Lorenzo Riccioli, nato a Bologna nel 1997, è un giovane con un percorso insolito e ricco di sfaccettature. Da una formazione tecnica come perito chimico, passando per il teatro e la filosofia, fino ad approdare al Project Management, Lorenzo ha saputo intrecciare cultura, scienza e innovazione in un’unica visione. Laureato in Filosofia e Teologia a Modena e con un master in Project Management conseguito a Roma, oggi Riccioli si impegna a creare ponti tra questi mondi apparentemente distanti. In questa intervista, esploriamo il suo viaggio personale, le sue ambizioni e la sua filosofia di vita, fatta di curiosità e desiderio di coinvolgere il pubblico in ogni suo progetto.


Lorenzo, benvenuto! Il tuo percorso formativo è davvero unico, spaziando dalla chimica alla filosofia, fino al Project Management. Come sei riuscito a unire questi mondi così diversi nella tua vita professionale e personale?
Il mio percorso formativo ha unito mondi apparentemente distanti, come la chimica, la filosofia e il Project Management, grazie alla creatività e alla curiosità. Ho sempre cercato di scoprire connessioni inaspettate e profonde tra questi ambiti, esplorando come la scienza possa arricchire il pensiero filosofico e come quest’ultimo possa influenzare la gestione pratica dei progetti. In fondo, credo che ognuno di noi abbia un aspetto unico e irripetibile che emerge dalle esperienze che vive, e questo è ciò che rende ogni percorso personale e professionale così speciale e significativo.

Hai frequentato un corso di teatro dal 2014 al 2016 e hai presentato una mostra scientifica. Come queste esperienze hanno influenzato il tuo modo di comunicare e interagire con il pubblico?
Frequentare un corso di teatro e presentare una mostra scientifica mi ha dato strumenti essenziali per migliorare la mia comunicazione e la capacità di interazione con il pubblico. Il teatro mi ha insegnato a gestire la scena, a modulare la voce e a usare il linguaggio del corpo per trasmettere messaggi in modo efficace. Ho imparato a leggere il pubblico, a captare le sue reazioni e ad adattare il mio discorso, di conseguenza, migliorando così la mia presenza scenica e la capacità di coinvolgere le persone. Presentare una mostra scientifica, invece, mi ha permesso di sviluppare l’abilità di spiegare concetti complessi in modo accessibile e interessante. Questo mi ha aiutato a capire l’importanza di adattare il linguaggio al pubblico di riferimento, che si tratti di esperti o di non addetti ai lavori. Queste esperienze mi hanno reso capace di “stare sul palco” in ogni contesto, sia esso professionale o culturale, e di comunicare con sicurezza e chiarezza, coinvolgendo efficacemente i miei interlocutori, siano essi stakeholder in un progetto o semplici ascoltatori.

Dal palco del teatro alla gestione di progetti tecnologici: come riesci a mantenere il filo conduttore tra queste esperienze? Cosa ti ha insegnato il teatro che oggi applichi nella tua attività di Project Manager?
Il filo conduttore tra il teatro e la gestione di progetti tecnologici è la capacità di interpretare e comunicare, unita alla curiosità che mi spinge ad esplorare diversi ambiti con passione. Il teatro mi ha insegnato a leggere le dinamiche umane, a percepire emozioni e bisogni, e a tradurre questi elementi in azioni concrete, una competenza fondamentale anche nel Project Management. Sul palco, impari l’importanza dell’improvvisazione, del lavoro di squadra e della gestione delle incertezze, aspetti che applico quando coordino progetti complessi. Ad esempio, in un progetto tecnologico, è essenziale saper adattare il piano di fronte a imprevisti, mantenendo il team motivato e coeso, proprio come in una performance teatrale. Inoltre, il teatro mi ha insegnato il valore di una comunicazione chiara e coinvolgente, utile per presentare idee, coinvolgere stakeholder e facilitare l’adozione di soluzioni innovative. Credo che la digitalizzazione, come il teatro, possa essere una “rivoluzione gentile”: un’opportunità per trasformare la società in modo inclusivo, migliorando il benessere collettivo attraverso una comunicazione efficace e il coinvolgimento delle persone..

Sei laureato in Filosofia e Teologia. In che modo queste discipline arricchiscono la tua visione del mondo e influenzano le tue decisioni professionali?
La laurea in Filosofia e Teologia mi offrono strumenti essenziali per affrontare il mondo professionale con una visione critica e consapevole. La Filosofia mi ha insegnato a riflettere profondamente, ad analizzare problemi complessi e a formulare domande che sfidano le risposte convenzionali. Questo mi aiuta a interpretare la realtà in maniera più profonda e a sviluppare una comprensione ampia delle dinamiche umane e sociali.
La Teologia, d’altra parte, mi ha dato un’attenzione particolare ai valori, al significato delle scelte e alle domande esistenziali che muovono le persone. Questo mi rende più capace di ascoltare gli altri con empatia e di comprendere i loro bisogni, vedendoli come possibilità di crescita personale e professionale, in un contesto di scelte etiche.
Entrambe le discipline, integrate nel mio approccio lavorativo, mi permettono di riconoscere le motivazioni che guidano le persone nel quotidiano. Prendo ispirazione anche da eventi come il WOBI, che riuniscono leader aziendali da tutto il mondo. In questo modo riesco a connettere la riflessione filosofica e l’attenzione ai valori con le esigenze concrete del mondo professionale, supportando decisioni basate su una visione integrata e orientata al benessere comune.

Nella tua biografia parli dell’importanza di rendere accessibili concetti complessi, sia in ambito scientifico che culturale. Come affronti questa sfida nei tuoi progetti attuali?
Affrontare la sfida di rendere accessibili concetti complessi è un elemento chiave nel mio approccio professionale. Per riuscirci, il primo passo è mettermi nei panni del mio interlocutore, cercando di capire il suo background, le sue esperienze e il suo livello di comprensione del tema trattato. Questo mi permette di adattare il linguaggio e il registro comunicativo, utilizzando esempi concreti, metafore semplici e riferimenti pratici. Spesso, la capacità di improvvisare e cambiare registro si rivela fondamentale: in questi momenti sfrutto l’esperienza maturata nel teatro e nelle presentazioni scientifiche per tradurre i concetti in modo intuitivo, mantenendo viva l’attenzione del pubblico. Come diceva mio fratello, “parlare come si mangia” significa esprimersi in modo chiaro e diretto, senza complicare inutilmente il messaggio. Credo fermamente che semplificare non significhi banalizzare, ma rendere accessibili idee che altrimenti resterebbero incomprese, permettendo così alle persone di farle proprie e di integrarle nel loro modo di vedere il mondo.

Lavorare nel settore del Project Management richiede precisione e rigore, ma anche creatività. Come riesci a bilanciare questi due aspetti nel tuo lavoro quotidiano?
Nel Project Management, il bilanciamento tra precisione e creatività è essenziale per ottenere risultati concreti. Da un lato, l’uso di metodologie rigorose (come il metodo Agile, PMI o Prince2) garantisce una struttura solida: questi strumenti definiscono chiaramente processi, tempi e risorse, permettendo di monitorare i progressi e di rispettare le scadenze. La precisione, quindi, è fondamentale per mantenere il progetto sotto controllo e assicurare che ogni fase venga completata correttamente.
Dall’altro lato, però, la creatività è altrettanto cruciale, soprattutto quando ci si trova ad affrontare imprevisti o situazioni di stallo. In questi casi, saper pensare fuori dagli schemi diventa il fattore determinante. Ad esempio, durante un progetto recente, mi sono trovato di fronte a un problema che bloccava il team da mesi. Cambiando prospettiva e adottando un approccio diverso, siamo riusciti a superare l’impasse e a trovare una soluzione innovativa che ha sbloccato il lavoro e portato al successo del progetto.

Modena è la città dove vivi e Bologna quella in cui sei nato, questo ti ha dato la possibilità di sperimentare diverse realtà. Quanto influiscono e hanno influito queste città sulla tua crescita personale e professionale?
Modena e Bologna hanno avuto un ruolo fondamentale nella mia crescita personale e professionale, offrendo due realtà diverse ma complementari.
Modena è una città caratterizzata da un forte spirito imprenditoriale e artigianale. Qui ho imparato il valore del “saper fare”, l’importanza del lavoro come espressione di identità e integrazione. Modena mi ha insegnato la concretezza e la capacità di tradurre le idee in progetti reali, grazie a una cultura del lavoro operosa e dinamica, dove l’attenzione alla qualità e all’innovazione è palpabile in ogni settore. Bologna, invece, con il suo respiro più ampio e cosmopolita, mi ha arricchito sul piano culturale e intellettuale. Essendo una città universitaria e un centro nevralgico per eventi culturali, mi ha esposto a una diversità di pensieri e influenze che hanno ampliato i miei orizzonti. Bologna mi ha insegnato ad apprezzare il confronto di idee e il dibattito, stimolando la mia curiosità e la mia apertura mentale. È una città che mi ha mostrato l’importanza della rete e della condivisione, aspetti essenziali nella mia pratica professionale.

Il teatro ti ha insegnato il valore dell’empatia. Come utilizzi questo aspetto nel lavoro di squadra, sia sul palco che nel contesto manageriale?
Il teatro è stato per me una scuola di empatia straordinaria, un’esperienza che mi ha insegnato a comprendere profondamente gli stati d’animo e le intenzioni delle persone, anche senza parole. Uno degli episodi più significativi è stato un laboratorio teatrale organizzato da un ente internazionale, durante il quale abbiamo lavorato in silenzio, accompagnati solo da musica di sottofondo. In quella stanza, 30 giovani si muovevano insieme, senza parlare, ma comunicando attraverso i gesti e lo sguardo. È stata un’esperienza potente che mi ha mostrato quanta comunicazione avvenga senza l’uso della parola, solo attraverso il linguaggio del corpo e l’ascolto reciproco. Nel contesto manageriale, applico questo insegnamento ogni giorno. L’empatia mi permette di sintonizzarmi con il mio team, di capire le esigenze e i sentimenti di colleghi, clienti e collaboratori, andando oltre le parole espresse. Quando si lavora in squadra, è fondamentale cogliere segnali non verbali, intuire frustrazioni o preoccupazioni e adattare il proprio approccio di conseguenza.
L’empatia, quindi, non è solo una dote teatrale, ma un potente strumento di leadership e gestione.

Ci sono figure, eventi o esperienze particolari che ti hanno ispirato nel tuo percorso?
Un’esperienza che ha profondamente segnato il mio percorso è stata il pranzo con Papa Francesco il 2 aprile 2017. Sedere allo stesso tavolo con lui mi ha permesso di vedere da vicino la sua straordinaria umanità. La sua capacità di dialogare con naturalezza, unita a una sincera ironia e simpatia, mi ha colpito profondamente. Avevo appena vent’anni e mi sono sentito ascoltato e compreso da vicino. Quell’incontro mi ha insegnato il valore della semplicità e dell’umiltà nel comunicare, qualità che cerco di applicare nel mio lavoro quotidiano. Papa Francesco è riuscito a trasmettere una profondità di pensiero senza mai risultare distante o inaccessibile, un esempio di come si possa influenzare positivamente le persone rimanendo autentici e concreti. È stato un momento che mi ha ispirato a cercare sempre un contatto genuino con gli altri, sia nel contesto personale che professionale.

Quali sono i tuoi obiettivi? Ci sono progetti specifici che sogni di realizzare, magari combinando ancora una volta teatro, scienza e innovazione?
I miei obiettivi futuri si concentrano sulla creazione di progetti che integrino cultura, teatro e innovazione, soprattutto nelle città che considero casa: Modena e Bologna. Vorrei sviluppare iniziative che favoriscano la divulgazione scientifica e culturale, creando spazi di dialogo e confronto accessibili a tutti, con un’attenzione particolare alla dimensione etica e antropologica. Un progetto che sogno di realizzare è un festival interdisciplinare che unisca performance teatrali, conferenze scientifiche e laboratori interattivi, coinvolgendo esperti e artisti per affrontare temi attuali come l’intelligenza artificiale, il cambiamento climatico e l’etica digitale. Mi ispira il lavoro di persone come Francesco, attivista e ricercatore di Bologna, che ha recentemente organizzato un ciclo di incontri sull’intelligenza artificiale, creando una rete di relazioni e promuovendo una divulgazione approfondita e inclusiva. Vorrei collaborare con figure simili per creare eventi che possano educare e ispirare la comunità, rendendo la cultura un motore di innovazione e crescita sociale

Grazie Lorenzo per l’interessante chiacchierata ed un grosso in bocca al lupo per i tuoi progetti futuri.
Continua a seguirci!

Per saperne di più
Linkedin | Instagram
| SSRN 

Richiedi un’intervista esclusiva!

Copy link