Oggi abbiamo il piacere di conversare con Antonella La Frazia, un’autrice che ha dedicato la sua vita a esplorare e dare voce alle realtà femminili e ai temi sociali attraverso la poesia e la narrativa. Nata a San Giovanni Rotondo (FG) e con una vita caratterizzata da diversi trasferimenti, Antonella ha trovato nella scrittura un mezzo per esprimere le sue profonde riflessioni e per raccontare storie di donne, di lotta e di resilienza.
La sua produzione letteraria comprende raccolte poetiche come “Donne vicoli e fuoco”, “E come la Fenice…”, e “Come fiori a seccare”, nonché romanzi brevi come “I veli delle donne”, finalista al “Premio speciale Donna 2021”. Con il suo compagno musicista, Ciro Maria Schettino, ha anche ideato recital che fondono musica e letteratura, portando in scena temi di grande rilevanza sociale.
Su Che Intervista, scopriamo di più sul percorso artistico di Antonella, sulle sue ispirazioni, e sui progetti futuri che continueranno a dare voce a storie di coraggio e cambiamento.
Antonella, hai iniziato a scrivere poesie e racconti fin da giovane. Cosa ti ha spinto a tornare alla scrittura dopo una lunga pausa e a pubblicare la tua prima raccolta poetica nel 2016?
In realtà ci sono stati eventi che mi hanno costretto a interrompere, che mi hanno “imprigionato” facendomi sprofondare nel mio abisso personale, da cui ho arrancato non poco per risalire. Una volta risalita è stato del tutto normale riprendere da dove avevo interrotto.
La tua raccolta “Donne vicoli e fuoco” esplora l’animo femminile. Quali sono le esperienze o le riflessioni personali che ti hanno ispirato in questa opera?
La mia prima raccolta è appunto più intima, non per niente il sottotitolo è “viaggio fra i vicoli dell’animo femminile” È stato un necessario ripercorrere tappe per lasciarmi definitivamente alle spalle il passato. Ora la mia scrittura è rivolta più alle problematiche sociali.
Il tuo romanzo breve “I veli delle donne” è stato finalista al “Premio speciale Donna 2021”. Quali temi sociali hai voluto affrontare in questo libro e cosa speri che i lettori ne traggano?
“I veli delle donne” è appunto il mio primo romanzo, con ancora una ricerca di stile. Racconto di una ragazza che a bordo del proprio camper conosce altre persone, quasi tutte donne, che le raccontano la propria storia. Si esplorano così varie facce della vita e dei problemi di ognuno, dalla moglie vittima di violenza, alla bambina lasciata in mano al vecchio ricco. Dalla donna gelida a quella ferita. Dalla straniera fuggita dalla guerra alla donna alcolista… ognuno con la sua croce da trascinare. Con queste storie non mi voglio arrogare il diritto d’insegnare, ma voglio solo raccontare, far vedere realtà e persone diverse fra loro, dolori, ingiustizie, bene e male. Poi il lettore se ne potrà fare liberamente un’opinione e trarne conclusioni.
Hai pubblicato diverse opere che trattano temi sociali importanti come la violenza di genere e la guerra. Come scegli i temi da esplorare nei tuoi scritti?
Non scelgo i temi, sono loro che scelgono me. Ascolto storie, le leggo, le vedo e quando mi emozionano nasce qualcosa in modo naturale.
La tua raccolta di poesie “Come fiori a seccare” è stata proposta al “Premio Strega Poesia”. Puoi raccontarci di più su questa raccolta e su cosa rappresenta per te?
Forse rappresenta il passaggio dalla poesia alla prosa. Sto modellando una prosa visiva, in cui le immagini poetiche emozionino i sensi.
In “Come fiori a seccare”la poesia sociale ha il netto sopravvento sulle poche poesie d’amore. Alcune poesie sono state lette anche nel programma “il leggilibri” rubrica del Tg3 Campania, curato da Claudio Ciccarone.
In che modo il tuo background e i vari trasferimenti durante la tua infanzia e adolescenza hanno influenzato la tua scrittura?
Vivere in posti diversi e conoscere, da bambina,varie realtà, può avere lati positivi ma anche lati negativi. Io sento la mancanza del posto fiabesco dell’infanzia, degli amici con cui si è cresciuti, delle radici, sono come una pianta acquatica, di quelle che galleggiano sui laghi e forse il mio lago è proprio la scrittura.
Hai collaborato con il tuo compagno musicista, Ciro Maria Schettino, per creare recital che uniscono musica e scrittura. Come è nata questa collaborazione e qual è l’obiettivo di questi spettacoli?
È nata dalla mia voglia di cantare. Abbiamo voluto unire la mia passione per la scrittura alla sua (lui scrive canzoni e suona con i Sancto Ianne). Abbiamo creato un discorso omogeneo che attraversa alcuni miei scritti e viene accompagnato e intervallato da musica e canzoni. In questo modo si entra più facilmente nei cuori della gente, sperando di restare più a lungo nella memoria.
Nei tuoi scritti dai voce ai “non eroi”, coloro che subiscono ma che hanno il potenziale per cambiare il mondo. Cosa ti affascina di queste figure e come riesci a dare loro una voce autentica?
I “non Eroi” siamo noi, chiunque riesca a trovare la forza di combattere, di andare avanti, nonostante tutto.
Dei non eroi parlo nella mia raccolta di racconti “Il posto di Nenè”. Sono voci naturalmente autentiche perché nascono da storie vere, su cui ho dovuto documentarmi. Si parla, per esempio, di una ragazza accusata di stregoneria e uccisa. Si racconta dei Valani, bambini dai sei anni fino ai dieci circa, che venivano affittati per badare agli animali, per qualche sacco di grano e venivano trattati come schiavi. Si racconta la disperazione e la fame, di bambini costretti ad andare dal sud al nord, in famiglie sconosciute, dei soprusi dei potenti, di una donna impazzita perché non riusciva ad avere bambini e veniva considerata donna a metà o peggio che fosse stata punita da Dio. Molte sono storie che mi raccontavano mia nonna e mia madre in cui ognuno può ritrovare i racconti dei propri avi.
Partecipi attivamente a spettacoli teatrali portando in scena i tuoi brani. Qual è l’importanza del teatro per te e come arricchisce la tua espressione artistica?
Amo il teatro da sempre, permette di allargare la propria vita conoscendone e vivendone altre, anche solo per il tempo di una rappresentazione.
Il teatro è necessario alla scrittura per entrare nei personaggi, per riuscire ad avere altri punti di vista. Chi scrive come chi recita deve poter essere un saggio e un folle, un santo e un assassino e deve vedere e sentire con gli occhi e col cuore di entrambi.
Guardando al futuro, quali sono i tuoi prossimi progetti letterari e cosa speri di raggiungere attraverso la tua scrittura?
Sto lavorando su due romanzi, io lavoro sempre su più cose, perché quando termino la prima stesura di un romanzo lo lascio “riposare” e ne inizio un altro, per poi riprenderlo una volta finito il secondo. Si tratta di un romanzo distopico e uno psicologico.
Sto lavorando anche a un atto unico teatrale in quattro quadri che affronta la situazione femminile dalla creazione.
Mi piacerebbe che questa mia passione diventasse un lavoro, vorrei raggiungere una casa editrice con una buona distribuzione o un’agenzia letteraria che possa supportarmi.
Penso che questo sia il desiderio di chiunque scriva.
Grazie Antonella per la tua intervista e complimenti per la tua carriera artistica.
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