Cosa ti ha ispirato a scrivere “Finché il sangue non ci separi”?
Scrivo poesie da sempre, e come in passato anche per i testi che poi sono finiti in “Finché il sangue non ci separi” non c’è un’unica fonte ispiratrice, a meno che non si voglia considerare la vita stessa, la musa.
C’è stato un momento o un evento particolare che ti ha ispirato?
Riallacciandomi a quanto appena detto, sono tanti i momenti, le persone, gli eventi e i temi che in una maniera o nell’altra hanno dato voce al libro, talvolta anche indirettamente, e in tutta sincerità non saprei dire perché io li abbia preferiti ad altri, altrettanto importanti ma che non si sono tradotti in versi.
La poesia è un elemento centrale nel tuo libro. Come riesci a equilibrare la delicatezza della poesia con i temi profondi dell’amore, dell’amicizia e delle paure quotidiane?
Più che centrale, direi esclusivo. Ho una relazione monogama con la poesia. Ci scherzo un po’ su ma è così: quando scrivo altro, non vedo l’ora di tornare da lei. Per quanto riguarda i contenuti, non considero la poesia più “delicata” rispetto ad altre forme espressive. Già alle origini, Omero parlava di ogni cosa nei suoi testi: amore, guerra e tutto ciò che le parole fossero in grado di esprimere.
Il titolo del tuo libro, “Finché il sangue non ci separi“, è molto evocativo. Puoi spiegare il significato dietro questa scelta e come riflette il contenuto del libro?
Partendo dall’ovvio riferimento alla formula nuziale, nel mio titolo la “morte” diventa “sangue”, operando un cambiamento di prospettiva non solo dal punto di vista lessicale e concettuale, ma anche e soprattutto simbolico: il sangue, oltre a essere il principale marcatore biologico, ha un’ambivalenza intrinseca che realizza appieno la dimensione anche semantica del simbolo, del “sunballo”, del mettere assieme, presentandosi a seconda del contesto come elemento generativo o di rottura, di inizio o di fine, dualismo invece precluso alla morte: lo troviamo in espressioni quali “uniti nel sangue”, “patto di sangue”, ma all’opposto, in espressioni quali “storia finita nel sangue”, “duello all’ultimo sangue”.
Proiettando questo “mettere assieme” nel mio libro, vi ho inserito testi che come ho già detto, parlano un po’ di tutto e provano a specchiare se non a realizzare il modo in cui la vita ci attraversa. Se a tutto ciò aggiungiamo che una delle poesie che avevo appena scritto si intitolava “Finché il sangue non ci separi”, si intuisce che anche il titolo del libro non poteva che essere lo stesso.
La prefazione del libro è stata scritta da Ylenia Bagato. Come è nata questa collaborazione e quale valore aggiunto pensi che abbia portato al tuo lavoro?
Ylenia è una persona squisita oltre che una valente poetessa con cui ho collaborato spesso in passato. Ora che sono tornato a Napoli, ci vediamo di rado ma ogni volta che mi trovo dalle parti del lago di Garda, dove lei vive, faccio un salto da lei e se c’è l’occasione, come è successo a fine marzo, sono sempre felice di coinvolgerla in eventi legati alla promozione del mio libro. Nella prefazione a questa silloge vengono fuori tutta la sua sensibilità e la sua maestria, che costituiscono senz’altro un grande valore aggiunto di cui vado fiero.
Come sono evoluti i temi dell’amore, dell’amicizia e delle paure quotidiane nella tua scrittura nel corso degli anni? Ci sono state delle trasformazioni significative nel tuo approccio a questi temi?
Hai citato alcuni dei temi cruciali della vita di ognuno, che da ognuno (a prescindere dal fatto che scriva) vengono vissuti in maniera diversa a seconda della fase della vita che sta attraversando e perché no, anche del singolo momento: come dico in uno dei testi inseriti nel libro /perché anche io non sono più quello di qualche sguardo fa/. In altre parole, sia benedetta l’evoluzione, nella vita e nella scrittura.
Qual è il tuo processo creativo quando scrivi poesie? Parti da un’idea specifica, da un’emozione o da una situazione reale che hai vissuto?
Secondo me non c’è una regola: talvolta le parole vengono da sole, e peggio per te se non hai la possibilità di fissarle su carta o al computer perché così come sono arrivate, vanno via, veloci. Ti capita anche di dover ricorrere a qualche stratagemma, magari un vocale registrato mentre sei in macchina a guidare. In altri casi invece guardi o ascolti qualcuno o qualcosa in particolare, e ti viene naturale tradurre in versi le sensazioni provate. Ma sempre devi sbrigarti perché Poesia (mi piace chiamarla per nome) non ti aspetta /e quando va via, lo fa come se non dovesse tornare più/ (riportando la chiusa di un’altra mia poesia).
In che modo la poesia può aiutare a illuminare la realtà quotidiana? Pensi che la poesia abbia un ruolo speciale nel rendere più sopportabili le difficoltà della vita?
Dire che la poesia e anche l’arte possano svolgere una funzione “terapeutica” di fronte alle cose del mondo, dal mio punto di vista non è sbagliato. Bisogna però tener presente che essendo esse stesse “cose” del mondo, non si sottraggono alle sue regole, e quindi tutto dipende da come vengano vissute, senza poter contare peraltro su un bugiardino che valga per tutti.
Come ha reagito il pubblico al tuo libro finora? C’è stata qualche reazione che ti ha colpito particolarmente?
La cosa singolare è che è stata tutta una meravigliosa sorpresa (potrei dire ininterrotta) da quando ho pubblicato a ora: mi riferisco a esperienze, persone, apprezzamenti, luoghi. E sottolineo “singolare” perché la stessa cosa non era successa con la mia prima silloge. Al di là dell’evoluzione che avrà avuto senz’altro la mia poetica nel passaggio da un libro all’altro, penso che “Finché il sangue non ci separi” sia stato baciato dalla fortuna (ovviamente ci scherzo un po’ su).
Che consigli daresti a chi vuole avvicinarsi al mondo della poesia? Ci sono delle letture o degli esercizi che consiglieresti?
Anche questo è molto personale e quello che vale per me potrebbe non valere per un altro. Di certo aiuta tanto leggere e leggere anche poesia, ma questo non basta: non si può approntare una ricetta, anche perché tutte le espressioni creative come la poesia, l’arte, vengono fuori prevalentemente da quella parte irrazionale che abbiamo dentro e di cui spesso abbiamo anche timore. Dalla piena ragione possono nascere tante altre belle cose ma senz’altro la creatività non è una di queste.
Per quanto riguarda gli esercizi, potrei dire che personalmente ho tratto beneficio dall’aver voluto sperimentare all’inizio della mia “avventura in versi”, la poesia scritta seguendo gli schemi metrici della tradizione (soprattutto l’endecasillabo) con tutte le implicazioni e anche le difficoltà che ne derivano: un lavoro certosino, ad incastro, dove bisogna rispettare tante regole che possono sembrare ormai anacronistiche, ma che secondo me aiutano a riconoscere e anche a plasmare il proprio ritmo. Del resto, nella poesia il ritmo è essenziale, soprattutto se lo si intende come il metro con cui ci si pone di fronte al fluire di ciò che ci sta attorno. Tale esercizio, per quanto impegnativo, risulta di grande aiuto sulla via della ricerca di uno stile che sia solo nostro e di nessun altro.
Quali sono i tuoi progetti futuri? Stai lavorando a qualcosa di nuovo che puoi condividere con i tuoi lettori?
Un’altra cosa intrigante che mi sta regalando questo libro è proprio il fatto di vedermi arrivare tantissime richieste di collaborazioni per progetti che spesso esulano dalla dimensione della poesia ma che riguardano comunque altre espressioni artistiche. Io non mi sottraggo a tali “chiamate”, ovviamente nei limiti del possibile e tenendo conto delle mie naturali attitudini.
Comunque, il progetto più importante resta senz’altro quello della mia prossima silloge, quasi in dirittura d’arrivo, almeno per quanto riguarda la preparazione dei testi.
Grazie per il tuo tempo, Alessandro. Non vediamo l’ora di scoprire di più sul tuo lavoro e sui tuoi prossimi progetti. Continua a seguirci su Che Intervista!