Un brano intimo, scritto come risposta a un’emozione spesso invalidante, che ha già conquistato il primo posto nella categoria inediti del contest nazionale Credici Sempre, dedicato alla memoria di Michele Merlo. Prodotta da Take Away Studios, la canzone è un manifesto di consapevolezza e autenticità, capace di parlare a una generazione intera. In questa intervista, proviamo a scoprire cosa si nasconde dietro le parole e la musica di una delle voci emergenti più interessanti del panorama italiano.
a cura della redazione
Stella, benvenuta su Che! Intervista e complimenti per il tuo singolo. “Iride” è una canzone che affronta l’ansia con sincerità e forza: da dove nasce questa esigenza espressiva?
Ciao, grazie mille! L’ansia è un’emozione con la quale vado a braccetto da quando sono piccola e ho deciso di usare la valvola della musica come sfogo totale. Ho deciso di mettermi faccia a faccia con lei, come in un incontro di boxe e provare a scontrarla per poi conviverci.
Il testo del brano mette in scena un ribaltamento di ruoli: tu parli all’ansia, come se fosse un personaggio reale. Quanto è stato difficile – o liberatorio – scrivere in questo modo?
È stato molto liberatorio e poco difficile in realtà. Avevo una grande esigenza nel liberarmi, ma solo per mettere in chiaro le cose, per farle capire, come fosse una persona, che siamo in due a lottare.
Vincere il contest “Credici Sempre” è stato un traguardo importante, soprattutto per il suo valore simbolico. Cosa ha rappresentato per te partecipare a un evento dedicato a Michele Merlo?
Michele me lo ricordavo quando ero piccola, lo guardavo dalla televisione della mia cameretta e mi è sempre piaciuto, è stato sempre un artista super valido. Andarmi ad esibire e vincere il contest a lui dedicato è stato come se lui fosse stato lì presente, in qualche modo spero mi abbia regalato un pezzo della sua strada.
Hai raccontato di vivere spesso la paura di sbagliare. Come convivono questa vulnerabilità e il coraggio di salire su un palco a cantare le tue verità?
Quando salgo sul palco si annulla tutto intorno a me, forse è quello che mi fa dimenticare la paura di sbagliare. Arrivo e so che la musica mi accoglierà a braccia aperte, da lì dimentico qualsiasi paura.
La tua voce ha una delicatezza potente, che riesce a toccare corde profonde. Quanto lavoro c’è dietro questo equilibrio tra tecnica e emotività?
Io sono una persona molto emotiva, da qualsiasi punto di vista. Cerco quindi di conciliare lo studio che c’è dietro, si tratta di quasi 10 anni, al messaggio che voglio mandare, cioè far rispecchiare chiunque mi senta in ciò che scrivo.
“Iride” è un brano che parla di una generazione spesso sotto pressione. Qual è il tuo rapporto con chi ti ascolta? Ti senti portavoce di un disagio comune?
Sì, penso di portare avanti un disagio generazionale, mi piacerebbe farmi portavoce di ciò. Abbiamo un po’ perso il “come” fare le cose, come affrontare i problemi, come vivere. Quindi spero di aiutare gli altri facendogli capire che impanicarsi non serve a niente; come dicevo prima, bisogna solo imparare a convivere con noi stessi.
Dalla tua biografia emerge un percorso già ricchissimo, fatto di premi, concerti, collaborazioni. Quali sono stati, finora, i momenti più formativi del tuo cammino artistico?
Forse i momenti più formativi sono stati gli errori, i passi falsi, al di là delle splendide esperienze che ho fatto. Ho capito che saper riconoscere i propri errori non deve portare a sentirsi inferiori, ma a capirli, per poi migliorarsi.
Hai pubblicato anche “Maniche”, un brano dedicato alla nonna e al tema della demenza. Quanto conta per te trasformare il dolore in musica?
È una delle cose più importanti per me, anche perché, proprio scrivendo Maniche, è stato l’unico modo di metabolizzare ciò che stavo provando, nonostante lo vivessi tutti i giorni e forse non me ne rendevo ancora conto.
Collabori con realtà importanti come la Saint Louis College of Music e Take Away Studios. Come si stanno evolvendo, anche grazie a questi contesti, il tuo suono e la tua scrittura?
Tantissimo, con la scuola a Roma sto conoscendo l’armonia, il solfeggio e tutte le materie che riguardano la musica, ma soprattutto il mio strumento, cioè la voce e sto capendo quanto siano fondamentali per un artista. L’esperienza in studio mi aiuta molto ed è un momento di pura condivisione e, ovviamente, insegnamento. Produrre e arrangiare apre veramente dei mondi.
Con “Iride” hai lanciato un messaggio forte e personale. Quali saranno i prossimi passi di Stella? C’è un EP o un album in arrivo?
Con il “Maniche Tour”, che ho iniziato con due tappe a Milano e Bologna, spero di far conoscere alla gente la mia arte, in tutta la sua totalità. Di progetti ce ne sono tanti, anche durante questa estate e si potranno seguire sui social (Instagram: stellamerano_ ) in cui condividerò tutto, passo dopo passo. Chissà, magari arriverà anche un EP, ma questo me lo farete capire voi, che leggete queste parole e, spero, ascoltate la mia musica.
Grazie Stella e complimenti per la tua carriera artistica!
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