Dalla cucina d’eccellenza al mondo editoriale, passando per le piste di pattinaggio e le corsie d’ospedale: Federica Guglielmino, classe 2001, catanese, è una giovane donna che ha trasformato le difficoltà in una narrazione potente, intima e autentica. Il suo libro autobiografico “Tempo e sapere: Impronte” è il frutto di un percorso segnato da grandi sogni e da altrettanto grandi ostacoli. L’intervista che segue vuole esplorare i tanti volti del suo vissuto, le sue passioni, le sue battaglie e la forza che oggi la porta a raccontarsi agli altri.
a cura della redazione
Federica, benvenuta su Che! Intervista e grazie per aver accettato di condividere con noi la tua storia. Partiamo dall’inizio: chi era la Federica bambina e quali erano i suoi primi sogni?
Ciao a tutti voi e grazie per questa bellissima esperienza propostami, sono grata della possibilità ricevuta e spero di coinvolgervi al massimo. Credo che se riuscissi a rivedere la me bambina, le direi è già riuscita, in parte, a toccare con mano quel cielo che immaginava lontano ed infinito.
La piccola Federica-io- ha sempre armeggiato con la sua nonna ai fornelli, sin da bambina e con il suo papà al banco del pesce ed a casa giocava con mamma mentre cucinava quando possibile.La cucina è insita nel suo piccolo essere e nel suo mondo e credo che se il suo è rimasto immutato nel tempo è perché le radici sono sempre state solide e curate con amore da mani sapienti, esperienti ma soprattutto tanto familiari.
Il sogno d’avere un luogo interamente mio, dove poter accogliere chi vuole trovare ristoro per il cuore e per l’anima -perchè questa è la concezione di cucina per me- rimane ancora incompiuto ma non eccessivamente lontano ed impossibile.
Hai scelto un percorso enogastronomico che ti ha portata in cucine stellate e persino a gestire intere brigate. Cosa rappresentava per te la cucina, e cosa ti ha insegnato quel mondo?
La possibilità di conoscere l’alta cucina ma anche la cucina dei piccoli paesi, ha accresciuto in me, la voglia di sapere e di conoscere sempre di più nuovi mondi e nuovi accostamenti fra cibo e anima. La mia prima gestione di brigata è stata emozionante e mi ha permesso di conoscere me stessa, i miei limiti e puntare su quelli per essere una persona ancora migliore per chi doveva seguirmi e muoversi secondo i miei tempi.
Ho gestito partite singole all’interno di brigate,ho sviluppato la capacità di problem solving per essere al momento giusto, dove occorreva essere. Ho accresciuto la responsabilità nei confronti del tempo ma soprattutto ciò che mi ha permesso di avere è sempre stata una ferma lucidità di posizione e di mansione, indipendentemente dall’essere una ragazza in cucina, poiché spesso, l’uomo tende a vederci fragili in un ruolo così duro e di pugno fermo, eppure quando entravo, mi chiamavano tutti sempre “Chef” per la fermezza con cui mettevo piede in cucina, senza timore della fatica,con rispetto del ruolo, dei colleghi e soprattutto di me stessa.
Il tuo legame con lo sport è altrettanto forte: sei stata una campionessa di pattinaggio artistico a rotelle. Quanto ha influito questa disciplina nella tua formazione personale e professionale?
Si dice sempre che lo sport sia un tassello importante nello sviluppo psico-emotivo di un individuo. Io ho iniziato il mio viaggio sportivo per gioco, avevo due anni e mezzo quando per la prima volta ho indossato i miei pattini. Sono sorella di un’ex pattinatrice e grazie a lei ho scoperto questo mondo,nel quale sono rimasta a seguito per circa 15 anni. Mi ha cresciuto con la consapevolezza sana della competizione e delle vittorie con i suoi altrettanti fallimenti, ed è innegabile che crescendo, si capisce quanto il tutto possa collimare a pieno con la vita stessa. Se il tuo modo di vivere lo sport è sano, anche il tuo modo di affrontare la tua vita futura risulterà altrettanto sana. Nella cucina soprattutto si vive di competizioni e saperle gestire al meglio, senza eccessivi malesseri interiori, nel massimo rispetto reciproco, anticipando anche il pensiero di un possibile fallimento ..è già una vittoria… anche se, per indole,si pensa sempre che si va per vincere e per ottenere buoni risultati!
Nel 2015 un primo ostacolo ti allontana dallo sport per motivi di salute, ma nel 2020 le difficoltà diventano ancora più dure. Cosa è successo in quegli anni e come hai vissuto questo cambiamento forzato di rotta?
Si,a livello agonistico esco di scena quell’anno e devo dire che non è stato facile accettarlo, dopo tanti anni, infatti negli anni successivi,ho acquisito il brevetto per poter insegnare ai più piccoli e poter rimanere comunque “legata” a quella parte di mondo che era, il mio. Nonostante il fermo sportivo, continuavo ovviamente il percorso di studi e quando si presentavano occasioni lavorative, non mi tiravo mai indietro, per cui la mente non era mai ferma. Successivamente al diploma, parte finalmente il tanto atteso lancio nel mondo del lavoro e posso dire che la posizione per la quale ero stata assunta, mi ripagava dei tanti sacrifici di tutti gli anni precedenti e di tutte le rinunce fatte in giovane età per coltivare il sogno di arrivare ad alti livelli. Purtroppo, come avete detto, le difficoltà diventarono più ardue di quelle fino a quel momento affrontate e, quello che sembrava un piccolo inconveniente che si sarebbe risolto con qualche giorno di riposo, si è trasformato in un cambio totale di rotta e di vita, per sempre.
Cinque anni di battaglie mediche, dentro e fuori dagli ospedali. Dove hai trovato la forza per non arrenderti mai, anche quando i tuoi progetti sembravano svanire nel nulla?
Mi viene spesso chiesto, tutt’ora. All’inizio era più semplice di adesso: mi veniva sempre promesso che l’intervento di quel momento, sarebbe stato l’ultimo e quasi sicuramente risolutivo, ma puntualmente diveniva il penultimo, e così è stato per altri 12 interventi. Ogni speranza data, con la promessa di potermi fare ritornare nella mia cucina, lì dove tutto era cominciato ma anche bruscamente finito è stata sempre la principale fonte di carica nei primi anni di questa lunga storia. Successivamente è diventato un meccanismo automatico, non ho più creduto alle promesse, soprattutto quando mi hanno detto di smettere di sperare ad un ritorno alla “mia” normalità ed ho iniziato a lottare per tenermi strette le cose che vedevo scivolarmi via lentamente, senza poterle fermare. A tratti è una sopravvivenza, a tratti una nuova ricerca della nuova me per potermi reinventarmi e per rendere onore ai miei sacrifici, per darmi giustizia e trovare pace, come un caldo abbraccio per dirmi che comunque ogni giorno, a fine giornata,sono stata brava ed ho fatto comunque del mio meglio ed anche se oggi non è andata come volevo, magari domani andrà meglio.
Nel 2023 nasce “Tempo e sapere: Impronte”, il tuo primo libro. Cosa ti ha spinta a scrivere e quale è stato il momento in cui hai capito che questo progetto doveva nascere?
Volevo tanto candidarmi ad una posizione lavorativa per uno chef che conosco bene, ma poi quella sera ho capito davvero, dopo tutti gli anni passati, che non potevo più farlo e che davvero la cucina non era più il mio posto. Presa dallo sconforto ho chiamato un caro amico, fraterno collega ,che fra l’altro mi ha dato l’ onore di scrivere la prefazione del libro, e le sue parole hanno aperto la mia mente a questo nuovo orizzonte:scrivere, scrivere per tutti. Ho sempre scritto nella mia vita, è stata per me una valvola importantissima di sfogo, poter rendere qualcosa di mio agli altri, sapendo di poter fare del bene, con i suoi pro e con i suoi contro, mi ha fatto capire che era il momento giusto e che bisognava agire, creare..dare vita a qualcosa.. Dopo tre giorni da quella chiamata pubblico ufficialmente su Amazon, il mio libro.
Il tuo libro è un inno alla resilienza, ma anche un racconto sincero di fragilità. Quanto è stato difficile per te mettere nero su bianco il dolore, e quanto ti ha aiutato a rielaborarlo?
E’ stata una delle cose più difficili da fare, anche perché inizialmente il libro prevedeva ricette di cucina ma la mia mente, mi riportava al bisogno di condividere entrambe le cose, proprio come facevo con la mia tipologia di cucina: avevo bisogno di unire il senso della mia emotività ad un’ immagine e quindi, ad una ricetta. Oggi,a quasi un anno dalla sua uscita, lo rileggo ancora, e spesse volte piango,è un dolore che non avrà mai una completa elaborazione, a volte fa solo meno male, mi sembra impossibile aver attraversato tutto questo da sola ed essere in piedi più forte che mai. Durante una presentazione, alcuni ragazzi sono venuti ad abbracciarmi con le lacrime agli occhi e questo ha riempito il mio cuore: mi fa ben sperare nei giovani e nel futuro.
Parli spesso di imprevedibilità della vita: distrugge, ma a volte ci restituisce anche ciò di cui avevamo bisogno. Cosa ti ha insegnato, oggi, questa imprevedibilità?
Sicuramente a guardarmi bene intorno. La mia malattia mi ha allontanato da un mondo costruito da persone che probabilmente non dovevano percorrere con me questo viaggio. All’inizio ha fatto male perché nella confusione mi sono spesse volte trovata da sola ed al buio, capendo che le persone si allontanavano perché le malattie spaventano e le distanze sono più comode soprattutto se non si ha più nulla da offrire. Ma dopo anni di colpe e di giorni bui, ho trovato il mio sole, il mio equilibrio dove poche persone possono entrare e dove poche persone possono restare. Ho imparato ad amare ancora di più le persone che ho accanto,a perdonare, a dare valore alle parole, ai gesti,a dire tutto ed a condividere anche il dolore,perchè da lì,si può ricominciare… perché non sappiamo mai quanto tempo ci riserva la vita ed è giusto fare finché si è in tempo senza rimpianti!
Hai in mente un secondo libro, un nuovo progetto?
In tutta onestà, ho provato diverse volte a buttare giù alcune idee ma, così come ho fatto con il primo, dev’essere qualcosa di veramente sentito per poter lasciare qualcosa a chi legge e suscitare emozioni e non un meccanismo solo per poter dire di aver scritto un altro libro.
Infine, cosa vorresti dire a chi sta vivendo una battaglia simile alla tua, tra dolore, attese e sogni apparentemente irraggiungibili?
Voglio dire che andrà tutto bene, che certi giorni sono più brutti di altri e che se ti aspetti che qualcuno ti capirà appieno rimarrai sempre deluso-a perché il dolore è tuo e devi renderlo tuo amico se vuoi vivere bene. Non è colpa tua se le cose non sono andate come volevi, se non riesci a fare qualcosa o se hai bisogno di una mano d’aiuto durante la giornata, voglio dirti che è ok, che è solo un’altra giornata e che domani magari andrà meglio e che se questo non accadrà non fa non niente, è solo una brutta giornata, non può essere una brutta vita.. ti reinventerai, puoi farlo, concediti tempo.
Grazie Federica e complimenti per tutto!
Per saperne di più visita:
Instagram @_chefguglielminofederica | @_fedegugliemino_
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