Henry Ariemma, nato a Los Angeles nel 1971 e residente a Roma, è un poeta capace di esplorare le profondità dell’animo umano attraverso le sue opere. I suoi componimenti hanno trovato spazio su riviste letterarie e litblog specializzati, mentre le sue raccolte, pubblicate da prestigiose case editrici, testimoniano un percorso poetico ricco di evoluzioni e sfumature. Con la sua pubblicazione, Dodici cammini cosmici (2023), Ariemma consolida il suo ruolo nel panorama letterario contemporaneo.
in collaborazione con Patrizia Baglione
Benvenuto, Henry. È un piacere averti qui. Come stai e come ti senti a condividere il tuo percorso artistico con noi oggi?
Eccomi. Grazie per l’accoglienza. Sto bene ora con voi in questo serio e bello spazio d’opportunità di espressione.
La tua biografia è affascinante: nato a Los Angeles e ora residente a Roma. Come ha influenzato il tuo trasferimento in Italia la tua scrittura e la tua visione del mondo?
Totalmente. L’appropriarmi (tentare) di una lingua di per sé poetica come quella italiana (checché la si usi male e maltratti!) mi ha portato a difenderla e ad essere attento ad ogni ricerca di parola e suono. La visione ‘a fuori’ ha permesso una fascinazione per la poesia come se questa fosse un crescendo, un affastellarsi a visibilio in canto di parole già di per sé poetiche con visione di un mondo sconosciuto agli altri di più selvaggi lidi, al crudo sentire di terre ampie e desolate che creano libertà e solitudini invece di queste nostre a poco spazio tra Appennini e dolci colline che accolgono al caldo abbraccio di persone e di un presto mare.
I tuoi componimenti sono apparsi su molte riviste e litblog specializzati. Cosa significa per te il riconoscimento da parte della critica e del pubblico?
Di essere sulla strada giusta. Di accomunare il mio sentire ai più. Di mettere alla prova ‘il come si scrive’ e ‘il cosa si dice’
Il titolo Un gallone di kerosene è molto evocativo. Cosa rappresenta per te questa raccolta, e qual è il suo messaggio principale?
È una raccolta centrale nel mio cammino di espressività alla ricerca di un canto di amicizia che permei l’altro (noi) nell’eticità unica e possibile che possa far scaturire e mantenere una ri-strutturazione della realtà o post-realtà che si vuole sempre e contrariamente più schermata come di lontananza ad uno scambio.
Con Dodici cammini cosmici, sembri voler esplorare un tema universale. Cosa ti ha ispirato a scrivere questa raccolta e come si inserisce nel tuo percorso poetico?
È il sentirci parte di un unicum con il tutto. Di intuire un amore che ci superi a noi stessi e di una pura amicizia alla nostra materialità. È il sentire il nostro percorso di vita, ‘cammini’ facenti parte di un archetipo di superamento su noi stessi senza il giudizio di valore, non lo sguardo severo dell’altro (e nostro) ma di destino.
La tua produzione poetica si caratterizza per una forte componente simbolica. Da dove nasce
questo approccio, e come riesci a bilanciare l’introspezione personale con il linguaggio universale? Il simbolismo è la fine di una strada di attenzione alla parola. Un distillare a seccare la goccia di significati.
L’introspezione personale come crudo accesso al dolore e agli inferi di sé stessi è dove c’è lo specchio mai ribaltato dei nostri errori e mancanze di una vita che se ne è andata (una prima volta vivendola o meno e una seconda a rimembrarla) ed è di per sé l’eco di un sentire dei molti o tanti che si può redimere scrivendo a sé stessi per primi e a dimenticare poi come utile per gli altri (spero).
Hai collaborato con diverse case editrici italiane e internazionali. Quanto è importante per un poeta trovare il giusto editore e quali criteri segui nella scelta dei tuoi partner editoriali?
Trovare il giusto editore è scrivere bene una seconda volta. È decisivo al proprio percorso. I criteri per la scelta si basano sull’analisi delle collane di riferimento, a quante pubblicazioni si fanno (in un anno) che sono indicatori di prestigio a selezione dei testi. Un altro punto che considero è quello che non si stravolga la poetica per accomodamento o capricci espressivi e tipografici.
La poesia contemporanea è spesso vista come un genere di nicchia. Qual è, secondo te, il ruolo della poesia oggi, e come si può avvicinare un pubblico più ampio?
Ho paura che il fenomeno sia già in atto e credo sia di nicchia solo per gli editori super prestigiosi che pubblicano pochi titoli l’anno o che alle collane prestigiose affiancano collane diciamo più numerose. Dicevo all’inizio che già ci sono editori che fanno una selezione impietosa (di due o tre su mille) e che sono considerati di riferimento nel panorama poetico italiano ma che puntano essenzialmente a una poesia ingenua e colloquiale che sinceramente è paralizzante, agghiacciante come criterio personale di questo appiattirsi verso il basso e verso orizzontalità più proficue (e giuste di mercato). D’altro canto credo che la poesia come in altri ambiti effettui di per sé una scrematura ai suoi fruitori ed autori e non potrebbe essere altrimenti. Possiamo dirci tutti poeti? Non credo e anche chi lo è realmente neanche ci crede. Possiamo dirci tutti attenti alla poesia? Sì certamente. Il mondo è pieno e trasuda poesia, basta vederla.
Tra le tue opere ci sono raccolte come Aruspice nelle viscere e Arimane. Come sono nati questi progetti e quali tematiche esplorano? Il progetto è alla base di una malinconia che ancora osserva la propria solitudine in una quotidianità che ruba tanto tempo alle piccole cose, ai gesti e affetti e consola con una natura soverchiante e significativa che parla parole troppo umane. È la bellezza e tristezza di un albero o lo sguardo di un cane che legge l’anima fino a quando questa consolazione malinconica cede il passo alla discesa nei propri inferni, Arimanici fatti Sartrianamente di altri che incatenano nel basso a non poter fuggire se non attraversando tutto il loro male a modo che un giorno il nostro perdono e salvezza sia la Loro di salvezza.
Quali sono i tuoi prossimi progetti? Hai già in mente nuove raccolte o altri formati espressivi che vorresti esplorare?
Sì, ho un nuovo progetto nella testa e cuore. Diciamo che deve viversi dentro. Aspetto che maturi alle parole e al giusto sentire. Il formato espressivo è quello di sostituire ai lirismi anche inconsapevoli un raggiunto ed anche da esplorare linguaggio di disincanto o meglio in spagnolo di desengano, come trasposizione dei più asciutti ruderi di devastazioni ora normalizzati.
Grazie Henry per il tuo tempo e complimenti per tutto!
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