Laura D’Angelo, poetessa, narratrice e critica letteraria.

Laura D’Angelo, poetessa, narratrice e critica letteraria, ha dedicato la sua carriera alla scrittura e allo studio della letteratura, distinguendosi per la sua sensibilità e profondità espressiva. Con alle spalle opere come “Poesia dell’assenza” e “Sua maestà di un amore”, Laura ha recentemente pubblicato “Cuore puro”, un diario poetico che esplora le sfumature dell’amore, del ricordo e del dolore. In questa intervista, Laura ci racconta il percorso dietro la creazione del suo ultimo libro, il ruolo della poesia nella sua vita e le nuove sfide a cui si sta dedicando.

Laura, nel tuo libro “Cuore puro” esplori il cuore come luogo dell’amore. Come è nato questo progetto e quale messaggio vuoi trasmettere attraverso questa opera?
«Il cuore è la capitale della mente», scriveva significativamente Emily Dickinson. Ma il cuore è anche sede della verità. Sentivo il bisogno di una scrittura autentica, che fosse gesto di bellezza e di candore, una scrittura che riportasse al centro della narrazione il sentimento, quello puro, sincero e semplice che ci autorizza nella nostra umanità.

La purezza espressiva è un tema centrale in “Cuore puro”. Come riesci a bilanciare semplicità e profondità nelle tue poesie?
Cercando di essere me stessa, anche nella scrittura. La semplicità può essere molto profonda, quando non è banalità o stucchevole sentimentalismo, quando è il risultato di una riflessione, quando è il segno di una consapevolezza o di una maturazione, quando è ricondotta in maniera autentica alla dimensione umana che ci rende speciali nella nostra tenerezza o fragilità. 

In “Cuore puro” parli di un cuore che si smarrisce, si innamora e soffre. Quanto c’è di autobiografico in queste riflessioni?
“Cuore puro” è un rimario di sentimento e dolci agonie, è un canzoniere di sguardi che si fissano sul mondo e si ritraggono, di occhi che si innamorano per poi schermirsi o incantarsi… è un diario in versi che sceglie la prosa poetica (dunque un genere ibrido tra prosa e poesia) per raccontare l’amore che c’è e che permane nel fluire inarrestabile della vita. L’amore degli abbracci che sanno scaldare, quello che si ascolta in silenzio con un orecchio sul cuore. Il libro è un’operazione estetica e di ricerca di verità che dall’io individuale si fa voce collettiva. Per me è una continua dichiarazione d’amore, si apre al candore della presenza.

Il tuo libro è stato descritto come un “diario in versi”. Cosa ti ha portato a scegliere questa forma intima per raccontare le emozioni?
La poesia in versi ha delle sue caratteristiche precise, la prosa poetica va oltre il tecnicismo versificatorio per concedere più spazio alla poesia come concetto estetico, ad una forma testuale che sia in grado di suscitare emozioni profonde o profondità di concetti, con un linguaggio connotativo e ritmato e senza rinunciare alla musicalità (che è un tratto caratteristico della poesia intesa in senso canonico). Quando ho bisogno di elaborare, di pensare, ecco che le parole diventano il tessuto narrativo di una me complessa e semplice allo stesso tempo. Le parole sono la cura e la realtà, sono il bisogno del sogno e il filtro dell’errore, si dicono malinconiche ma amano, sanno che stanno per piangere e poi piangono per davvero. Ma baciano anche. Sorridono. E molto.

Hai una formazione accademica e un percorso come filologa classica. In che modo questi studi influenzano la tua scrittura poetica?
Il mio bagaglio di studi classici e filologici mi ha arricchito molto, dandomi una formazione ampia e un approccio testuale rigoroso, sono molto grata al mio percorso di studi perché mi ha rivelato la bellezza dell’esistenza, quella che si basa su una comprensione dell’altro come base di ogni vera umanità. Nella mia scrittura poetica cerco di rielaborare i temi della tradizione all’insegna di un mio personale modo di sentire (ma da vera classicista resto anche fedele all’idea che “tutto ciò che non è tradizione è plagio”).

Hai una lunga carriera come critica letteraria e poetessa. In che modo “Cuore puro” si distingue dalle tue opere precedenti, come “Poesia dell’assenza” e “Sua maestà di un amore”?
“Sua maestà di un amore” è perlopiù un’opera narrativa, con una coloritura poetica. “Poesia dell’assenza” è una silloge poetica, nel senso tradizionale. “Cuore puro” è un canzoniere del dolore e dell’amore, è un’opera sperimentale che cerca un nitore diverso e soprattutto la limpidezza di un’espressione capace di arrivare al cuore.

Il tema dell’amore, tenero e struggente, è ricorrente nel tuo lavoro. Come definiresti la tua visione dell’amore in “Cuore puro”?
Totalizzante. L’amore è il motivo e la base del canto. A volte capita di distrarsi e di perderlo per strada, poggiarlo tra le pagine e dimenticarlo nel frastuono o nel silenzio, nella solitudine o nella confusione di una giornata come tante. Ma è lì, è presente. Rimane. È anche il continuo. L’amore è sempre l’inizio di tutto.

Nel tuo libro affronti anche il dolore e il ricordo. Come riesci a trasformare queste emozioni difficili in poesia?
Attraverso l’amore.

Stai lavorando a progetti di narrativa per bambini e ragazzi. Come cambia il tuo approccio alla scrittura quando ti rivolgi a un pubblico più giovane?
È una sfida per me stessa, in quanto la mia formazione accademica è di matrice classico- scientifica, mentre la scrittura per ragazzi rappresenta un universo ricchissimo e un serbatoio unico di modi e forme. La narrativa è però un mondo che mi affascina da sempre, adoro la scrittura di fantasia, quella capace di dare forma ai sogni dei più giovani, quella che crea le parole indelebili dei primi incantesimi.

La poesia contemporanea è al centro dei tuoi studi. Quali sono, secondo te, le sfide e le opportunità per la poesia nell’era digitale?
C’è oggi tanta poesia che corre sul web, ed è un bene se guardiamo al processo di democratizzazione della cultura, che favorisce dunque la fuoriuscita della poesia dalle aule o dalle accademie, per restituirla alla gente. Ma bisogna fare attenzione ad un linguaggio troppo solipsistico o individualistico. La poesia può fare e dare molto, nell’educare al sentire e nel promuovere un rinnovato umanesimo come nuova forma di relazione e socialità. Ma la voce del poeta non è mai univoca, il poeta non si chiude nell’individualismo o nell’esasperazione parossistica di un “io”, ma deve farsi voce colta, abbracciare l’universale.  

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