Marta Moroni, scrittrice umbra, ha saputo trasformare la sua passione per la scrittura in un percorso letterario ricco e variegato. Dal romanzo d’esordio “Io, Sara“, finalista al Concorso dei Tre Colori e adottato nella Libroterapia, fino ai racconti dedicati ai borghi umbri e alle favole per bambini, Marta esplora temi che spaziano dalla memoria storica alla bellezza dei luoghi italiani. Con un nuovo romanzo “Seconda pelle” uscito il 10 maggio 2024, e una biografia di Wilma Goich in lavorazione, ci racconta il suo percorso, le sue ispirazioni e i progetti futuri in questa intervista.


Marta, il tuo romanzo d’esordio “Io, Sara” è stato adottato per la Libroterapia e selezionato tra seicento opere come finalista al Concorso dei Tre Colori. Come ti sei sentita a ricevere questo riconoscimento e cosa ti ha ispirato a scrivere questo libro?
“Io, Sara”, pubblicato da Futura Edizioni, è stato un esordio emozionante che mi ha fatto amare dai lettori e dalle lettrici per il suo potere empatico e di rispecchiamento. Questo è il motivo per cui è stato selezionato per la Libroterapia dalla psicologa Lucia Magionami che lo ha adottato come primo testo del ciclo. Questa scelta mi ha onorato. Ho atteso la fine del percorso con trepidazione ed è stata un’emozione indescrivibile sapere che le donne che ne hanno preso parte, grazie al mio romanzo, hanno rispolverato episodi della loro vita che avevano rimosso. Ancor più entusiasmante è stato presentarsi di persona. Sì, perché una loro delegazione è venuta a conoscermi, in occasione di Umbria libri. Ecco, il confronto coi lettori è la restituzione più grande che mi dà la scrittura. “Io, Sara” è il frutto di un percorso di elaborazione delle emozioni condotto attraverso la scrittura, su impulso di una psicoterapeuta alla quale mi ero affidata in un momento delicato della mia vita. Questo romanzo rappresenta l’esempio del potere terapeutico della scrittura. Una donna di quarant’anni, di fronte al crollo di tutte le certezze della sua vita, del quale è in parte causa, e allo sgretolarsi della campana di vetro dentro la quale era fino ad allora vissuta, si arma di coraggio e ironia per costruire sé stessa, la propria sfera di autonomia e indipendenza e per individuare la propria dimensione nel mondo, in nome di sé e dei propri figli. Il concorso dei Tre Colori ha rappresentato il mio primo approccio al mondo dei premi letterari. Il riconoscimento ottenuto è stato sicuramente la conferma del potere empatico della storia che ho raccontato, sebbene si trattasse del mio primo romanzo e di un avvicinamento alla pubblicazione ancora ingenuo e inesperto. Tuttavia, è un libro che contiene molti libri. Scusate il gioco di parole, serve per far capire che, in poco più di duecento pagine, sono contenuti molti spunti di lavoro su sé stessi nella cornice di una storia ironica e drammatica al tempo stesso. Questo libro è anche la sperimentazione di alcune tecniche di scrittura creativa come, ad esempio, la tecnica del caviardage, che consiste nell’annerimento delle parole di un testo in prosa, lasciando in evidenza solo quelle che ci risuonano, per trovare la poesia nascosta. Ho applicato questa tecnica al primo capitolo e ne è emersa una poesia così rappresentativa del romanzo e della vita stessa, che, d’accordo con l’editore, l’abbiamo collocata nella quarta di copertina.

Nel 2018 hai pubblicato il libro di favole “Bee&Cra”. Cosa ti ha spinto a esplorare il genere delle favole e cosa speri che i giovani lettori possano apprendere dalle tue storie?
Il libro di favole “Bee&Cra” prende il nome dalla favola principe contenuta in questa raccolta di cinque racconti che esplorano il mondo dei cinque sensi con il metodo dell’elemento fantastico. Il progetto è nato in maniera abbastanza fortuita. In occasione di una manifestazione di portata europea dedicata ai bambini e organizzata dal comune umbro in cui vivo, Corciano, mi era stato chiesto di scrivere una favola dedicata al percorso che compie la lana, dalla pecora al maglione, per accompagnare una mostra a tema, allestita con i filati dell’industria Brunello Cucinelli, noto re del cashmere, che ha sede proprio in Umbria, a Solomeo, una frazione del comune di Corciano. Ho accettato quindi l’offerta di avventurarmi nel mondo fantastico delle favole per bambini e, con la collaborazione dei miei figli, ho scritto “Bee&Cra”, la favola associata all’esposizione sulla filatura e i tessuti, nella meravigliosa chiesa corcianese di San Francesco, e altre quattro favole che, insieme, alla prima, sono state pubblicate dalla casa editrice Bertoni Editore in questa raccolta. L’intento con il quale ho scritto queste favole è quello di spiegare ai bambini, attraverso lo strumento favolistico, concetti come la morte, utilizzando parole a misura di bambino. Sono convinta infatti che impiegando il registro e le parole adeguate, si debbano e si possano spiegare ai bambini i fatti della vita.

Hai scritto racconti legati ai borghi umbri, come Corciano e Collepino. Cosa ti affascina di questi luoghi e come riesci a trasmettere il loro fascino attraverso la tua scrittura?
In piena pandemia da COVID, mi fu chiesto di scrivere un paio di racconti su borghi umbri da inserire all’interno di una guida sui borghi d’Italia, che era stata ideata con la funzione di promuovere la ripartenza del turismo che aveva subito un forte arresto a causa della grave crisi pandemica. La guida è stata pubblicata da Dario Flaccovio Editore nel 2019. Ho scelto di raccontare ai possibili fruitori il meraviglioso borgo medievale in cui sono cresciuta e in cui vivo attualmente, Corciano, situato tra Perugia e il Trasimeno. È un castello dalle origini etrusche, fondato, secondo la leggenda, da Coragino, mitico compagno di Ulisse, al ritorno dalla guerra di Troia. Si erge su cinque colline ricoperte di ulivi ed è un borgo ricco di storia e tradizioni che merita di essere raccontato e, soprattutto, visitato. Collepino, invece, è un luogo caro della mia infanzia. Un piccolissimo paese situato sul monte Subasio, tra Assisi e Spello, che rappresenta una terrazza privilegiata sulla valle umbra. Un luogo del silenzio che conserva un fascino intramontabile, tuttavia poco noto. Ho scritto di Collepino per esportarne la bellezza e l’atmosfera che vi si respira al di fuori dei verdi confini umbri.

Nel 2024 è uscito il tuo secondo romanzo “Seconda pelle”. Cosa puoi raccontarci di questa nuova opera e quali temi hai voluto esplorare in essa?
“Seconda pelle” nasce da un progetto condiviso con il mio editore, Jean Luc Bertoni, quello di affrontare una tematica della quale si parla poco e male: l’amore omosessuale femminile. Per non sconfinare nei cliché, ho raccolto le testimonianze delle ragazze dell’Associazione Omphalos di Perugia che mi hanno accolto nella loro sede e raccontato le loro storie variegate. Ho così raccolto materia prima sulla quale ho imbastito il mio romanzo che parla d’amore nelle sue varie sfaccettature, non solo omosessuale, senza etichettarlo. Il confronto con le ragazze ha rappresentato un arricchimento umano, mentre la stesura fianco a fianco con la mia editor, un arricchimento professionale. Ne è uscita una storia corale in cui s’intrecciano le storie di diversi personaggi, ognuno portatore di un vissuto personale che s’interseca con quello di Margherita, la protagonista. La conosciamo all’inizio del suo percorso come una giovane adolescente che “sta nel mezzo” e frequenta l’ultimo anno di liceo classico. L’accompagneremo all’età adulta, in un percorso ricco di vicissitudini e incontri. Si tratta di un romanzo di formazione, un viaggio introspettivo che analizza i rapporti interpersonali e nel contempo fisico, poiché la storia muove le fila dalla sonnolenta provincia umbra, approda poi nella vibrante Trastevere e si conclude infine tra i panorami mozzafiato di Capo Zafferano, in Sicilia. I Luoghi diventano rappresentazioni degli stati d’animo e dell’evoluzione della personalità di Margherita fino all’acquisizione di consapevolezza. Fa da sfondo all’intera storia lo zafferano, una spezia che nel romanzo assume quasi la connotazione di personaggio a sé stante, potente quanto la figura del nonno, bussola e faro per Margherita, il quale, grazie alla sua passione per la terra e per la cucina, guiderà la nipote, fornendole insegnamenti di vita.

“È sicuramente un romanzo dal forte potere evocativo e sensoriale che affronta molte tematiche care agli adolescenti dei nostri giorni e, per questo, “Seconda pelle” rappresenta un utile strumento sia per i figli che per i genitori. È una storia che parla, in modo trasversale, a tutti indistintamente, a prescindere dall’identità di genere.”

Il tè è un elemento ricorrente nei tuoi scritti, come il racconto “Parlami di tè”. Cosa rappresenta per te questo rito e come lo hai utilizzato per costruire una narrazione sensoriale e storica?
Più che il tè, direi il mondo culinario in generale. Mi piace inserire elementi di cucina nelle mie storie per il loro potere evocativo e sensoriale. La mia scrittura è una scrittura fortemente sensoriale. Il lettore percepisce odori e sapori attraverso le parole. Non solo. Spezie e cibi sono anche strumenti nelle mani dei personaggi per far transitare insegnamenti e messaggi. Ne è un esempio emblematico il mio ultimo romanzo, “Seconda pelle”, in cui la coltura dello zafferano e le sue proprietà fanno da sfondo a tutta la storia, recando con sé una morale e diversi insegnamenti. Altro esempio in tal senso è il mio racconto “Parlami di tè” contenuto nell’antologia “Raccontami di tè” edita da Bertoni Editore: dieci autori per dieci tipologie di tè. A me è toccato l’English Breakfast tea. Mi sono divertita moltissimo a scrivere questo racconto che ho ambientato nel suggestivo borgo di Castle Combe nei Cotswolds in Inghilterra. Ho fatto delle ricerche relative sia agli ambienti geografici che ai riti di produzione e consumazione di questa tipologia di tè. Ecco che la scrittura è fonte di arricchimento culturale. Ho scoperto infatti che questo tè è molto forte e  veniva consumato infatti al mattino, insieme a un’abbondante e sostanziosa colazione, dagli uomini prima di andare nei campi a coltivare la terra. La colazione inglese, tanto ricca e variegata, serviva a conferire le giuste energie per il lavoro manuale da praticare per diverse ore al giorno, prima di rientrare per il pasto serale nelle proprie abitazioni e nel tempo ha cristallizzato un rituale che esprime anche attenzione e cura per sé stessi. Una lezione importante che Megan, la giovane avvocatessa londinese in carriera protagonista del mio racconto, talmente stressata e dedita al lavoro da non concedersi altro che un caffè volante da Starbucks al mattino come colazione, imparerà proprio a Castle Combe dove dovrà recarsi in missione per conto dello studio legale per il quale lavora al fine di aggiudicarsi il posto di socio. Tuttavia, l’ambiente intimo e familiare, che anche certi rituali come quello del tè sanno creare, le farà riaffiorare ricordi d’infanzia che credeva sommersi dalla polvere del tempo e, soprattutto, contribuirà a risvegliare in lei l’attenzione per certi valori e priorità che aveva accantonato, come l’attenzione e il saper prendersi cura di sé. In questo racconto c’è molto del mio amore per i riti che fanno parte della mia vita fin da quando ero bambina e che ho cercato di trasmettere ai miei figli. Dalla preparazione dei cappelletti natalizi fatti in casa nelle serate invernali prima di Natale, alla preparazione dei dolcetti per accompagnare i tè pomeridiani in famiglia nei lunghi pomeriggi d’inverno. La sensorialità della mia scrittura, fatta d’immagini, è un tratto distintivo del mio stile molto apprezzato dai miei lettori che, dopo aver letto il racconto, sono andati a fare scorta di tè e dolcetti poiché gli era venuta fame.

Hai vinto diversi concorsi letterari con i tuoi racconti. Qual è, secondo te, l’elemento chiave che rende un racconto breve coinvolgente e memorabile per i lettori?
Il racconto breve si focalizza su un preciso momento di una storia che, anche se intuita come complessa, si sviluppa in un numero contenuto di eventi, nodi e circostanze. Il racconto breve, compreso tra le 8.000 e le 30.000 battute, assomiglia alle pitture rupestri che, con poche figure e immagini, rappresentavano un’intera storia. La sua caratteristica struttura verticale fa entrare il lettore nel climax con impatto immediato e lo conduce subito al finale. Tenuto presente ciò, l’elemento chiave di un racconto breve è costituito dalla velocità del dialogo e, in quelli dove non è previsto, come nel caso del mio racconto su Ortigia, pubblicato nell’antologia “Cartoline estive” Affiori editore, consiste proprio nell’uso appropriato delle parole che devono essere in grado di scattare una polaroid del luogo o della circostanza, cosicché, in una cornice ristretta, siano compresi tutti gli elementi essenziali per catturare l’attenzione del lettore/spettatore, calandolo subito e appieno nella scena.

Sei stata selezionata per antologie come “Cartoline estive” e “In viaggio tra i borghi d’Italia”. Come riesci a far emergere la bellezza dei luoghi attraverso la tua narrazione e quale luogo ti ha ispirato di più?
Credo che il potere evocativo e sensoriale delle parole, che contraddistingue il mio stile di scrittura, sia stato il perno per cui io sia stata selezionata per certi tipi di racconti. I miei lettori spesso mi dicono che, quando mi leggono, sentono i profumi e i sapori che racconto e che gli pare proprio di trovarsi negli stessi luoghi di cui parlo. Attraverso la mia scrittura, come una macchina spazio-temporale, il lettore si trova proiettato in una realtà altra rispetto a quella in cui fisicamente si trova e che è quella della storia che racconto. Tra tutti i luoghi che finora ho raccontato, quello al quale rimango più affezionata e che rappresenta una fonte inesauribile d’ispirazione è il nostro sud Italia, la Sicilia in particolare, con le sue mille contraddizioni, l’asperità di certe isole, ma anche per il calore della gente, la sua luce e la sua magia. I luoghi difficili e complicati sono un’inesauribile fonte d’ispirazione.

Nel 2023 hai partecipato come giurata a concorsi letterari come il Giallo Trasimeno. Com’è stato vivere questa esperienza dal lato della giuria e cosa ti colpisce di più quando valuti i racconti degli altri autori?
Ho partecipato come giurata al concorso Giallo Trasimeno e al concorso Pensieri Creativi per alcune edizioni, compresa questa del 2024. In entrambi ho letto e selezionato racconti ma di due generi diversi, nel primo caso si trattava di gialli, nel secondo, di racconti a tema libero. Entrambe le esperienze mi sono state utili perché fonte di spunti di confronto. Confrontarsi con testi di altri autori è sempre utile, Da un lato, comporta il mettersi in discussione nell’ottica del miglioramento, dall’altro, rappresenta anche un utile ripasso delle regole di scrittura che è sempre bene tenere presenti quando s’intraprende questo mestiere.

Stai lavorando alla biografia di Wilma Goich. Cosa ti ha spinto a dedicarti a una biografia e come affronti la sfida di raccontare la vita di una persona reale attraverso le tue parole?
È la prima volta che mi cimento nella biografia di un personaggio famoso. Quando mi è stata fatta questa proposta l’ho accolta come una sfida e accettata con curiosità. È stata un’esperienza faticosa e divertente al tempo stesso perché sono entrata in contatto con un mondo dorato, ma anche pieno di criticità, che, fino a quel momento, avevo sempre visto solo con occhio esterno, come lo spettatore guarda uno show in televisione. Raccontare la vita di un personaggio famoso è un po’ come andare sulle montagne russe e devi essere bravo a tenere il ritmo e a non scendere. È faticoso, perché devi seguire l’onda dei ricordi e dei racconti di un’altra persona che spesso si accavallano fra loro, cercando di cogliere gli aspetti più interessanti o da approfondire. Vanno indagate le emozioni e calibrate all’interno dei fatti narrati. È un lavoro da cronista che va cesellato e raffinato, declinato secondo il proprio stile in una forma di romanzo in cui i fatti si armonizzino con le sensazioni. E tutto ciò non riguarda te o i personaggi che tu crei, modellandone fisionomia e personalità, bensì qualcun altro, non solo realmente esistente, ma anche con una vita dal forte impatto sociale.

Guardando al futuro, hai diversi progetti editoriali in corso. Qual è il tuo prossimo obiettivo come scrittrice e ci sono temi o generi che vorresti esplorare nelle tue opere future?
In questo momento sto terminando l’impaginazione di un libro dedicato a Corciano, anche fotografico, che uscirà con la casa editrice Luoghi interiori e sto terminando il lavoro sulla biografia di Wilma Goich. Ho iniziato a mettere insieme le idee per il terzo romanzo dove, senza dire troppo, indagherò sul passato del protagonista e sulla strana morte di una persona che lo ha segnato. Ci sarà ancora la Sicilia, con antichi mestieri oggi scomparsi e figure misteriche femminili appartenenti alla tradizione e ci sarà uno tra i più affascinanti e misteriosi tra i luoghi abbandonati che sono stati oggetto delle mie esperienze da fotografa urbex.

Grazie Marta e complimenti per il tuo lavoro.
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