Chi siamo, se non ciò che crediamo di essere?
Con L’uomo duplicato, José Saramago ci conduce ancora una volta al confine sottile tra realtà e allucinazione, logica e delirio, offrendo al lettore un romanzo che è insieme labirinto psicologico e specchio crudele del nostro tempo. Riproposto da Feltrinelli in una nuova edizione 2025, con la traduzione sapiente e fedele di Rita Desti, il romanzo risplende di una luce nuova, forse ancora più attuale in un mondo che moltiplica incessantemente le immagini dell’Io.
Protagonista della vicenda è Tertuliano Máximo Afonso, professore di Storia con un nome importante e un’esistenza grigia. È un uomo spento, scivolato ai margini del vivere, segnato da una separazione che nemmeno sa spiegare, incapace di relazionarsi con gli altri se non attraverso un filtro di noia o disincanto. La svolta arriva inaspettata, quasi per gioco: guardando una commedia leggera su consiglio di un collega, scopre un attore secondario che non gli somiglia… è lui. Un doppio perfetto, una replica esatta del proprio volto, del proprio corpo, della propria voce.
Da qui inizia un’indagine ossessiva che sconfina ben presto nella paranoia: chi è quell’uomo? Perché esiste? Quale senso ha la propria esistenza, se può essere replicata? L’identità, per Saramago, è un fragile castello costruito sulla sabbia del caso e dell’illusione. Il doppio non è solo l’altro da sé, è il sé smascherato.
La scrittura di Saramago, con la sua sintassi avvolgente, i dialoghi incastonati nella narrazione senza virgolette, la punteggiatura rarefatta e musicale, è essa stessa parte della vertigine. Il lettore è trascinato in un flusso di pensiero ininterrotto, in cui l’ironia si alterna alla tensione filosofica. Come accade in Cecità o in Tutti i nomi, l’autore ci immerge in una realtà dove il simbolo si confonde con il quotidiano e la domanda metafisica si annida nei gesti più semplici.
Tertuliano è l’uomo moderno, disorientato, sradicato, incapace di riconoscersi nello specchio. E la sua discesa nel gorgo del doppio è una metafora potentissima della crisi dell’identità individuale in un’epoca di clonazioni digitali, profili social e identità intercambiabili.
L’uomo duplicato è un romanzo che lascia inquieti. Non offre risposte, ma moltiplica le domande. È un testo che richiede pazienza, attenzione, ascolto: un viaggio in cui ogni frase è una trappola e ogni parola una chiave. Ma è anche, e soprattutto, una straordinaria riflessione sulla condizione umana, sulla solitudine, sul desiderio di essere unici – e sulla paura che forse, in fondo, non lo siamo mai stati.
Come scrisse Saramago in Cecità: «Se puoi vedere, guarda. Se puoi guardare, osserva.»
E questo romanzo è un invito a farlo. Fino all’ultima, disarmante pagina.
Per saperne di più visita: lafeltrinelli.it