Marco Bertino e la Edera Rock Band: Il rock italiano che fa emozionare

Marco Bertino, fondatore e frontman della Edera Rock Band, ha sempre vissuto con passione e determinazione. Laureato in Giurisprudenza, speaker radiofonico e cantante, ha unito il suo carisma e la sua energia al mondo della musica, dando vita a una band che, dal 2018, porta sul palco l’anima del rock italiano. Con un repertorio che omaggia giganti come Vasco Rossi e Litfiba, la Edera Rock Band sta conquistando numerosi consensi, grazie alla loro capacità di creare momenti di pura emozione. In questa intervista, Marco ci racconta il percorso della band e le sue ambizioni future.

a cura di Antonio Capua
ph Alfio Sgroi


Benvenuto su Che! Intervista, Marco. Hai una carriera variegata: giurista, speaker radiofonico, e poi fondatore della Edera Rock Band. Cosa ti ha spinto a fare questo salto nella musica e come riesci a bilanciare queste passioni?
Il mio percorso verso il conseguimento del titolo accademico di Dottore e Giurista è stato impervio e molto difficile. Ho incontrato molte difficoltà sia da bambino che da adolescente, ma proprio attraverso queste ho avuto la fortuna di formarmi come una persona resiliente e dotata di grande carisma. Nonostante tutte le sfide, avevo un sogno ben chiaro, e l’ho realizzato.

Sul piano artistico, tra esperienze nell’animazione e collaborazioni, ho scoperto con il tempo di avere un talento naturale per il canto. Da bambino amavo già cantare, partecipando a un karaoke su una televisione locale, Ciak Telesud, e successivamente ho raccolto molti consensi esibendomi nei locali, inizialmente in jam session o in performance con vari artisti e musicisti. Sapevo di avere una buona capacità vocale e interpretativa, ma ciò che mi ha spinto a formare una band è stata l’emozione che percepivo nel pubblico durante i miei live. Negli occhi della gente vedevo riflessa l’intensità di quel momento, e regalare anche solo un brivido o un’emozione di un secondo mi ha sempre affascinato.

Per questo motivo ho deciso di perfezionarmi, studiando per oltre un anno con il maestro Manuel Castro. La musica è stata una strada naturale per me, e la band ha rappresentato il traguardo di quel percorso. Reinterpretare Vasco è diventato come “la casa speciale” che ho trovato alla fine di quel sentiero.

La tua band si ispira a icone del rock italiano come Vasco Rossi e Litfiba. Qual è il segreto per reinterpretare fedelmente questi artisti senza perdere la vostra identità? E cosa provi quando sul palco ti senti così vicino a Vasco, come dicono molti fan?
Reinterpretare Vasco e Litfiba, due icone della mia gioventù, mi riempie di profondo orgoglio, soprattutto quando riesco a farlo bene. Mi permette di esprimere la mia innata voglia di trasmettere emozioni profonde e la giusta ribellione a chi mi ascolta. Quando interpreto Vasco, provo una grande emozione e sento di avere, in molte sfaccettature, un vissuto simile alla sua vita da rocker. Per questo mi piace immedesimarmi completamente, cercando di raggiungere vocalmente, spiritualmente e scenicamente la figura del “Blasco”. Cantare Vasco significa sentirlo dentro, non è solo un modo di dire: ogni parola dei suoi brani è una sofferenza gridata al mondo o un’emozione da condividere a 360°, non solo a livello scenico, ma anche emotivo.

Con Litfiba, e in particolare con Piero Pelù, emerge invece una parte più eccentrica, politicamente irriverente ed energicamente irrazionale. Quando lo interpreti, assumi uno spirito ribelle e sbarazzino, che il personaggio stesso impone. Tuttavia, è un ruolo che viene quasi naturale, calandosi nella parte.

La Edera Rock Band è nata nel 2018 e in pochi anni ha raccolto consensi partecipando a importanti contest come Risuoni. Come descriveresti l’evoluzione della band in questi anni? E quale è stata la vostra esibizione più memorabile?
La band è cresciuta molto nel tempo. Sono sempre stato meticoloso e preciso nei miei progetti. Anche nei periodi in cui siamo stati fermi, come in quarantena o in pausa, quando ci siamo esibiti abbiamo sempre offerto performance di alto livello, grazie a musicisti scelti personalmente da me, che ringrazio per la loro professionalità e per i loro curriculum di assoluta importanza nel settore. Mi piace che il pubblico, quando ci ascolta, possa rilassarsi e rivivere le note originali e le emozioni che trasmettiamo.

L’esibizione di quest’anno a “Risuoni” penso sia stata la più emozionante, se dovessi sceglierne una. Abbiamo eseguito un trittico di brani storici e ben assortiti: “Liberi Liberi”, “Ogni volta” e “Non hai mica capito”. Il pubblico e la giuria hanno apprezzato la magia che è scaturita dalla nostra performance. Anche nelle precedenti edizioni di “Risuoni” i risultati sono stati simili, con una forte complicità instaurata con il pubblico durante l’esibizione. Il palco di “Risuoni” regala un’enorme adrenalina e incarna appieno le virtù di un grande palco. Ti offre tutto ciò che un frontman cerca in quel contesto: energia e adrenalina.

Se dovessi citare un’altra esibizione speciale, ricordo un tributo a Pedara, in piazza Don Bosco, dove oltre a vedere la folla radunarsi entusiasta per seguirci, accadde un episodio curioso e simpatico. A fine esibizione, il proprietario di un noto locale ci raggiunse dicendo: “Vi voglio nel mio locale. Venite a parlare e prendiamo accordi”. Io e il mio chitarrista ci precipitammo subito da lui. Quella sera d’estate, calda e vivace, avevamo lasciato il segno in quella piazza, ben oltre l’entusiasmo già tangibile del pubblico.

Riprodurre le emozioni e l’energia di grandi artisti del passato è una sfida. Quali sono le difficoltà nel mantenere alta l’intensità e l’autenticità durante le performance live? E quali sensazioni provi quando vedi il pubblico connesso alla vostra musica?
Riprodurre le emozioni è tanto difficile quanto facile, almeno per me. Se lavori con impegno e dedizione e riesci a entrare in sintonia con i brani, hai già compiuto tre quarti dell’opera. Quando vedo il pubblico lasciarsi trascinare dalla musica o iniziare a ballare, qualunque emozione io riesca a suscitare con la mia band, il mio cuore si riempie di gioia. Uno dei punti nevralgici del canto e del mio approccio come frontman è proprio quello di creare una connessione autentica con gli ascoltatori. Fortunatamente, questo accade spesso quando ci esibiamo.

Sei anche un comunicatore, avendo lavorato come speaker radiofonico. Quanto la tua esperienza nel mondo della radio ha influenzato la tua capacità di coinvolgere il pubblico durante i concerti?
Sì, ho esperienza sia in feste private, come vocalist, che come speaker, intrattenitore e collaboratore in rubriche radiofoniche, anche di rilievo. Tuttavia, queste esperienze non hanno influenzato particolarmente le mie performance come frontman. Essere un frontman è, in effetti, simile a essere un vocalist, poiché entrambi devono intrattenere e mantenere alta l’attenzione del pubblico. Ma la vera differenza sta nel fatto che, da frontman, devi riuscire a portare simbolicamente le persone nel tuo mondo, nel tuo vissuto, mentre sei sul palco. Se percepisci che il pubblico è con te, allora hai raggiunto l’obiettivo. Le esperienze precedenti in radio e animazione, in questo senso, contano solo in parte.

La vostra scaletta include classici del rock italiano, ma anche qualche brano internazionale. Come scegliete quali brani eseguire? C’è un criterio particolare o vi affidate alla reazione del pubblico?
La scelta della scaletta è sempre pensata con attenzione, rispettando i canoni e gli standard storici dei gruppi o artisti omaggiati durante un’esibizione specifica. Ad esempio, “Albachiara” non può mai mancare come brano conclusivo di un live o di un tributo a Vasco, è una chiusura immancabile. Per quanto riguarda i brani stranieri, li includo solo in occasioni particolari, quando richiesti. Adoro suonare “Psycho Killer” dei Talking Heads o “Roadhouse Blues” dei Doors, che scatenano davvero l’energia sul palco. In ogni caso, la scelta dei brani è sempre dettata dal loro valore storico e da quanto siano ancora capaci di coinvolgere il pubblico.

Il rock è spesso associato a ribellione e libertà. Cosa rappresenta per te questo genere musicale e in che modo pensi che la tua band riesca a trasmettere questi valori?
Il rock, come giustamente recita la domanda, è ribellione, ma una ribellione sana. Se la vita ti mette davanti a ostacoli e difficoltà, una ribellione consapevole diventa l’antidoto ideale, ed è esattamente quello che penso io e i miei musicisti quando siamo sul palco. La vita è fatta di introspezione, reazione e, appunto, sana ribellione. Il rock è una sorta di antidoto divino che, con una sola “capsula”, riesce a toccare tutti e tre questi aspetti. È come prendere tre piccioni con una fava. La libertà è un diritto inviolabile che tutti dobbiamo valorizzare, e il rock, con le sue tematiche e sfaccettature, aiuta a comprendere quanto sia fondamentale. Sì, senza dubbio.

Hai detto che uno dei vostri obiettivi è stabilizzarvi artisticamente e raggiungere una maggiore visibilità. Cosa significa questo per te e per la band? E qual è la vostra prossima sfida per raggiungere questa ambizione?
L’ambizione e il sogno è raggiungere una stabilità in termini di visibilità e richieste. Vorrei che questo passaggio fosse consolidato, magari con qualche apparizione televisiva. Ci sto lavorando, ma non posso e non voglio svelare troppo finché i progetti non prendono forma. Sono convinto che, per raggiungere grandi traguardi, sia necessario puntare su mezzi concreti per autopromuoversi, e quale miglior vetrina del piccolo schermo? Sono progetti su cui sto lavorando.

Un altro obiettivo è continuare a crescere e rafforzarsi, partecipando a eventi importanti come Risuoni, una vetrina che offre grande visibilità. Essendo il fondatore della band, per me è fondamentale avere una visione chiara: come un buon capitano, sta a me guidare la “nave” verso il porto sicuro.

La musica è un mezzo potente per trasmettere emozioni. Come ti senti quando, attraverso la tua voce e la musica della band, riesci a far rivivere momenti e sensazioni legate ai grandi brani del rock italiano? C’è un ricordo particolare di un momento toccante durante una vostra esibizione?
Regalare emozioni, come ho detto, è sempre qualcosa di profondamente gratificante. Far rivivere momenti e portare le persone, come fanno le note originali, a riflettere e sognare sulla propria vita ed esistenza è un impegno impegnativo, ma anche un grande orgoglio. E poi, se hai quel dono e ti piace farlo, tutto diventa più semplice.

Ci sono attimi che ricordo con estrema felicità, come quando, dopo un’esibizione, le persone si avvicinano e ti dicono “hai fatto un’esibizione al top” o quando colleghi, anche più storici e famosi di band “rivali”, mi fanno arrivare il messaggio iconico: “Marco, sul palco sei il miglior interprete di Vasco. Nessuno meglio di te”. Ecco, queste sono cose che ti fanno gonfiare il petto e ti fanno sentire meno i sacrifici e gli sforzi. Oltre a rafforzare l’autostima, aumentano la voglia di lavorare e investire ancora di più in questa nobile causa. (Da buon giurista, lo dico!)

Come immagini la crescita della Edera Rock Band? Avete in mente nuovi progetti, magari anche brani originali, che possano darvi un’identità ancora più forte nel panorama musicale?
Immagino e sogno di cementare ulteriormente la nostra formazione, affinché ogni componente si identifichi e si incarni pienamente nel progetto. Purtroppo, a volte, a causa di impegni personali, siamo stati “fermi ai box”, ma spero di trovare presto un punto di svolta, una forte connessione spirituale oltre che musicale. E poi, chissà, magari un’opportunità casuale potrebbe sorprenderci. La vita, infatti, regala spesso sorprese, basta saper cogliere quelle positive nel mazzo che ci viene proposto. E, se ci fosse la chiave fortunata, potrebbe essere quella a guidarci verso quel salto in alto tanto auspicato. Sognare sempre, porsi obiettivi e mete è un modo per cercare di vivere al meglio.

Saluti da Marco Bertino, e seguiteci sulla nostra pagina Facebook Edera Rock Band. Grazie a “Che intervista” per l’ospitalità! Ad majora!

Grazie a te Marcoe complimenti per il tuo lavoro che con passione porti avanti

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