Daniele Antonio Battaglia, attore, scrittore, presentatore, imitatore, conduttore radiofonico, socio ASAS Associazione Siciliana Arte e Scienza

Su Che Intervista! abbiamo il piacere di ospitare Daniele Antonio Battaglia, conosciamolo meglio…

Daniele, hai una carriera artistica molto diversificata che spazia dal teatro alla radio, passando per la televisione e la scrittura. Qual è stata la motivazione principale che ti ha spinto a intraprendere così tanti percorsi artistici differenti?
Ho sempre amato l’Arte in tutto il suo essere più profondo: in primis la recitazione e la poesia. Ho iniziato a cimentarmi in entrambe sin da bambino, tanto che le prime canzoni che ho scritto risalgono a quando avevo otto/nove anni. Crescendo ho imparato ad amare anche le altre forme d’espressione artistica e tra queste è arrivata la radio, oltre a implementare la “scrittura” sotto tutte le sue forme. Si dice che ogni artista debba sentire dentro di sé una fiamma, che spesso viene indicata come il sacro fuoco dell’ arte stessa, e onestamente ho sempre sentito ardere nella mia anima questo fuoco inesauribile che mi spinge a raccontare emozioni al pubblico… che sia sul palco di un teatro, tramite le pagine di un libro o il microfono di una radio… e a farlo continuamente senza stancarmi mai.

Nel tuo curriculum si menziona la tua capacità di imitare vari accenti e dialetti italiani. Come hai sviluppato questa abilità e quale ritieni sia il più difficile da padroneggiare?
Iniziamo col dire che quello di saper parlare più dialetti e usare i corrispettivi accenti è una capacità che di base deve avere qualsiasi attore, perché si può essere chiamati a interpretare un ruolo che sia oggettivamente lontano dalle proprie origini territoriali e quindi saper parlare qualche dialetto in più, rispetto al proprio, aiuta tanto nel poter essere selezionati per svariati ruoli. Per quanto riguarda me, nello specifico, è nato tutto per caso sempre quando ero ragazzino. Ero estasiato dagli spettacoli del “Bagaglino” , da “Zelig” e da artisti come gli immensi Corrado Guzzanti e Fiorello; quindi a furia di guardarli mi veniva spontaneo provare a imitarli, provare a coglierne gli accenti particolari per poi avere il riscontro positivo di chi mi sentiva e mi diceva che sembravo realmente un toscano, piuttosto che un romano o che la mia voce era realmente uguale a quella di Silvio Berlusconi, di Gianfranco Funari o dell’onorevole Rosa Russo Jervolino. Come ci riesco, nella realtà dei fatti, non so dirti, tranne che soprattutto per i personaggi specifici mi aiuta tanto l’uso di una determinata frase che questi dicono solitamente e che, usata per iniziare i discorsi, mi permette di acquisire all’istante quella specifica tonalità di voce; oltre a svariate tecniche dell’uso della voce che poi vado ad applicare per ogni personaggio.

Il dialetto che sicuramente ho più difficoltà a mantenere è il napoletano, il ché è dovuto al fatto che nella realtà dei fatti non lo conosco in modo approfondito, quindi capita che per mantenere un minimo di parvenza partenopea, onde evitare di dire cavolate, in certi casi debba usare delle parole in italiano, usando però l’accento, perché effettivamente non so come si dica in napoletano quella specifica parola. Quando s’improvvisa, avere un’elevata velocità di pensiero che ti faccia fare, in tempo debito, questo cambio repentino è fondamentalmente.

Hai lavorato come telecronista sportivo e radiocronista per diverse trasmissioni. Qual è stata la partita o l’evento sportivo che ricordi con maggiore emozione e perché?
Sicuramente Messina-Como del 5 Giugno 2004, quando il Messina del grande Bortolo Mutti, vincendo per 3-0, ottenne la matematica promozione in Serie A… un sogno che diventava realtà. Era già da qualche anno che facevo la radiocronaca in diretta delle partite del Messina, praticamente dall’anno della promozione dalla C1 alla B. Grazie a internet avevamo un grande seguito soprattutto dagli italiani all’estero che non avevano modo, all’epoca, di poter seguire, come si può fare adesso, le partite di calcio delle varie categorie. Proprio per questo tanti messinesi sparsi per l’Europa e per il mondo attendevano la mia radiocronaca, che veniva trasmessa tramite internet, per poter seguire le sorti del Messina.

Come direttore artistico della Compagnia Teatrale Fantasma, quale approccio utilizzi nella gestione artistica e quali sono le sfide più grandi che hai affrontato?
Essere direttore artistico non è una cosa facile, ma molto più complessa di quanto si possa credere. Oltre all’ avere la responsabilità totale su qualsiasi cosa inerente alla compagnia, tante volte si è chiamati a dover prendere decisioni difficili che non sempre lasciano tutti contenti. Cerco di essere il più diplomatico e democratico possibile, però dopo aver ascoltato tutte le “campane” e idee su un determinato argomento, comunque la decisione finale la prendo io… magari scegliendo proprio una delle proposte che hanno avanzato i colleghi, ma l’ultima parola deve essere necessariamente la mia.

Avendo cominciato dal nulla ci sono state varie sfide difficili che ho affrontato: dal quelle che potrebbero sembrare più “sciocche” come trovare un posto che ci potesse ospitare, passando da quella necessaria di costruirci un nome, fino al dover combattere con le istituzioni e l’ignoranza di certe persone che non vedono il teatro, o comunque la recitazione, come un lavoro vero e proprio. Adesso che faccio anche parte di Centro Palco Academy ho la possibilità di vedere come un altro direttore artistico, che è Marco Santilli, gestisce e affronta brillantemente determinate situazioni e il potermi confrontare continuamente con lui è di certo un grande aiuto e stimolo per migliorare anche questo aspetto del mio lavoro.

Hai scritto e diretto diversi cortometraggi, come “The SharpShooter” e “Dark Rooms”. Quale tra questi lavori ritieni il più rappresentativo del tuo stile e perché?
Diciamo che di base il mio animo è molto dark, quindi le storie horror e del mistero come “Dark Rooms” o “The SharpShooter”, che è tratto da una serie di libri che ho scritto, dovrebbero essere quelli che in linea di massima si avvicinano di più alla mia vera “essenza”, però in realtà il cortometraggio a cui sono più affezionato e che sento più mio è “SeaTown Investigation” che racconta un’indagine svolta da un detective molto cinico e apparentemente senza cuore. Probabilmente l’essere legato di più a questo corto, rispetto agli altri, è dovuto al fatto della sinergia e al rapporto che si è creato con tutto il cast durante le riprese e questo, sicuramente ha giovato al risultato finale del progetto.

La tua esperienza come speaker radiofonico include numerosi programmi e trasmissioni. Quale pensi sia la chiave per mantenere gli ascoltatori interessati e coinvolti nel lungo periodo?
In radio bisogna sempre essere veri e spontanei, poi su come riuscire a mantenere una buona base di pubblico che ti segua dipende anche da come gestisci il format della trasmissione che porti in onda. Sicuramente, a prescindere dalla natura degli argomenti trattati, questi devono sempre essere attuali e inerenti al target di audience che il programma vuole raggiungere. Avere anche un certo carisma aiuta molto. Poi determinati parametri variano in base ai tempi che lo speaker ha a disposizione: chi realizza un podcast ha tempistiche molto più dilatate rispetto a chi trasmette su un’emittente classica in FM o DAB, ma in entrambi i casi bisogna sempre evitare di annoiare il pubblico.

Sei anche un autore di poesie, commedie teatrali e romanzi. Come riesci a bilanciare il tempo e l’energia tra la scrittura e le altre tue attività artistiche?
Questa è una domanda che mi sento porre spesso. Il punto di base è che non riesco a stare fermo con le mani in mano e nella realtà dei fatti avrei bisogno di un giorno di almeno 72 ore per fare tutto quello che solitamente programmo per una singola giornata. Probabilmente però è questo che mi permette di svolgere più attività in parallelo e cioè un’attenta e meticolosa programmazione di ogni singola attività da svolgere durante la giornata, oltre a tanta forza di volontà e molta energia che per grazia di Dio non mi manca quasi mai. Chi mi conosce bene, e chi collabora a stretto contatto con me, sanno quanto impegno ci metto nel realizzare ogni singolo progetto. Giustamente capisco che chi non mi conosce tenda a pensare che non siano vere certe moli di lavoro, ma poi basta vedere i risultati per verificare che quei determinati lavori siano stati realmente svolti. Alcuni amici, spesso, mi dicono che sono disumano da questo punto di vista, proprio perché in una singola giornata porto avanti anche una decina di progetti differenti. Alla fine tutto nasce e si sviluppa grazie alla tanta forza di volontà che mi pervade e che molto spesso, grazie a Dio, mi permette oggettivamente di andare oltre i normali limiti di resistenza.

Nel corso della tua carriera hai partecipato a vari stage e workshop, sia in Italia che all’estero. Quali di questi ritieni siano stati più influenti nella tua crescita artistica?
In linea di massima tutti i corsi e gli stage che ho fatto hanno avuto una certa rilevanza nella mia formazione e la ricerca di migliorarmi mi porta tutt’ora a continuare a studiare perché sono dell’ idea che si possa sempre migliorare e imparare qualcosa di nuovo a qualsiasi età. Se vado a cercare tra i miei ricordi, di certo un posto particolare lo assegno al primo stage in assoluto che feci a 18 anni come animatore turistico, dove ho imparato molte cose; stage dal quale ho ricevuto una marcia in più che è stata fondamentale a quell’età.
Un altro step molto importante è sicuramente rappresentato dal corso radiofonico svolto a Roma presso Radiospeaker.it, dove ho avuto la grande fortuna di essere seguito da Dino Brown, all’epoca in forza alla vecchia M2O, il quale mi ha insegnato davvero tanto e allo stesso tempo ha creduto moltissimo nelle mie capacità. Come importantissimo è stato anche il lavoro svolto presso l’Accademia Radio Televisiva di Roma con Max Poli di Radio Kiss Kiss.
Certamente non posso dimenticare, anche se non è stata un’ esperienza artistica, la specializzazione TESOL come insegnante internazionale di lingua inglese acquisita presso l’Arizona State University negli Stati Uniti che mi riempie tutt’oggi d’orgoglio. 

Chiudo questa risposta, volutamente, parlando di Centro Palco Academy, diretta da Marco Santilli, di cui faccio parte da Ottobre del 2023 e che tutt’ora mi sta dando, come pure ai miei cari colleghi, la possibilità di crescere e migliorare in modo esponenziale grazie a un cast di docenti di altissimo livello artistico come Ettore Bassi, Silvia Mezzanotte, Vanessa Gravina, Irene Ferri, Alessandra Tripoli, Fabrizio Coniglio, Federico Moccia, Nadia Rinaldi, Emy Bergamo, Francesco Branchetti, Fabio Mangolini, Francesco Montanari, Giulio Scarpati e tanti altri. Lavorare quotidianamente con artisti di questo calibro ti forma e migliora a prescindere, purché si abbia l’umiltà di mettersi a disposizione e in gioco senza avere attacchi di superbia; perché comunque, come nel mio caso, ci sono nel bagaglio circa trent’anni di attività alle spalle, i quali devono fare da base per apprendere il massimo da artisti di livello assoluto e non devono mai fungere da muro che possa impedire dei progressi. Quest’esperienza con Centro Palco Academy è davvero la ciliegina sulla torta.

La tua esperienza nell’animazione turistica ti ha portato a lavorare in diversi contesti. In che modo questa esperienza ha influenzato il tuo approccio al lavoro artistico e alla performance dal vivo?
Beh, mi ha inevitabilmente influenzato e sin da subito, dallo stage di formazione di cui accennavo prima, perché durante quelle intensissime settimane di formazione imparai che sul palcoscenico potevo fare molto di più del solo cabaret portato in scena fino a quel momento. Difatti, con mia enorme sorpresa, mi venne affidata la conduzione dell’ intero Gala di fine corso, il quale in realtà doveva essere presentato da uno dei capi animatori/istruttori dello stage. Invece, pochi giorni prima della serata finale, mi fu comunicato che avevano deciso che lo avrei presentato io perché erano tutti d’accordo nel pensare che ne avessi le capacità e mi vollero mettere alla prova.
Le stagioni d’animazione ti portano a conoscere tantissime persone e quindi impari a interfacciarti con tanti individui diversi tra loro sia con i colleghi, sia con i clienti che saranno il tuo pubblico per almeno un paio di settimane e che si aspettano tanto da te.

Essendo socio dell’ASAS (Associazione Siciliana Arte e Scienza), come vedi il ruolo delle associazioni culturali nella promozione delle arti e della scienza nella società contemporanea?
È senza ombra di dubbio un ruolo importante che però non tutte le associazioni riescono a svolgere a dovere per mancanza di fondi e di aiuti delle istituzioni. L’A.S.A.S. da questo punto di vista è fortunata perché ha una Presidente, Flavia Vizzari, che lavora incessantemente per portare avanti tutti i progetti dell’ associazione; insieme al resto del direttivo che la supporta magistralmente. Non si ferma mai tra incontri, concorsi, festival ecc. Non sono al corrente dei dati di tutte le associazioni d’Italia, ma penso che l’A.S.A.S. sia sicuramente tra le più attive e proficue del paese; basta vedere i numeri che registra ogni anno il concorso internazionale di letteratura che l’Associazione organizza e la grandissima varietà di sezioni che propone per rendersene conto.
Oggigiorno, con l’avvento dei social media che spesso deviano dal vero concetto d’arte, è davvero importante che le associazioni culturali promuovano la vera cultura per fare capire ai giovani che la vera arte non è quella di postare su Instagram il video di un uomo che dorme, e che viene ripreso a sua insaputa, ma è ancora adesso, come secoli fa, una dolce poesia che tocca l’ anima, una scena di teatro che commuove o che fa ridere, una canzone che fa sognare e così via.

Nel ringraziarti per l’interessante intervista ti auguriamo buone vacanze!
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