Su Che Intervita! ospitiamo Yuleisy Cruz Lezcano, conosciamola meglio
Yuleisy, ci puoi raccontare come è nata la tua passione per la scrittura e quali sono state le prime influenze che ti hanno portato a diventare una poetessa?
In realtà ho incominciato a scrivere da molto giovane, anche se non ero affatto interessata a pubblicare, ma a scrivere, come quel giovane inglese raccontato da uno dei nostri massimi poeti cubani, Josè Lezama Lima, che scriveva le sue poesie nelle cartine delle sue sigarette e poi se le fumava e esclamava che la cosa che gli piaceva era crearle, non pubblicarle. Una persona non si dedica mai alla poesia. La poesia è qualcosa di più misterioso di una passione, devo dire che da piccolina con mio padre giocavo a botta e risposta in poesia, e ci rispondevamo beccandoci in modo ironico e simpatico in rime, ispirati da un programma televisivo cubano di musica e poesia “Palmas y canas” che apparteneva alla tradizione contadina cubana.
Devo dire che io ero sempre in attesa di qualcosa, sono sempre stata una contemplativa ma se non succedeva nulla sentivo che la mia attesa era perfetta. Quello spazio vuoto, in quella pausa inesorabile era quello che serviva per riempirli con immagini, che con il passare del tempo si sono trasformate in poesia. Ed è per questo che la poesia è sempre stato per me un vissuto attorno a una pausa.
Spesso, mia madre e mio padre lavoravano e non avevano molto tempo da dedicarmi. Io inizialmente mi lamentavo perché mi annoiavo e non mi piaceva “il non far niente” ma per riempire la monotonia di quelle ore mi sono avvicinata alla lettura con Salgari, Dumas, Josè Martí, Jules Verne. Quando avevo 9 anni un mio cugino mi regalò Don Chisciotte. Io lo leggevo con difficoltà, alcune cose le capivo, altre meno, ma non ho mai gettato la spugna e sono andata avanti con la lettura. Credo che il messaggio che davo continuamente a me stessa è che solo le cose difficili sono stimolanti. Dopo sono arrivate altre letture come Proust, Valéry, Antonio Machado, Neruda, Salinas. Sono stata sin da giovanissima una lettrice vorace.
Hai pubblicato numerosi libri e ricevuto importanti riconoscimenti. Quale di questi premi ti ha dato maggiore soddisfazione e perché?
Sicuramente ci sono premi che porto nel cuore, uno di questi è stato il premio giornalistico- letterario Prato CittaAperta. Durante questo premio ho conosciuto persone eccezionali, come il fumettista Vauro Senesi e i miei amici del gruppo teatrale Altroteatro di Firenze. Sono queste cose belle che mi piace portarmi a casa con un premio: conoscenze e nascita di amicizie, collaborazioni basate sul riconoscimento e la stima e stretta di mano, rapporti umani di alto valore. Amo quei premi dai quali nasce un dopo che rimane.
Il tuo ultimo libro, “Di un’altra voce sarà la paura”, è stato selezionato per il Premio Strega di poesie e altri prestigiosi eventi. Quali temi affronti in questa raccolta e cosa speri che i lettori possano trarne?
In questo libro affronto il tema della violenza subìta dalle donne, racconto storie vere strazianti, dolorose, colme di rabbia verso una realtà che spesso sono avvolte nel silenzio e che per certe donne può sembrare senza via di uscita. Con questa raccolta di poesie vorrei dare voce ai silenzi ingiusti. Questo libro affronta sia la violenza psicologica, sia la violenza fisica. Affronta la violenza compiuta da sconosciuti; da familiari; quelle compiute dal branco; la violenza a qualunque età, che sfrutta le fragilità, le vulnerabilità; la violenza inattesa che accade a chi pensava “non può succedere a me”; la violenza in tempo di guerra e durante i periodi di pace. Dobbiamo pensare che una donna su tre nell’arco della sua vita subisce almeno una forma di violenza, ed è per questo che con questo libro ho toccato storie di tragedie, di sofferenza, di resistenza e speranza, studiando e documentandomi per affrontare con strumenti linguistici adeguati le conseguenze ed effetti che comportano una violenza e il trauma da stupro: con le sue fasi e sintomi, era già stato ben descritto da due studiose americane nel 1974 Burges e Holstrom nel loro pioneristico lavoro sulle vittime di stupro. Nel mio libro descrivo, in modo poetico, anche, le reazioni comportamentali, somatiche e psicologiche di queste donne. Descrivo molto bene la prima fase, quella dell’incredulità iniziale, lo shock, la paura, la vergogna e il senso di colpa nonché l’alienazione, lo spossessamento di sé e la frammentazione della propria immagine corporea che lo stupro comporta. Devo dire che il libro si divide in sezioni e ogni sezione si apre con un mio aforisma, tra l’altro in passato sono stata riconosciuta tra le donne aforiste contemporanee europee. Poi per ogni sezione si può ammirare una foto della pittrice Adele Quaranta. Un altro messaggio importante è che la violenza è un fenomeno trasversale che può accadere a chiunque e che nessuno ha diritto a sopraffare un’altra persona. Inoltre la violenza può comportare una patogenicità post- traumatica se non se ne parla, se non si denuncia. Infatti, già sin dal titolo il mio libro “Di un’altra voce sarà la paura”, il libro si pone come intento di dare voce, nel mio caso voce poetica, alle donne vittime di violenza.
Oltre a scrivere, ti occupi di traduzioni in spagnolo di poeti italiani e viceversa. Come vedi il ruolo della traduzione nella diffusione della poesia contemporanea?
La traduzione poetica è in essenza una mia passione. Lo faccio per amore della poesia e devo dire che è un osare ma anche una sfida per me. Sicuramente ho iniziato a tradurre altri poeti solo dopo che ho capito di avere acquisito sufficiente conoscenza della lingua italiana che non è la mia lingua madre. Poi però ho verificato che dopo anni che vivevo in Italia e usavo l’italiano come lingua principale in famiglia, nel lavoro e nella mia passione per la scrittura, avevo perso per strada delle capacità linguistiche nella mia lingua madre. Allora per amore e unicamente per amore ho incominciato a dedicare il mio tempo libero dapprima a diffondere testi che hanno segnato la mia vita e poi a tradurre testi dallo spagnolo all’italiano e viceversa, di poeti meritevoli, in modo di rendere in un’altra cultura i loro testi. Così ho incominciato a studiare ancora e ancora e continuo responsabilmente a documentarmi e a studiare, per comprendere in tutta la loro dimensione gli autori che ammiro. La lingua per me è un veicolo sacro, quindi rispetto le varie lingue, e traduco cercando di portare alla luce una buona traduzione, che spesso implica ore e ore per riscrivere in un altro modo quello che è già stato immaginato e creato da un altro autore. Sono consapevole che una cattiva traduzione può rovinare la reputazione di colui che traduce, così come la reputazione dell’autore tradotto, per non parlare dell’effetto fatale che questo può avere nei lettori che si avvicineranno alla lettura. In giro ho visto davvero molta poesia storpiata, presentata a premi e festival internazionali, con il sorriso dell’autore ignaro, che si vantava della pessima traduzione del suo libro, mentre i lettori rimanevano davvero scioccati. Prendersi cura degli autori durante una traduzione è un atto di trasparenza e un compromesso che io mi assumo solo e soltanto quando criticamente mi sento in grado. I mezzi di diffusione sensazionalista dei social spesso danno credito a cattive traduzioni ed è difficile per chi non conosce una lingua affidarsi e raccogliere buoni frutti in un’altra lingua. Devo però ammettere che in poesia non esiste la traduzione perfetta, perché è quasi impossibile riprodurre l’originale, spesso qualcosa viene sacrificato. Si può per esempio sacrificare una rima, un’allitterazione, ma è una grande responsabilità quella di fare ricerca per mantenere i doppi sensi, il ritmo e la bellezza della parola. Il ruolo della traduzione però, non è quello di trovare la parola esatta ma modificare il senso del testo originale il meno possibile. Spesso è richiesto uno studio dettagliato e un trattamento differenziato.
Hai una formazione accademica in scienze biologiche e infermieristiche. In che modo queste esperienze professionali influenzano la tua scrittura poetica?
Queste lauree mi hanno aiutata ad entrare nel mondo del lavoro e a mantenere la scrittura come una passione. Sicuramente ora mi rendo conto che i miei studi, le mie letture, le mie meditazioni, le mie esperienze mi hanno comunicato un logos, un senso: credo che ho riscoperto in me stessa quello che La Fontaine considera che debba essere la cultura del poeta: esattamente, l’amateur de toute chose. A La Fontaine piaceva chiamarsi poliphile, perché lui credeva che il poeta doveva essere di molta curiosità. E così è stato per me. MI trovavo a leggere un testo di anatomia, di pedagogia, di istologia, ma anche di cucina tradizionale. Così ho sempre scelto letture totalmente diverse tra loro. E sto notando arrivando a questa mia possibile maturità, che tutto quello che ho letto e ho studiato, ritrova il suo senso nella mia scrittura.
Collabori con diverse riviste letterarie italiane, spagnole e latinoamericane. Come queste collaborazioni arricchiscono la tua visione della poesia?
L’interscambio culturale, di parole e di cultura è un arricchimento, ingrandisce il mio sistema poetico, aiutano a focalizzarmi sempre su cose che credevo impossibili, lancio continuamente frecce nell’aria, che mi auguro possano trovare le loro coordinate.
Qual è stata la tua esperienza più significativa durante le presentazioni dei tuoi libri, come al Salone Internazionale del Libro di Torino o al Festival del Borgo Antico di Bisceglie?
Presentare questa raccolta al Salone Internazionale del Libro ha rappresentato per me una preziosa vetrina sia mediatica, sia pratica; e ha rappresentato anche un’occasione per cercare di catturare l’attenzione di lettori sconosciuti, cosa che è sempre difficoltosa e non banale. Così come credo che sarà lo stesso il 30 agosto quando presenterò il libro al Festival Libri nel Borgo Antico di Bisceglie. Il 20 luglio poi è stata un’esperienza stupenda quando insieme alo scrittore Carlo Luccarelli, alla giornalista Francesca Strozzi e alla scrittrice Ilaria Cerioli ho presentato il libro nella trasmissione televisiva Street Talk condotta da Andrea Villani. In questa occasione così come quando l’ho presentato nella televisione di Stato di San Marino e a Telegranducato di Toscana, lo scambio e i dialoghi sono stati arricchenti e il mio libro ancora e ancora ha portato la sua voce per sensibilizzare la comunità riguardo al problema violenza di genere. Le esperienze significative sono tante e si stanno moltiplicando, perché come ho detto anche nel programma Street Talk vorrei potere gettare questo libro, vorrei che non ci fosse più bisogno di parlare di violenza di genere, di violenza in generale, ma purtroppo l’umanità ancora deve evolversi per cancellare guerre e violenze.
Hai partecipato a vari festival e convegni, come “Poesia e migrazione” a Padova e il Festival Sudamericano. Quali temi emergono più frequentemente nelle discussioni letterarie a cui partecipi?
I temi sono vari e sempre gli stessi, le migrazioni, le guerre, la violenza, le radici, le tradizioni, le lingue, le difficoltà dell’uomo per condividere pacificamente con l’uomo, in una società regolata dal rispetto, dalla solidarietà e la riconoscenza del valore dell’altro.
Sei anche giurata di premi letterari come il Premio Nabokov e Napoli Cultural Classic. Quali criteri consideri più importanti nella valutazione delle opere poetiche?
Lo ero fino a quest’anno. Ora mi sono ritirata da questo incarico che ho seguito per anni. Voglio dedicarmi alla scrittura. In ogni caso per me erano importanti la capacità di comunicare un messaggio che susciti emozioni e la capacità di creare immagini, ma anche la correttezza linguistica e la pulizia del testo. Ma non sono ovviamente gli unici.
Guardando al futuro, quali sono i tuoi prossimi progetti letterari e collaborazioni? Possiamo aspettarci nuove pubblicazioni o eventi in particolare?
Il 30 agosto presenterò il libro a Bisceglie nel Festival Libri nel Borgo Antico, poi il primo settembre a Barletta con l’Associazione Artinte, poi presenterò il libro nell’Ambasciata cubana a Roma, poi il 8 settembre lo presenterò nella Casa delle donne “Noi donne Movimento contro la violenza APS” di Rimini. Ad autunno poi mi aspettano nuovi appuntamenti, che poi vi racconterò.
Grazie per la tua intervista, Yuleisy, ti aspettiamo per tutte le altre novità!
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