L’importanza della salute mentale con la Dott.ssa Laura Buonarrivo

Tra tabù, miti da sfatare e consigli da seguire.

a cura di Noemi Aloisi


Benvenuta su Che! Intervista, Dott.ssa Buonarrivo! Lei è una psicologa clinica, come è nata la passione per una materia come la psicologia?
La mia passione per la psicologia nasce dal bisogno di dare un senso ai comportamenti conflittuali, svilenti e spesso violenti delle persone con cui sono cresciuta. Quando non hai una famiglia amorevole, comprendere la mente di chi ha potere su di te può fare la differenza tra salvarti o soccombere.

Oltre che psicologa è anche docente, si tratta di due lavori diversi ma anche simili, l’insegnante infatti dovrebbe prima di tutto porsi in ascolto ed entrare in contatto con gli studenti. Purtroppo alcuni insegnanti commettono l’errore di non essere empatici. Lei che rapporto ha con i suoi studenti?
Io insegno in una scuola di specializzazione. I miei studenti hanno già la laurea magistrale in psicologia e si preparano a diventare psicoterapeuti. Le mie lezioni applicano la teoria clinica al lavoro nella stanza di terapia, con l’obiettivo di contribuire al bagaglio di conoscenze e risorse dei terapeuti in formazione. L’atteggiamento empatico è una delle risorse cliniche più delicate da formare e si insegna per modellamento: cioè, attraverso l’esempio. Bisogna insegnare ai terapeuti in formazione a modulare l’immedesimazione con lo stato d’animo dei pazienti. L’eccesso di empatia fa perdere i limiti e toglie efficacia alla terapia. Il difetto di empatia irrigidisce e danneggia l’alleanza terapeutica. Il tutto è reso più complicato dal fatto che non esiste una quantità media di empatia che vada bene sempre e per tutti. Bisogna aumentare o diminuire a seconda delle persone, degli stati d’animo del momento e dei bisogni di ciascun paziente. Non è facile. 

Essere una psicologa è una grande responsabilità, che approccio usa con i suoi pazienti?
Sono una psicologa clinica e una psicoterapeuta ad orientamento psicodinamico relazionale.

Lei ha lavorato con bambini che soffrivano di vari disturbi e handicap. Cosa le ha lasciato questa esperienza? Ad oggi lavora ancora con questi soggetti?
Ho fatto il tirocinio post-laurea presso un reparto di neuropsichiatria infantile e il tirocinio di specializzazione presso il Centro Clinico Per Adolescenti e Giovani Adulti della Facoltà di Psicologia de La Sapienza di Roma. 
Entrambe le esperienze hanno avuto un forte impatto sulla mia formazione: lavorare con i bambini e con gli adolescenti richiede grande attenzione ed estrema sensibilità, perché la loro psiche è giovane, poco difesa, quindi più facilmente influenzabile. Attualmente lavoro principalmente con gli adulti, ma quell’imprinting di base mi è utile ancora oggi, perché la psiche di un adulto sofferente a volte è estremamente fragile e va protetta proprio come quella dei bambini.

La salute mentale, da sempre considerata come un tabù, è fondamentale per il nostro equilibrio e per una vita serena. Dalla sua esperienza, quanto crede che la saluta mentale influisca sulla salute fisica e sulla comparsa o risoluzione di patologie?
La salute fisica e quella mentale sono interconnesse in modo indissolubile. La salute fisica è costantemente influenzata dallo stato psichico in cui ci troviamo, dal nostro livello di soddisfazione e di felicità così come dal livello di stress. È stato dimostrato, ad esempio, che, a parità di diagnosi oncologica, i pazienti che ridono di più sopravvivono significativamente più a lungo. L’opposto vale per il grado di depressione.

La meditazione è un’attività che offre diversi benefici, è in grado di placare lo stress, la rabbia e l’ansia. Agisce anche riducendo l’infiammazione, una delle cause principali dell’insorgenza di diverse patologie. Lei medita?
Non in modo canonico. Pratico una forma particolare di walking meditation, che è una delle varianti della mindfulness

Talvolta tendiamo ad autosabotarci, anche se vogliamo ottenere qualcosa non ci riusciamo, ciò delle volte, potrebbe accadere a causa dei blocchi inconsci. Dei vincoli creati inconsapevolmente da noi stessi, che ci impediscono di raggiungere i nostri obiettivi. Come si possono eliminare questi blocchi, come possiamo rigenerarci?
Se esiste un blocco psichico esiste qualcosa che deve essere bloccato. Quindi, i blocchi vanno innanzitutto esaminati e compresi.
Tutto ciò che produce la nostra psiche, sintomi inclusi, ha una funzione.
Il percorso di guarigione inizia con la consapevolezza del senso e della funzione dei nostri blocchi, per arrivare a comprendere da cosa ci proteggono e trovare un modo alternativo per ottenere lo stesso risultato. Quando troviamo una soluzione alternativa efficace, i blocchi scompaiono da soli, non c’è bisogno di rimuoverli. Se non servono più, la mente smette di produrli. 

Lei è un’esperta di relazioni, oggi sentiamo spesso parlare del narcisismo. Tuttavia si tende ad etichettare con molta facilità e senza averne le competenze. Quali sono le caratteristiche che ci permettono di riconoscere un narcisista?
Per riconoscere un narcisista serve una laurea magistrale in psicologia e una specializzazione in psicoterapia: in tutto, almeno 10 anni di studi universitari e post-universitari. Non c’è altro modo.
Non basta un elenco di caratteristiche per fare una diagnosi, e spesso quello che si legge sui social è inesatto, superficiale, ridicolo e francamente discriminatorio.
Stante che sui social tutti possono scrivere di tutto, bisognerebbe sempre accertare la competenza di chi scrive. 
Le relazioni di un narcisista sono destinate a fallire dopo poco perchè lui inconsciamente non vuole una relazione? 
Esistono molte forme di narcisismo e altrettanti modi diversi di stare in relazione per ciascuna variante del disturbo. In generale, i narcisisti amano male gli altri così come se stessi: non sono tutti cattivi, come raccontano certe pagine social poco attendibili. Sono persone che convivono con un danno profondo e doloroso del loro nucleo di personalità, che li rende fragili e ipersensibili, da cui l’armatura difensiva compensatoria a volte scambiata per consapevole crudeltà.
I veri narcisisti spesso non sanno neanche di esserlo, figuriamoci se hanno tecniche maligne consapevoli. Fanno male agli altri, spesso, ma quasi sempre senza intenzionalità. E si fanno male da soli molto di più e molto più spesso. Solo che da fuori non si vede.

I social network ci permettono di comunicare con estrema facilità, favoriscono la divulgazione e ci tengono compagnia. Hanno diversi aspetti positivi ma anche negativi, che rapporto ha lei con i social media?
Sono su Instagram dal 2020 con @psycogoccine, una pagina di riflessioni psicologiche dedicata principalmente alle relazioni affettive: l’amore, le crisi di coppia, i conflitti, le infedeltà, ecc. Cerco di dare a chi mi legge conforto ma soprattutto comprensione di quello che stanno vivendo e dei comportamenti dell’altro, perché è proprio la mancanza di comprensione che disorienta, spaventa e a volte ci fa sentire soli e perduti. 
Dalle riflessioni di @psycogoccine è nato il mio manuale “Con te, senza di te. Guarire (da) un amore in crisi” edito da DeAgostini, che è uno strumento di benessere dedicato a tutti, contrariamente alle mie precedenti pubblicazioni universitarie di neuroscienze, che hanno contenuti e linguaggio adatti solo ad un pubblico specializzato.
Penso che i social siano un potente mezzo di circolazione delle idee, di confronto e di scambio. Ovviamente, più uno strumento è potente e più fa danno, se usato in modo scorretto. Quindi, bisogna fare attenzione e scegliere a cosa e chi esporsi. Ma questo vale per i social così come per il quotidiano, no?

Grazie del suo tempo e complimenti per la sua carriera professionale.
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