Marina è una persona eccezionale con una profonda vocazione sociale ed ha dedicato la sua carriera alla difesa delle donne abusate e dei minori in difficoltà. Fondatrice dell’Associazione “Rizes,” Marina ha promosso la cultura e le tradizioni calabresi, dimostrando una passione per la storia e l’arte della sua terra. Autrice di opere in prosa e poesia, la sua scrittura affronta temi di giustizia sociale e speranza. Attraverso il blog “Come l’increspatura di un’onda,” condivide la bellezza della poesia con un vasto pubblico.

Su Che Intervista! abbiamo il piacere di ospitare Marina Neri, conosciamola meglio.

Marina, la tua carriera è segnata da un forte impegno sociale, specialmente a favore delle donne abusate e dei minori in difficoltà. Cosa ti ha spinto a dedicarti a queste cause e come ha influenzato la tua vita personale e professionale?
Avevo 12 anni quando il professore di lettere alla scuola media, il compianto Francesco Polimeni, portò in classe un libricino: la Costituzione Italiana. Ogni mattina leggeva un articolo e noi studenti commentavamo con le nostre giovani menti, i nostri sogni a fare da corollario. Compresi allora che il Diritto rappresentava la più alta delle aspirazioni sociali affinché un consesso potesse chiamarsi ” civile”. Fu l’amore per la Costituzione che io definisco ” il Vangelo Civile” a condurre i miei passi successivi col desiderio, prima inconsapevole e poi pienamente orientato, di dare voce a chi non ne aveva o non riusciva ad averne. Volevo cercare la Giustizia fra le maglie non sempre perfette della Legge, conscia del fatto che si possa avere il Diritto quando vi è equità sociale, quando ci si smarca dal ” favore” e dal ” privilegio” e si persegue il bene comune quale obiettivo primario. Vivo la mia professione, quella di Avvocata, per ciò che è: una missione e, come tale, è essa a condurmi verso la tutela delle categorie più deboli e disorientate in un mondo che corre troppo in fretta, chiuso nelle scatole di latta dei privati egoismi , dimentico di chi resta indietro. Ecco il perché della vocazione alla difesa delle donne che subiscono violenza di genere e dei minori troppo spesso succubi di quella che viene definita ” violenza assistita”, una forma subdola di vessazione entro le pareti domestiche.  Purtroppo spesso una legislazione nata su onde emozionali è priva di appigli alla realtà e occorre, ai tecnici del diritto come me, sopperire alle lacune e ai vuoti legislativi, con tanta passione, empatia per chi subisce ed infinita dedizione. Dedicarmi a queste cause ha influenzato la mia vita professionale e personale? Rispondo con un’ affermazione:io “sono”  un’ avvocata, non ” faccio” l’ avvocato. L’uso del verbo “essere” è essenziale in questa risposta ed ognuno ne tragga le logiche conseguenze. Chi ha influenzato chi? La risposta: nessuno. La nostra Natura è il nostro Destino.

Come fondatrice dell’Associazione “Rizes”, quale pensi sia stato l’impatto maggiore di questa realtà sulla cultura e la società calabrese?
Dieci anni fa attraversai un momento particolare della mia vita in cui misi in discussione tantissimi aspetti del mio essere e del mio modus  vivendi. Sentivo dentro di me un fuoco che se non avessi convogliato verso qualcosa di costruttivo, mi avrebbe dilaniata. Sognavo di potere trasmettere ai miei figli adolescenti l’amore per la mia terra, troppo spesso vilipesa ed offesa da chi l’ ha sfruttata come una prostituta lasciandola sola e povera a dispetto della sua grandezza di un tempo. La mia passione per la Storia calabrese, per le tradizioni, il culto dell’Arte in ogni sua espressione e il desiderio di passare dal Ricatto al Riscatto   di queste nostre latitudini, fece sì che prospettassi l’idea a 4 mie amiche, madri,come me, di figli in crescita : Caterina Manti,  Carmen Schembri Volpe e Rosalba Tripodo. Dall’univocità di pensiero di 4 donne nacque Rizes ( radici) con un motto dentro cui sta racchiuso un programma: “Amiamoci per farci Amare”. La necessità di amare questa terra, conoscerla evidenziando le eccellenze, educando al Bello, esportando un approccio di merito e di metodo nuovo, scevro da stereotipi, etichette, pre- giudizi, ubbidendo solo ad un precetto:- la libertà dal servilismo-  Alla nascita eravamo davvero in pochi a crederci. Dopo dieci anni e tanta energia profusa Rizes è divenuta una solida realtà culturale nella città di Reggio Calabria. Una dimensione culturale, fatta di uomini e donne uniti dalla stessa visione,  capace di promuovere cultura ed eventi di altissimo livello senza dimenticare il fine ultimo del suo agire: promuovere la Calabria, fare comprendere che esiste un modo diverso di imprendere ed intraprendere e, soprattutto, che esiste una realtà capace di fare rete a dispetto di chi vuole sempre rappresentarla con la coppola e la lupara.

Hai scritto e pubblicato diverse opere sia in prosa che in poesia. Quali temi ricorrono maggiormente nei tuoi lavori e cosa speri di comunicare ai tuoi lettori?
Scrivere per me è vitale, è liberare ogni volta il demone del vivere. “Daimon” proprio nell’accezione greca di forza, energia. La scrittura ha una valenza catartica per me che le affido il  compito di decantare le mie inquietudini, di convogliare le mie emozioni, di fissare sul foglio della mia vita gli istanti dando loro i crismi di attimi di eternità. Come uno scatto fotografico,altra grande passione per chi ama ” bere” letteralmente la Vita come me, a volte ubriacandosene altre centellinandone i minuti. Prosa e Poesia sono le due facce della Scrittura che in una persona versatile quale io sono, si estrinsecano indistintamente, avvicendandosi secondo gli umori, le circostanze, i moti interiori. Ciò che non muta è il substrato che ne è sostanza: partire dalla fotografia della realtà descritta spesso attraverso l’uso della metafora e giungere ad un messaggio di speranza. I temi che connotano i miei scritti, infatti, ineriscono a battaglie civili, incitano a lottare strenuamente e senza risparmio alcuno per rivendicare diritti, invitano a mobilitarsi contro la rassegnazione oppure esprimono il disagio di un’ epoca spesso racchiuso dentro un sorriso o un pianto di donna.

Puoi raccontarci l’ispirazione dietro il tuo libro di favole “Ti racconto una favola: la Valle Nera”? Cosa ti ha spinto a scrivere per un pubblico giovane?
Durante il lockdown 2020, in quel Tempo Sospeso che aveva inibito lo scorrere usuale dei nostri giorni, dovevo trovare un modo per evitare che la mia mente e quelle dei miei figli si impigrissero nel chiuso della nostra casa,  tormentate dalla paura del contagio. Così, mentre una sera a cena discutevamo sulle possibili cose da fare, ci venne in mente di creare una favola, in cui ognuno di noi avrebbe immesso un po’ della sua immaginazione. Ne venne fuori un lavoro corale dentro il quale la mia scrittura si intersecò con i disegni di mio figlio Luigi, con le foto di Claudio e con l’abilità tecnologica di entrambi. Avevamo trovato la sinergia necessaria per impegnare le nostre menti e dare vita ad una immaginifica storia per ragazzi che esorcizzò le nostre ansie. Era un tributo ai giovani. Un incoraggiamento a non lasciarsi sopraffare mai dal buio che talvolta può incombere e rallentare il cammino ma a cui dobbiamo impedire di  tarpare le ali del Futuro.

Il tuo blog di poesia su Facebook, “Come l’increspatura di un’onda”, ha riscosso successo. Qual è l’importanza della poesia nella tua vita e come pensi possa influenzare i tuoi lettori?
Circa sei anni fa creai un blog di poesia ” Come l’increspatura di un ‘onda” a sottolineare il variegato mondo dei versi , spumoso, in moto perenne,  come solo le onde sanno essere. Un angolo di bellezza nell’universo del virtuale in cui giorno dopo giorno interagiscono tantissime persone, poeti, pittori, artisti o semplici lettori che traggono giovamento dalla lettura o dalla visione di dipinti, sculture, fotografie. La Poesia è il carburante del mio ” facere”, sono una seguace di Tommaso Campanella e , ancora prima di lui, di Telesio, nel senso che ogni cosa mi parla, perché per me, anche i sassi hanno un’anima. Credo che le emozioni possano rimettere al centro l’Uomo in un mondo che è ripiegato su se stesso in una ripetizione costante di monadi omologate. La Poesia non è coartabile, e  attraverso la Parola, può diventare il sassolino capace di bloccare il meccanismo dell’ esasperato individualismo e scardinarlo, restituendoci l’umanità che socializza, si confronta, dialoga.

Come regista teatrale, quali sono le sfide maggiori che hai incontrato nel portare in scena le tue opere e quale rappresentazione ti ha dato maggiori soddisfazioni?
La regia teatrale non era fra le mie aspirazioni né ritenevo e ritengo di avere spiccate doti di regista, fra queste la più importante: la pazienza.  Ho la passione, però, per la ” messa in scena” di alcuni miei scritti che si adattano alla rappresentazione. Il passaggio dalla sceneggiatura alla regia, in alcune contingenze, è stato breve e, devo dire, che grazie ad un meraviglioso gruppo di ” folli ” come me, innamorati della nostra terra e delle tematiche che nelle opere evidenziamo, il ” lavoro” di direzione di un ‘ opera è stato tutt’altro che difficile. Con loro diviene armonia persino la fatica. Le sfide maggiori per portare in scena le opere? Realizzarle con pochi mezzi economici e con la penuria di luoghi logisticamente deputati al teatro.  Ma è al contempo la più grande sfida e conseguente  soddisfazione : trovare le soluzioni, applicare quel ” volli sempre volli fortissimamente volli ” di alfieriana memoria che è il motto del mio andare,  creare l’empatia fra il gruppo ed il pubblico e sentire in quell’afflato tutti i perché ami scrivere, recitare, dirigere un’opera, in una parola: darle la vita.

Non c’è un’opera fra quelle rappresentate, poche in verità, fino ad oggi,  che io ami più di un’altra, tutte, però, hanno un fil rouge che le unisce: l’Amore per l’Italia Unita.

Il tuo impegno nella difesa dei diritti civili e nella politica è evidente anche nel tuo ruolo con il “Comitato Mai Più Silenti” e il laboratorio politico “Primavera della Calabria”. Quali sono gli obiettivi principali di questi gruppi e come contribuisci al loro raggiungimento?
Mi è stato chiesto spesso come possono coesistere in me le mie due più grandi passioni: la Poesia e la Politica. Sbaglia chi vede nella poesia un mero atteggiamento di contemplazione passiva del vivere, così come cade in errore chi concepisce la Politica come il male assoluto.  Etimologicamente ” poesia” deriva dal verbo greco ” poieo” che significa letteralmente ” faccio, produco”. Comprendiamo, quindi, come poesia e politica si incentrino sul ” fare” e in me  confluiscano nella stessa anima. Nel ” fare ” Politica ho cercato sempre di immettere la Poesia che è sguardo limpido, senza infingimenti, sulla realtà, è espressione di un moto dell’anima diretto, immediato che non necessita di filtri o intermediazioni interessate. Concepire la Politica alla stregua della Poesia e viceversa è volere sublimare il ” servizio” verso la società. Il Politico deve servire e perseguire il bene comune senza essere servo delle lobbies. In questa visione soccorre il grande senso di libertà che la Poesia detiene ed insegna. Ecco perché ho più volte lanciato la provocazione: “Il Governo ai Poeti” . L’amore per la Costituzione mi ha portata ad aderire prima al movimento “10 idee per la Calabria” guidato dal professore Ing. Domenico Gattuso e, successivamente al Laboratorio Politico ” Primavera della Calabria” la cui referente nazionale è la giurista avv. Anna Falcone, io ne sono la rappresentante regionale assieme all’avv. Rosario Piccioni. La tutela dei diritti contro le iniquità del Sistema mi ha indotta anni fa a sposare la battaglia di un uomo, Francesco Briganti, che aveva intrapreso uno sciopero della fame per protesta nei confronti del balordo meccanismo dei contributi ” silenti” , quelli, cioè, incamerati da una cassa di previdenza, nel caso di specie Enasarco, senza che possano servire per la pensione del soggetto che li ha versati in quanto questi non ha raggiunto il minimo periodo contributivo. Un vulnus del nostro sistema previdenziale che tante vittime ha generato e sta, ancora oggi mietendo. Per salvare quell’ uomo da morte certa organizzammo un movimento webbatico che coinvolse tantissime persone in ogni parte d’ Italia. Nacque un Comitato, ” Mai più Silenti” e ne sono la portavoce nazionale per fare della lotta di un singolo, un movimento di opinione che non faccia scadere nell’ oblio il senso della battaglia ed incoraggi quanti si trovino nella medesima situazione, a reagire. La ricerca di una dimensione di vita secondo i precetti della nostra Costituzione mi ha indotta ad intraprendere la battaglia annosa contro la legge elettorale che, da avvocata ho presentato persino in tribunale per la dichiarazione di incostituzionalità e che oggi mi vede impegnata nella raccolta firme per il referendum contro la stessa e contro l’ Autonomia Differenziata, altro becero tentativo di spaccare la nazione in nome di una menzognera efficienza. A muovermi sin da ragazza è un mantra che elevai a teoria politica quando decisi di scendere in campo in prima persona.  “La teoria dei cerchi concentrici” resa plasticamente dall’immagine di un sasso lanciato nello stagno dell’immobilismo e dell’oscurantismo. Infatti il sasso lanciato nell’acqua stagnante crea  i cerchi che divengono concentrici per la forza centrifuga e per quella centripeta che li caratterizza. È l’Uno che va verso gli altri e gli Altri che vanno verso l’uno. C’è molta filosofia stoica in tutto questo ma, a ben guardare, è il tema della “socialità”, consapevole che ci si salva insieme rifuggendo dalla Rassegnazione che da sola è la morte di un Popolo.

Hai ricevuto numerosi premi e riconoscimenti per il tuo lavoro, come il Premio Internazionale di Poesia Nosside e il Premio Nazionale “Ipazia”. Quale di questi riconoscimenti ti ha emozionata di più e perché?
Ottenere un riconoscimento è sempre un’ emozione indicibile, al di là della consistenza del premio. È proprio il senso di avere raggiunto l’ anima della giuria a galvanizzare e a procurare piacere e soddisfazione. Il Premio Nosside è un Progetto, come amo definirlo, ed esserne stata nominata ambasciatrice mi riempie di orgoglio e responsabilità. Avere vinto con la poesia ” La Lupa dello Stretto” dedicata ad un fenomeno che si verifica fra le due meravigliose sponde, è stato per me un motivo di orgoglio che va oltre il premio perché coinvolge la mia terra, le sue radici che sento parti essenziali ed imprescindibili di me.

La tua collaborazione con diverse realtà culturali e giornalistiche, come il quotidiano online Alganews, ha ampliato il tuo pubblico. Come riesci a coniugare il tuo lavoro di avvocato con quello di scrittrice, poetessa e giornalista?
Alganews è stata una realtà bellissima che mi ha consentito di coronare un sogno: scrivere per un giornale, entrare a fare parte di una vera e propria redazione,con i ritmi, le regole, le gerarchie di una testata giornalistica. Occuparmi di politica e di attualità ha affinato la mia capacità di scrittura e i moniti, gli input, i suggerimenti del Direttore, il giornalista Rai  Lucio Giordano, di  giornalisti eccezionali che lo affiancavano , hanno arricchito il mio modo di approcciarmi alla Parola, ai fatti, alla cronaca. Mi chiedi come riesca a coniugare il mio lavoro di avvocato con quello di scrittrice, poetessa, giornalista?  Semplice: non coniugo!

Refrattaria agli incasellamenti, semplicemente vivo e in quell’andare, come il mare, c’è tutto ciò che sono.

Il progetto “Rave Poetry” che hai ideato e promosso insieme a Giovanni Suraci e Francesco Tassone è molto innovativo. Puoi spiegarci di cosa si tratta e quali sono i suoi obiettivi principali?

La Cultura al pari della Bellezza è il ” fattore” che conduce al Sapere, innalza.

Ecco, ” innalza”. Per innalzare, a parere mio, occorre, però, scendere e fungere da ” leva” , quella che per Archimede, sollevava il mondo.

La Cultura non può e non deve restare ” appannaggio di pochi”, non deve essere privilegio ma diritto di tutti, e solo chi ne saggia la straordinaria forza e bellezza è capace poi di rivendicarla e , soprattutto, di eleggerla a guida del vivere rinvenendo in essa i precetti che rendono Uomini e non semplici ammassi di cellule e pulsioni.
Ecco perché il mio  sforzo continuo di portare i classici, i miti, la Storia, le tradizioni, in mezzo alla gente, per la gente, con la gente. Gutta cavat lapidem era il motto dei nostri antenati ( la goccia scava la roccia).
Deve essere l’Arte in ogni sua manifestazione a rompere il muro dell’indifferenza, dell’apatia, dell’ incomunicabilità intergenerazionale.
Ecco il perché delle iniziative  che creo o che mi  vedono coinvolta:  Il volere a tutti i costi ” aprire il mondo della Cultura”, donargli gli spazi attraverso la cittadinanza attiva che interagisce con le istituzioni e rivendica luoghi liberi in cui affermare ancora la straordinaria bellezza dell’essere uomini e donne consapevoli attraverso l’Arte.
Ecco il perché del “Rave Poetry” fortemente voluto da me, da Francesco Tassone e Giovanni Suraci che ha avuto luogo il 12 luglio scorso sulla spiaggia di Torre Lupo.  Un momento di condivisione artistica al di fuori dalle pareti di Gallerie, Teatri, luoghi canonici della Cultura. La libertà dell’approccio, la gratuità della partecipazione, la spontaneità nell’esserci hanno costituito gli ingredienti primari di un esperimento che ha avuto un successo strepitoso al di là delle più rosee  previsioni di noi organizzatori. Una cassa di risonanza notevole  capace di fare rimbalzare le immagini degli artisti e di cittadini ,giovani e diversamente giovani, insieme su una spiaggia recuperata da ragazzi volontari il giorno prima. Un progetto che non è destinato ad arenarsi ma intende proseguire restituendo luoghi ed emozioni e, soprattutto, facendo comprendere che si può e si deve fare Cultura ” aprendosi agli altri” non chiudendosi nelle torri d’ avorio del sapere perché non è più il tempo delle cattedrali.

Grazie Marina per averci dato l’opportunità di conoscerti meglio con la tua intervista!
Continua a seguirci su Che Intervista!


Per saperne di più:
visita qui il blog “Oltre l’increspatura di un’onda
Facebook – Marina Neri

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