Leonardo Francescon: la musica come strumento di bellezza e conoscenza

Leonardo Francescon, nato nel 1996, è un giovane musicista e insegnante che ha dedicato la sua vita alla diffusione della bellezza attraverso la musica d’arte. Con una solida formazione presso i conservatori di Parma e Venezia, Leonardo ha sviluppato una visione profonda e appassionata della musica, vedendola non solo come un mezzo per emozionare, ma come un vero e proprio strumento di arricchimento umano e culturale. Attualmente, oltre a dedicarsi alla sua carriera di pianista, è un fervente sostenitore dell’importanza dell’insegnamento musicale e della sensibilizzazione del pubblico verso l’arte musicale. In questa intervista scopriamo il suo percorso, le sue aspirazioni e le riflessioni sul futuro della cultura musicale in Italia.

a cura di Antonio Capua


Leonardo, benvenuto! La tua passione per la musica è evidente. Cosa ti ha spinto a farne il fulcro della tua vita?
Avevo attorno ai 15 anni quando ho cominciato a capire che la musica sarebbe divenuta una parte importante della mia vita. In quel periodo avevo cominciato a frequentare più assiduamente l’ambiente del conservatorio, dei teatri e delle sale da concerto. Inoltre, erano molti i momenti passati ad ascoltare musica ad occhi chiusi lasciando che sensazioni, immagini o scenari immaginari prendessero forma dentro di me. Il mio desiderio più grande era quello di far rivivere queste immagini a chi mi ascoltava.

Nel tuo percorso hai studiato presso conservatori importanti come quello di Parma e Venezia. Quali sono stati i momenti o gli incontri decisivi che hanno segnato la tua formazione artistica?
Sicuramente l’incontro con Raffaele D’Aniello ha rivoluzionato il mio modo di studiare e di approcciarmi sia alla tastiera che nei confronti della musica; con lui le lezioni erano una vera e proprio scoperta dell’arte pianistica e del pensiero poetico del compositore. A Venezia ho avuto modo poi di incontrare Maria Perrotta con la quale ho studiato due anni ed ho avuto modo altresì di formare un trio con due bravissimi musicisti come Giovanni Claudio Di Giorgio e Francesco Di Giorgio. Uno dei momenti che ricordo con più gioia è stata la possibilità di potermi esibire al Teatro La Fenica di Venezia con l’Orchestra assieme al collega Aredion Lici.

La tua aspirazione è quella di diffondere bellezza attraverso la musica d’arte. Cosa significa per te “bellezza” nella musica e in che modo cerchi di trasmetterla al pubblico?
Se dovessi definire “bellezza” in ambito musicale mi appellerei a quelle immagini di cui parlavo sopra che tale musica mi ispira. La musica d’arte è in grado di esprimere il più ampio ventaglio emotivo dell’essere umano, ogni singola sfumatura viene resa abilmente da ogni compositore. Essendo il sentire e le emozioni umane universali e senza tempo, tutti possono riconoscersi all’interno della musica d’arte con una guida opportuna. Trovare analogie con ricordi, sensazioni o racconti personali possono essere un valido appiglio per addentrarsi nell’infinito mondo della musica.

Oltre alla tua carriera da musicista, sei anche un insegnante appassionato. Cosa ti dà maggiore soddisfazione nel lavorare con i giovani musicisti? Quali sono le sfide che incontri nel trasmettere la passione per l’arte musicale alle nuove generazioni?
Mi piace stare con i giovani ragazzi, ascoltare le loro riflessioni ed affiancare la ricerca della propria personalità nel mondo a cui si affacciano. Insegnare loro pianoforte per me non si limita alla mera esecuzione pratica ma si estende alla ricerca di un pensiero poetico, di un gesto pianistico adatto ad esprimere pienamente le intenzioni del compositore e le proprie e alla ricerca di un corretto assetto psicofisico in situazioni di stress come esecuzione in pubblico, audizioni o concorsi. È sempre bello vedere i frutti del lavoro che però richiede pazienza e tempo nell’abbattere alcune resistenze. Il liceo musicale di Padova è un luogo davvero fertile per questo tipo di lavoro e spero di dare ai ragazzi tutto quello che so.

Trovi importante la sensibilizzazione del pubblico verso la musica d’arte. In che modo cerchi di avvicinare le persone a questo mondo, sia attraverso i tuoi concerti che con i contenuti che condividi sui social?
Nella stesura dei programmi cerco di stilare un repertorio che dia modo di apprezzare in toto l’opera, evitando di affiancare letterature troppo dense a livello contenutistico. Al pubblico meno avvezzo piace sentirsi parte di una storia e vuole riconoscersi in ciò che ascolta, sia esso una melodia, un ritmo, un inciso… Da non trascurare anche il contesto dove si svolge l’evento: un luogo particolare che trasudi di storia come una villa, un palazzo suscita sempre fascino e curiosità. Inoltre, un rapporto diretto tra esecutore e pubblico con brevi racconti o spiegazioni può far apprezzare maggiormente l’evento a cui si prende parte.

Hai espresso preoccupazione riguardo al rapporto tra cultura e politiche educative in Italia. Quali credi siano i principali problemi da affrontare e quali misure credi che possano essere messe in atto per valorizzare la cultura musicale nel nostro Paese?
Ritengo che le più alte sfere che designano il delicato compito dell’istruzione e della cultura non sia sufficientemente preparata sui contesti in cui si trovano ad operare. Spesso si attuano riforme senza senso o dannose per i patrimoni artistici e culturali italiani quando ci dovrebbe essere una maggiore cooperazione tra chi si attiva sul campo in prima persona e conosce le eventuali situazioni problematiche e chi amministra dai vertici. Esistono numerose persone preparatissime ed appassionate con idee brillanti e soprattutto lungimiranti che andrebbero ascoltate ed incentivate. Purtroppo, l’Italia, ad oggi, subisce una forte resistenza al cambiamento.

Come pianista, lavori su un vasto repertorio musicale. Ci sono compositori o opere che senti particolarmente vicini a te, e se sì, perché?
Ho approfondito particolarmente le opere del 900, amo le sonorità seducenti di Ravel, Debussy ma allo stesso tempo sono molto legato al fascino sensuale della musica di Scriabin a cui mi sento legato. La ricerca di nuovi gesti e l’apertura ad un mondo sonoro inedito per il tempo mi ha sempre posto in una condizione di grande curiosità e libertà espressiva. Inoltre, ho sempre sentito vicino alcune opere della letteratura spagnola come Granados o Albéniz, in particolare quest’ultimo a cui ho dedicato la mia tesi di laurea magistrale mi ha sempre affascinato. La sua capacità di raccontare attraverso una forma musicale le sue sensazioni, i suoi ricordi di un viaggio fatto in terra andalusa dove è possibile assistere a danze e canti notturni dei gitani, a sfarzose cerimonie religiose o ci si trova immersi nella vitalità di comuni attività giornaliere è strabiliante. La sua musica mi ricorda in modo vivido alcuni viaggi fatti in regioni per certi versi simili a quelle andaluse: il mio amato Sud Italia.

Scrivi anche programmi di sala e condividi riflessioni personali su opere musicali. Quanto ritieni importante accompagnare il pubblico nell’ascolto della musica attraverso parole che ne spieghino il contesto e il significato?
Come detto prima, al pubblico piace sentirsi parte di una storia; l’importanza dello story telling emerge in qualsiasi ambito. Raccontare attraverso aneddoti curiosi, immagini o ricordi può creare analogie personali e far apprezzare maggiormente l’opera ascoltata. La musica è di per sé un racconto o un’evocazione in certi casi e tutti noi amiamo essere coinvolti in trame fatte di emozioni, vivide reminiscenze o semplicemente storie immaginarie.

Nel tuo lavoro come insegnante, come riesci a trovare un equilibrio tra l’esigenza di trasmettere la tradizione e la necessità di innovare, mantenendo sempre vivo l’interesse dei giovani?
La musica possiede la capacità di creare relazioni e ponti tra passato e presente; è la lingua delle emozioni, delle immagini e delle confessioni più intime. Non dobbiamo dimenticarci di come compositori del passato vivessero la vita in modo intenso. Insegnare attraverso alcuni passi (talvolta molto appassionati o estremamente lirici e dolci) come questa musica sia così vicina a noi a distanza anche di 200 anni è un modo per incuriosire ed invitare ad approfondire personalmente numerosi altri aspetti delle opere pianistiche. Invito anche molto i ragazzi a non rimanere fossilizzati su pensieri fermi ma di esplorare, viaggiare e vivere nel modo più completo la loro vita.

Infine, quali sono i tuoi prossimi obiettivi, sia come musicista che come insegnante? Dove vedi il tuo percorso artistico nei prossimi anni?
Il mio più grande obiettivo sarebbe quello di potermi dedicare ai giovani con attività di mentoring e coaching per poter affrontare le grandi sfide di audizioni o concorsi; guidarli alla scoperta di loro stessi per raggiungere i propri obiettivi. Come musicista continuo a studiare ed a formarmi cercando collaborazioni stimolanti affinché posa crescere sempre di più. Inoltre, sto anche frequentando un corso sul music business per comprendere al meglio le logiche che governano il settore industriale.

Grazie per il tuo tempo Leonardo e complimenti per il tuo lavoro
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