Paolo Caridi, maestro pasticcere e innovatore nel settore della pasticceria italiana

Paolo Caridi è un maestro pasticcere e innovatore nel settore della pasticceria italiana. Docente della Accademia Maestri del Lievito Madre e del Panettone Italiano, con una carriera che spazia dalla formazione di giovani talenti alla creazione di prelibatezze uniche, Paolo Caridi ha lasciato il segno in numerosi contesti nazionali e internazionali. Ambasciatore del bergamotto nel mondo e detentore di diversi Guinness World Records, ha contribuito significativamente alla valorizzazione dei prodotti calabresi. Attraverso la sua scuola di pasticceria in Calabria e le molteplici collaborazioni con aziende del settore continua a trasmettere la sua passione e conoscenza alle nuove generazioni. In questa intervista, esploreremo il percorso, le sfide e le visioni future di questo rinomato chef.

Su Che Intervista! parliamo di pasticceria italiana con il maestro Paolo Caridi, conosciamolo meglio…

Benvenuto Paolo, come è nata la tua passione per la pasticceria e come si è evoluta nel corso degli anni?
Da ragazzino solo 12 anni volevo avere in tasca qualche soldino e mio padre mi ha portato in un laboratorio di pasticceria per trascorrere il periodo estivo, il primo giorno mi sentivo soffocare, mi mancava l’aria, un mare di persone che lavoravano e io piccolino catapultato a fare i servizi di pulizia (la vasca), forse quello mi ha fatto scattare la molla che potevo passare al banco di produzione, quindi una sfida, da li tutto in salita, non mi sfuggiva niente, notavo tutto, facevo mille domande, ero un curiosone e nel giro di poco sono diventato la mascotte del laboratorio. Nel corso degli anni la mia voglia di capire, di studiare le tecniche, i processi, la cultura, i sistemi, il perché si doveva fare in quel modo e non in modi diversi o innovativi, fuori dagli schemi, ma con l’obiettivo comune di accontentare il palato delle persone e regalare loro delle emozioni.

Puoi raccontarci della tua esperienza come Vice Presidente della CONPAIT e di come ha influenzato la tua carriera?
Nel corso degli anni la mia voglia cresceva ed ero sempre alla ricerca di stare sempre con persone che avevano mi potessero dare nuove informazioni e quindi comincio a fare parte di gruppi di lavoro, di associazioni, di fare squadra per un obiettivo convergente, entro in COMPAIT, allora era questa la sigla nel 1994 e faccio parte del direttivo come responsabile della Calabria, col mio modo di fare e gli occhi vispi conquisto sempre di più terreno tanto che nel 1996 a Napoli in una votazione per il rinnovo del direttivo uno dei miei maestri Saretto Pappalardo, che mi ha trasmesso tanto, mi dice è ora di prendere il suo posto, la mia giovane età, l’intraprendenza, la voglia e la capacità di legare e unire le persone fa parte di me e quindi essendo stato votato per rappresentare la mia regione ha proposto la mia candidatura a vice presidente e a rappresentare tutto il sud. Da li è stato un percorso in salita ma molto bello che mi ha messo al confronto di tutti quei personaggi del mondo della pasticceria che io ammiravo e consideravo dei mostri sacri, tanto da portare avanti con forza le mie idee e convinzioni quando si era al tavolo di confronto e facendomi conoscere nell’ambito nazionale e nel mondo delle fiere e manifestazioni quali concorsi, atti a migliorare e far conoscere le eccellenze regionali anche fuori dalla nostra penisola.

Ricopri il ruolo di pasticciere della Nazionale Italiana di Atletica Leggera. Come è stata questa esperienza e cosa significa per te lavorare con gli atleti?
Nel marzo del 2006 l’assessore allo sport del comune di Reggio Calabria  (Giuseppe Agliano) mi convoca dicendo che dovevamo rappresentare la città al campionato europeo di atletica leggera che si doveva svolgere a Göteborg in Svezia presso casa Italia, e se me la sentivo di affrontare questa sfida, ho accolto con piacere e mi sono messo al lavoro con la progettualità che mi contraddistingue, tanto che dal 7 al 13 agosto mi ritrovo in Svezia a raccontare con le parole ma ancor più con i fatti cucinando e facendo gustare le specialità reggine e regionali, non potevano mancare i dolci, tanto che i dirigenti della nazionale di atletica e di casa Italia mi hanno fatto la proposta di entrare nel gruppo per aiutare e coordinare l’alimentazione delle persone che facevano parte del team Italia, compreso gli atleti, sono stato in tantissimi posti del mondo con la nazionale e devo dire che con tanti degli  atleti è nata una bella amicizia e una sorta di complicità, il tutto mi ha fatto crescere tantissimo e mi ha fatto studiare molto, dal cibo che possono mangiare a delle pietanze che invece devono stare lontani ma che finite le gare si può fare qualche sgarro, il confronto con il direttore tecnico e con i nutrizionisti mi hanno fatto capire tante di quelle opportunità che poi si sono rilevate fondamentali nel mio lavoro, pensare che un pasticcere potesse essere la persona che potesse gestire l’alimentazione anche degli atleti è stata sempre motivo di qualche sorriso ironico, come a dire il diavolo e l’acqua santa.

Sei stato nominato ambasciatore del bergamotto nel mondo. Cosa significa per te questo riconoscimento e come ha influenzato il tuo lavoro?
Altra bellissima sfida ed esperienza il bergamotto, io che sono nato nel territorio del bergamotto ho sempre considerato questo frutto meraviglioso solo per il suo profumo e mi sono sempre ribellato all’idea di poterlo usare nella mia disciplina che è la pasticceria, una sera in una manifestazione un collega mi propone di assaggiare un sorbetto, ma era molto amarostico, per la voglia di addolcirlo lo abbiamo arricchito con della purea di fragole e li è scattato un fulmine, da scettico che ero a illuminato dalla bontà e dallo studio che si poteva fare per creare innumerevoli prodotti, primo e più apprezzato devo dire MBRIAGOTTO, una sorta di panettone inzuppato come un babà al bergamotto, nella mia valigia in giro per il mondo ho sempre il bergamotto disidratato, l’essenza , qualche crema, qualche marmellata, tanto che quando mi presentavano non dicevano il mio nome ma il pasticciere del bergamotto, e poi è scaturita in questo riconoscimento che ancora oggi mi inorgoglisce e mi crea argomento di dialogo su questo meraviglioso agrume di Reggio Calabria, ho fatto innumerevoli dolci che ci rappresentano nel mondo ma è bellissimo che tanti dei mie colleghi ancora mi chiamano per avere informazioni e prodotti che possono abbinare alle loro creazioni.

La tua carriera ti ha portato a collaborare con numerose aziende e a tenere seminari e workshop in tutto il mondo. Quali sono stati i momenti più significativi di queste esperienze internazionali?
Nel percorso della mia carriera ho incontrato tante aziende di successo che mi hanno dato la possibilità di esprimermi con i loro prodotti e di studiare e creare innovazione, sia nel mondo dolce che nel salato, per mia cultura cerco sempre di fare cose semplici ma che permettono di esaltare gli ingredienti prima di tutto, ma fatti con stile, con abbinamenti anche estrosi ma che si sposano bene, raccontare le peculiarità dei prodotti delle aziende in giro per il mondo mi fa stare bene e mi rende orgoglioso di tutto il percorso fatto nella mia vita, ci sono stati momenti indimenticabili, per esempio a NEW YORK  in un convegno con circa 20 giornalisti e 10 televisioni  parlare di bergamotto con FRED PLOTKIN come conduttore, giornalista americano specializzato nel food e nella cultura della pasta italiana. A mosca , per esempio su una chiatta sul fiume Moscova per circa 20 gg in occasione dei mondiali di atletica leggera abbiamo raccontato e fatto degustare il cibo italiano sia alla squadra italiana che a tanti degli ospiti che rappresentavano le proprie nazioni all’evento, una sera  presentando i dolci ho dato parecchio risalto al tiramisù, come il dolce più conosciuto al mondo ed è stato apprezzatissimo tanto che il direttore del ristorante ha voluto che assaggiassi quello che fanno loro e gli facessi una recensione, inizialmente mi sono trovato un po’ in difficoltà pensando. se dico la verità li faccio restare male perché non è un vero tiramisù, se dico che è buono penseranno, è un professionista ma non cosi preparato, mi sono fatto coraggio e ho fatto una bella recensione dicendo che il dolce è buono ma non è un tiramisù, intanto perché non contiene il mascarpone  nella ricetta, poi perché ha tanta crema vegetale al suo interno e poi il caffè era troppo scarico, suggerendo di chiamarlo in un altro modo perché il ns dolce ha un suo disciplinare da rispettare, e loro hanno apprezzato la mia risposta, si sono complimentati all’assaggio della mia versione originale di tiramisù ma mi hanno detto che il loro non lo cambieranno mai perché i loro clienti apprezzano quel gusto, facendomi restare male , ma gli ho fatto cambiare il nome da tiramisù a “Titirosù”, facendolo diventare il loro cavallo di battaglia.

Puoi descrivere l’importanza della formazione per i giovani nel settore della pasticceria italiana e come la tua scuola in Calabria contribuisce a questo obiettivo?
La formazione è di vitale importanza sui giovani e non solo, anche per noi veterani è un aspetto importantissimo , oggi che si corre velocissimamente nel mondo virtuale, con i social, con i media, con programmi televisivi, la formazione è la base fondamentale, per approcciarsi a questo bel mestiere, dalla presentazione, alla passione,  all’aspetto, alla divisa, al saper comunicare la propria mansione, al sapersi presentare, al modo di porsi prima ancora di parlare di lavoro nello specifico, come se fosse una seconda famiglia che ti introduce in altri ambienti, per poi approfondire sugli aspetti legati al lavoro, tecniche, conoscenza della materia, termini tecnici delle attrezzature e delle lavorazioni , abbinamento degli ingredienti, territorio, stagionalità sistemi di lavorazione, gioco di squadra, preparazioni, presentazioni e molta conoscenza su tutte le fasi di preparazione, presentazione e di racconto, facendo degustare con le parole qualcosa ancor prima di assaggiarlo e regalando delle belle emozioni e viaggi sensazionali quando poi mangiando gustiamo tutti i sapori descritti. La scuola ha questo compito tramite i vari docenti di poter trasmettere tutto questo mare infinito di conoscenza.

Hai partecipato a diversi Guinness World Records, come il torrone e il cannolo più lunghi del mondo. Come ti prepari per tali imprese e quali emozioni provi durante queste sfide?
Il mondo dei GUINNES è un aspetto incredibile, c’è tanto lavoro, studio, misure, dati, valutazioni, confronto con numerose persone, considerando tutti gli aspetti di logistica, preparazione, simulazione, prodotti da assemblare, ruoli da gestire e saper essere leader nel gestire le mansioni, studi di fattibilità per primo in forma teorica per poi passare agli aspetti pratici, rapporti con le istituzioni per incastrare regole, per arrivare al momento della realizzazione impeccabili come un orologio, dove ognuno sa cosa fare e come comportarsi, altrimenti si rischia che i giudici dell’ufficio guinness mondiale non considerino valida la prova e tutto salta via buttando tanto lavoro e un mare di economia, riuscire nell’intento è qualcosa di emozionante. Riuscire in questa impresa è incastrare tutto alla lettera per poi realizzare tutto nei tempi e modi previsti, sempre sotto gli occhi vigili dei giudici e aspettare il verdetto finale sperando il successo, e poi godersi la fantastica soddisfazione di aver realizzato qualcosa di unico mai fatto al mondo.

Come descriveresti il tuo approccio all’innovazione nel settore della pasticceria e quali nuovi progetti hai in cantiere?
L’innovazione nel mondo della pasticceria e del food in generale è qualcosa di meraviglioso, di fantastico, ma ci vuole una bella conoscenza unendo la cultura e la tradizione che non devono mancare mai con una nota di moderno, adatto ai tempi e agli aspetti di oggi. Mi spiego meglio tutto quello che ci hanno tramandato i nostri maestri oggi lo possiamo rivisitare, ritoccare, rimodulare, curare l’aspetto visivo e il vestito, ma fondamentale non dobbiamo stravolgere completamente tutto, innovazione significa anche portare a distanza quello che prima era solo destinato ad un pubblico circoscritto. Nei miei progetti futuri sto investendo tanto nel valorizzare le eccellenze della nostra bella regione, realizzando nuovi prodotti, facendo nuovi abbinamenti, riscoprendo tante tecniche antiche ma funzionali, e poi ho un progetto che può sembrare utopia in questo momento: realizzare un dolce o un salato che rispecchi i sapori e i profumi di piatti esistenti es. immaginiamo un piatto di uno chef che racconta il suo territorio (stocco alla ghiotta) dove gli ingredienti spaziano dallo stocco, cipolla di tropea, al pomodoro secco, ciliegino, ai capperi, alle patate, olive verdi, prezzemolo e pepe nero. Realizzare un dolce o un salato come un lievitato o un cake dove si possono sentire tutti i sapori e profumi degli ingredienti in un prodotto diverso ma con una shelf life non di una giornata ma bensì di circa 30 gg per dare la possibilità di poter gustare un prodotto innovativo rievocando un piatto della tradizione ma gustato a migliaia di km di distanza facendo sognare le persone e facendole sentire a casa. Sicuramente è un progetto ambizioso ma con le varie competenze quali, università, tecnologia, aziende di produzione e ricerca non è detto che si possa realizzare.

Qual è il ruolo della cultura e delle tradizioni calabresi nella tua pasticceria e come riesci a combinarle con le tecniche moderne?
La cultura delle tradizioni calabresi come dicono alcuni miei amici e colleghi ce l’ho nel sangue e per me è venerare tutto quello che hanno fatto le generazioni che mi hanno preceduto. Spesso nelle mie uscite, corsi o convegni faccio tesoro delle mie esperienze personali e del mio percorso per poi lavorarci in chiave moderna ma sempre attuale, con un piede nel passato e uno nel futuro ma considerando il presente. Negli anni passati la pasticceria si mangiava per fame, basta considerare le porzioni e la grandezza dei ns dolci, ma non solo, che quantità c’era di zucchero o di liquore all’interno, oggi la dimensione è molto più piccola, più equilibrata negli ingredienti, più facilmente replicabile con processi produttivi principalmente del freddo, o con altre tecniche moderne, con un’attenzione notevole sui gusti, sulla prevenzione, e sugli aspetti nutrizionali.

Quali sono i tuoi consigli per chi desidera intraprendere una carriera nel settore della pasticceria e come possono prepararsi al meglio per questo percorso?
Il mio consiglio o meglio il mio suggerimento è quello intanto di avere le idee chiare, che sia un aspetto personale e non forzato dai genitori che spesso egoisticamente vorrebbero che i figli facessero il loro lavoro, o di qualche sogno coltivato che vorrebbero conquistare sulle spalle dei propri figli, di avvicinarsi alla pasticceria, magari visitando anche i laboratori per capire ancora meglio il luogo dove trascorrere tanto tempo, di avere già qualche approccio con le materie prime o con delle chiacchierate costruttive con dei professionisti per avere delle illustrazioni veritiere dell’ argomento e poi iscriversi ad una scuola professionale, frequentare sia la parte teorica che pratica, approfondire la parte di studio nei laboratori dopo aver conseguito il diploma di addetto al settore, e poi sbizzarrirsi a fare tanta esperienza con tanti professionisti per avere una notevole apertura mentale. Ognuno di noi si deve sempre considerare una spugna e anche dopo tanti anni si devono avere gli occhi che brillano quando si parla di questo bel mestiere e avere una passione inesauribile.

Grazie Paolo della tua intervista e complimenti per la tua carriera artistica e professionale.
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