Nata a Cortona, Gabriella Paci è una scrittrice e poetessa che ha dedicato gran parte della sua vita all’insegnamento delle materie letterarie e alla riflessione filosofica. Laureata in Storia e Filosofia presso l’Università di Firenze, ha intrapreso il suo percorso nella scrittura poetica solo nel 2014, trasformando una passione latente in una necessità espressiva irrinunciabile. Con oltre 300 riconoscimenti letterari ricevuti, Gabriella ha pubblicato diverse sillogi poetiche, come “Lo sguardo oltre…”, “Onde mosse”, “Le parole dell’inquietudine” e “Dissonanze”, affrontando temi esistenziali e universali con una voce intima e profondamente riflessiva. Attiva in numerose associazioni culturali e premi letterari, Gabriella continua a esplorare il potere della poesia come strumento di comprensione della vita e delle emozioni.
Su Che Intervista! ospitiamo Gabriella Paci, conosciamola meglio…
Benvenuta Gabriella, il tuo percorso letterario è iniziato nel 2014, ma hai sempre avuto una passione per la scrittura. Qual è stato il momento o l’evento che ti ha portato a trasformare questa passione in un’attività continuativa?
Esatto: ho sempre avuto passione per la scrittura e la lettura ma il 2014 è stato lo spartiacque che ha determinato l’esigenza di scrivere poesia in modo abbastanza continuativo. Questo perché il dolore di vedere mia madre, donna volitiva e forte perdere la sua integrità fisica e in parte mentale, mi ha spinto ad esternare il dolore attraverso la parole e farla diventare strumento di alleggerimento delle tensioni; un potere taumaturgico che aumenta con la condivisione ottenuta con le mie produzioni
La tua prima silloge, “Lo sguardo oltre…”, riflette un profondo desiderio di cercare il senso più vero delle cose. Cosa ti ha ispirato a esplorare questi temi nella tua poesia?
Come altri grandi poeti ,a partire da Pascoli, hanno già evidenziato, le cose non sono come appaiono ad una prima vista ed è solo andando oltre l’apparenza che si riesce a cogliere la profondità e la meraviglia della natura ma anche a scandagliare l’animo umano avvertendone implicazioni e risvolti sconosciuti perfino a noi stessi .Credo che l’aver studiato filosofia ma anche la riflessione a cui si può essere naturalmente portati, siano stati i fattori che mi hanno indotto a cercare di andare oltre l’ovvio cercando risposte a domande e incertezze.
La tua produzione poetica è stata premiata in numerosi concorsi e ha ricevuto più di 300 riconoscimenti. In che modo questi premi hanno influenzato la tua crescita come autrice e quale riconoscimento ti ha emozionato di più?
La voglia di condivisione di quanto sento, penso e scrivo è stata alla base della partecipazione a vari premi letterari unitamente alla voglia di misurarmi con me stessa e verificare se la mia parola comunicava efficacemente. Ovviamente ricevere riconoscimenti da parte di giurie di premi prestigiosi ne è ed è stata la conferma e questo mi conforta ed incrementa la voglia di continuare a scrivere. La mia crescita come autrice credo sia conseguenza del tempo che passa e dunque di esperienze di vita e degli incontri avuti con “amici di penna “con i quali condividere la comune passione per la scrittura. I premi e non “il premio “che mi emozionano maggiormente sono quelli attribuiti a poesie che riguardano mia madre o i momenti di dolore attraversati o presenti perché avviene una specie di “catarsi” dove l’emozione si sublima.
In “Onde mosse” parli di una ricerca introspettiva caratterizzata da momenti di solitudine e speranza. Quanto di questa dualità è presente nel tuo vissuto personale e come si riflette nella tua scrittura?
Questo titolo dato alla raccolta prelude già uno stato d’animo inquieto, che alterna momenti di profonda malinconia o “discese ardite” a improvvise “risalite” di battistiana memoria perché qualora non ci fosse l’apertura alla speranza il canto diventerebbe solo un lamento e non coglierebbe le sfaccettature dell’esistenza umana, dove momenti di buio si alternano ad altri di luce. La mia produzione poetica potrebbe definirsi “lirica “in quanto molto intimista e personale anche se diventa “civile” nel momento in cui affronta temi di ampio respiro che determinano in me opinioni e riflessioni personali. Sempre, comunque, il mio vissuto è alla base della mia scrittura.
La tua silloge “Le parole dell’inquietudine” sembra quasi anticipare la pandemia globale del 2020. Quali sentimenti hai voluto esprimere in quest’opera e come la realtà ha influenzato il tuo processo creativo?
Torna, anche in questa raccolta, l’inquietudine esistenziale che è un po’ il leit motiv della mia produzione letteraria: questo senso” romantico” dell’incompiutezza, del voler essere oltre il presente, di avvertire sempre e comunque una sorta di disagio; “Spesso il male di vivere ho incontrato” ci dice Montale e in questa difficoltà a far” quadrare il cerchio” mi ritrovo molto. In particolare, come già detto prima, ci sono momenti di crisi che prevalgono su altri più gioiosi e questo si riflette nella scrittura di chi ne fa un tramite sincero tra sé e il mondo.
“Sfogliando il tempo” esplora il ricordo legato alla giovinezza e al presente segnato dalla pandemia. Come si intrecciano questi due temi nel tuo libro e quale messaggio speri di trasmettere ai tuoi lettori?
In un momento storico critico qual è stato quello attraversato dalla pandemia, la scrittura è stata per me un’ancora di salvezza. Ma a cosa pensare se non ai momenti passati rimpiangendo anche le più insulse abitudini che tuttavia erano caratterizzate dalla libertà? Ecco allora il rifugio nei ricordi, addolciti dalla lontananza, di anni spensierati, quando tutto sembrava poter essere possibile ma anche uno sguardo severo e doloroso sul presente che la pandemia ha disegnato con colori spenti. La natura in questo contesto, ha assunto un ruolo privilegiato in quanto foriera di speranza, di resurrezione. Il messaggio trasmesso era quello dato a me stessa; ricordiamoci dei tempi felici e assaporiamone di nuovo la piacevolezza per non smarrirci nel torpore di giorni senza la vicinanza degli affetti più cari.
Il tuo ultimo lavoro, “Dissonanze”, ruota attorno all’amore e alla ricerca dell’accordo perduto nel vivere quotidiano. Come descriveresti l’evoluzione del tuo stile poetico nel tempo e quali nuove sfide hai affrontato in questa raccolta?
L’amore è il filo conduttore di “Dissonanze” perché può essere la via “salvifica” per non vivere nell’ambascia di un mondo poco rispondente alle esigenze del vivere secondo certi stili e valori.
Essere ancorati gli affetti, in qualunque forma, può essere un modo per sconfiggere tanti timori e sentirci più forti nell’affrontarli anche se l’amore stesso può generare ansie, timori e de essere esso stesso fonte di dolore. Ma o si ha la fede in Dio o in un valore etico per poter “ricucire “ lo strappo esistenziale e guardare avanti. Le sfide di questa raccolta erano quelle di lasciare dietro le spalle il periodo buio della pandemia alla ricerca di “accordi perduti”
Sei attivamente coinvolta in associazioni culturali e premi letterari. In che modo questo impegno comunitario arricchisce il tuo percorso come autrice e cosa ti motiva a condividere la tua esperienza con altri poeti e scrittori?
Sono membro di Wiki poesia, di “Writers International”,di “poetas du mundo”del’Accademia Petrarca” :far parte di associazioni culturali aiuta da avere una maggiore consapevolezza del ruolo della cultura e in particolare della letteratura ed è di stimolo a impegnarsi e progredire secondo certe linee guida comuni. Conoscere altre realtà culturali contemporanee è indubbiamente un modo per evolversi e maturare.
Oltre a scrivere, partecipi come membro di giuria in vari premi letterari. Come riesci a bilanciare il ruolo di autrice con quello di critica letteraria e quali aspetti consideri più importanti quando giudichi le opere altrui?
Mi piace essere membro di giuria perché riaffiora il mio ruolo di educatrice che legge i pensieri degli altri e ne valuta la qualità: è un modo per avere un panorama più ampio della produzione poetica in vari contesti. Io considero importante nella valutazione il ruolo emozionale e cioè quanto una poesia sia capace di suscitare emozioni e ricordi: ovviamente perché ciò accada deve essere fatto con una determinata scelta linguistica e formale. Preferisco la forma espressiva che non indulge troppo a virtuosismi linguistici ma che abbia un forte impatto evocativo, allusivo.
Il ruolo di autrice risulta arricchito dall’esperienza di lettura degli altri; si impara leggendo e confrontandoci con gli altri, e fare la critica letteraria significa saper cogliere sfumature e aspetti che solo un’attenta lettura può fornire e scrivere per gli altri e degli altri è molto interessante.
Guardando al futuro, quali sono i tuoi prossimi progetti letterari e come vedi l’evoluzione della poesia nel contesto contemporaneo?
Spero di continuare ad avere questo “fuoco” che mi spinge a scrivere per comunicare nella consapevolezza che è un modo per lasciare traccia di sé, anche se la poesia non ha ancora il ruolo che le dovrebbe competere. Il fatto che nel biennio delle scuola superiori si studi poesia è comunque un riconoscerne il suo valore come forma letteraria e di avvicinare i giovani alla riflessione e all’uso scelto di termini linguistici in un mondo fatto di immagini e di immediatezza.
Mi auguro che la poesia finisca per recuperare la posizione perduta quando era ritenuta forma eccelsa di espressione e di arte ma credo che la società tecnologica e consumistica sia poco incline a darle spazio; io da parte mia, vorrei continuare a produrre raccolte come proseguimento di quella che ritengo essere la mia passione e attitudine.
Grazie Gabriella per la tua intervista e complimenti per la tua carriera artistica e professionale.
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