile, ma soprattutto a non distogliere mai lo sguardo dall’obiettivo.
Ho avuto, ed ho tutt’oggi, il privilegio di preparare i miei ruoli con grandi esperti, che con la loro esperienza mi hanno arricchito di suggerimenti e consigli non solo tecnici, rispettando la tradizione, insegnandomi a cercare sempre l’autenticità in ogni interpretazione, ma anche a non temere di aggiungere un tocco personale , rendendo ogni personaggio “vivo” ma soprattutto “mio”.
La tua carriera ti ha portata a calcare palcoscenici come la Basilica di San Pietro e il Duomo di Siena. Quale di queste esibizioni ha un significato speciale per te e perché?
Ho iniziato la mia attività con moltissima musica sacra… Questi sono luoghi avvolti da un’aura straordinaria, ma poter cantare nella Basilica di San Pietro è stato davvero emozionante: era una delle mie prime esperienze, avevo poco più di 16 anni, sentivo di essere parte di qualcosa di molto più grande di me, certamente è un’esperienza che porterò nel cuore.
Sei stata ammessa al Mascagni Opera Studio per interpretare “Iris” e hai frequentato corsi di alta specializzazione al Teatro Comunale di Bologna. Cosa ricordi di questi anni di intensa formazione?
Gli anni di formazione sono stati intensi, pieni di sfide ma anche di crescita che hanno segnato profondamente il mio percorso, soprattutto quando da Palermo viaggiavo per andare a studiare privatamente a Milano. Nel 2017 sono stata ammessa alla Mascagni Opera Studio del Teatro Goldoni di Livorno, dove ho avuto il privilegio di studiare un ruolo tanto intenso e complesso come quello di Iris di Mascagni. Ringrazio ancor oggi il Maestro Paloscia, che ha creduto in me e mi ha offerto questa opportunità unica. Era un’esperienza così appassionante che avrei potuto passare intere giornate in teatro senza mai sentire la stanchezza.
Il Teatro Comunale di Bologna possiamo dire sia stato il palcoscenico della mia nascita come professionista, immergendomi in un ambiente di altissimo livello. Sono stata ammessa per il biennio alla Scuola dell’Opera e lì è un luogo dove il tempo assume un altro valore: bisogna studiare instancabilmente e farsi trovare pronti in ogni momento. Ho adorato quegli anni, è stata una palestra perfetta, passavo giornate intere tra Scuola e Teatro, studio, concerti, audizioni e produzioni senza avvertirne la fatica, in una città come Bologna che accoglie sempre tutti; è stato un periodo intenso, ricco di soddisfazioni, ma soprattutto di incontri importanti che hanno segnato una svolta nella mia carriera. Sarò sempre grata.
Hai vinto numerosi premi e ottenuto riconoscimenti importanti, come il Primo Premio Assoluto al Concorso Tebaldi Legend di Parma. Quale pensi sia stato il momento che ha segnato una svolta nella tua carriera?
Ricevere il Premio Tebaldi 100 è stato un momento di grande gioia. Non solo per l’onore di essere riconosciuta con un premio che celebra un’Artista immortale, ma soprattutto per il messaggio che ha trasmesso a me stessa: con dedizione, pazienza e costanza i risultati si concretizzano. Sentire il mio nome è stata un’emozione indescrivibile.
In questa carriera non esiste un vero e proprio traguardo, ma piuttosto siamo davanti a una continua costruzione, giorno dopo giorno. Quest’estate mi è stata offerta l’opportunità di interpretare il ruolo di Liù nella Turandot. Sebbene fosse una copertura in una produzione con generale aperta al pubblico, per me ha avuto un significato profondo, è stata una tappa fondamentale, che mi ha dato visibilità e ha attirato l’attenzione di professionisti del settore e agenzie. Un’occasione che ha segnato una svolta importante nel mio percorso, dimostrando che ogni passo, anche se piccolo, contribuisce alla crescita e al riconoscimento del mio cammino artistico.
Interpreti un repertorio sia sacro che operistico, con ruoli impegnativi come Mimì in “La Bohème” e la Contessa Almaviva nelle “Nozze di Figaro”. Come affronti la preparazione di personaggi così complessi e diversi tra loro?
La base di preparazione di ogni personaggio parte sempre dallo studio approfondito del libretto, delle fonti primarie, per poi passare alla parte musicale, da lì cerco di immergermi nel contesto storico e psicologico del personaggio, cercando di analizzare il suo mondo interiore: ogni cosa, ogni gesto deve essere motivato.
Con Puccini personalmente, ad oggi, ho un aspetto in più col quale fare i conti, ed è quello di non commuovermi! E’ inevitabile con Liù, Mimì o Butterfly… solitamente sono una persona molto passionale ed è una sensazione di benessere per me senza limiti poter dare tutto quello che provo al pubblico con tutta me stessa.
Nel 2024 hai interpretato Cio Cio San per il centenario della morte di Puccini. Quale è stato il tuo approccio a un ruolo così iconico e quali emozioni hai provato celebrandolo in questo contesto?
Quest’anno ho avuto la possibilità di avvicinarmi a Cio Cio San, uno dei ruoli del cuore. Il mio approccio è avvenuto in punta di piedi con grande rispetto e cautela, consapevole della sua profondità e complessità. Il mio obiettivo è rappresentare la sua umanità nella maniera più autentica possibile, evitando ogni tipo di stereotipo. Mi emoziona sempre poter celebrare Puccini, il genio di un compositore che ha lasciato un segno indelebile nella storia dell’opera e che ci rappresenta nel mondo con orgoglio, insieme a Verdi e tanti altri compositori italiani.
Hai collaborato con registi di grande calibro e partecipato a prime mondiali. Quali sono le sfide che incontri nel lavorare su nuove opere rispetto al repertorio classico?
Le nuove opere rappresentano una sfida unica, impegnativa ma tanto affascinante: spesso mancano di riferimenti interpretativi consolidati e il lavoro è un’esplorazione con compositore e regista. talvolta è stato un privilegio avere dei compositori che hanno riadattato la parte musicale per mettere in risalto le mie caratteristiche vocali, un po’ come si faceva un tempo! Al contrario nell’opera di repertorio ci sono dei riferimenti sia di tradizione, ma soprattutto quelli che i nostri amati compositori del passato hanno scritto, senza tralasciare nulla, diciamo che a parte lo stile interpretativo personale, c’è poco da aggiungere.
La tua carriera ti porta in giro per il mondo. Come riesci a conciliare gli impegni professionali con la tua vita personale e la preparazione continua?
Non è sempre stato facile conciliare gli impegni professionali con la vita personale, soprattutto quando si tratta di non poter essere presenti a eventi familiari importanti. Chi mi conosce sa quanto io sia tech e per fortuna le distanze in qualche modo si annullano! Tuttavia, credo sia fondamentale trovare un equilibrio. Mio marito, Vincenzo, baritono, viaggia tantissimo e si esibisce in tutto il mondo, e quasi ogni settimana cerchiamo di organizzare al meglio i nostri spostamenti per riuscire a raggiungerci ogni volta che possiamo. Insieme siamo una squadra: studiamo, ci supportiamo e siamo i più grandi fan l’uno dell’altro.
Infine, cosa speri che il pubblico possa cogliere e apprezzare nelle tue interpretazioni? Qual è il messaggio che cerchi di trasmettere attraverso la tua arte?
Per me il canto resta un mezzo per raccontare storie ed emozioni universali: ciò che desidero fortemente è che il pubblico percepisca l’autenticità di ciò che provo a portare sulla scena. Ogni gesto, nota e singola frase, è pensata per trasmettere qualcosa di autentico, per creare un filo tra me e chi mi ascolta. Spero sempre che il pubblico possa trovare una piccola parte di sé nei personaggi e delle loro emozioni sulla scena. Se ciò che ho condiviso dovesse ispirare anche una sola persona sento di aver fatto il mio lavoro: l’intento è quello di donare un’emozione così profonda che, anche dopo il calar del sipario, continui a risuonare nel cuore dello spettatore.
Complimenti per il tuo lavoro, un grosso in bocca al lupo per i tuoi progetti futuri
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