Monica de Benedetta è molto più che una semplice docente di danza. È una donna che ha fatto della sua passione per l’arte coreutica un percorso di vita ricco di esperienza, trasformazione e continua evoluzione. Danzatrice, coreografa e formatrice, ha calcato i palcoscenici e guidato giovani talenti con un’incredibile dedizione. La sua carriera è un intreccio affascinante di tradizione e innovazione, spaziando dal balletto classico alle coreografie più moderne e sperimentali. In questa intervista, Monica ci guida attraverso il suo mondo, fatto di sacrifici, successi e una profonda riflessione sul ruolo dell’arte nella società contemporanea.

a cura di Antonio Capua


Benvenuta Monica, com’è nata la tua passione per la danza e come ti ha portato a diventare un’insegnante?
La mia passione per la danza nasce in giovane età, avevo solo tre anni e mezzo quando ho partecipato al mio primo saggio di danza. Col tempo, da una semplice attività ludica, ho intrapreso il percorso professionale per formarmi come danzatrice, sotto la guida di Mara Fusco. Successivamente, dopo aver prima danzato, ho deciso di intraprendere il percorso di formazione per insegnanti presso l’Accademia Nazionale di danza di Roma dove mi sono laureata per l’insegnamento delle discipline coreutiche in danza classica. Da lì poi è nata la mia passione e non ho mai smesso di studiare e formarmi seguendo vari corsi di metodologia a livello nazionale ed internazionale da quella cubana a quella danese alla russa.

Insegni fra le altre discipline anche tecnica della danza classica, un’arte che richiede precisione e disciplina. Come riesci a trasmettere ai tuoi allievi non solo la tecnica, ma anche l’amore per questa forma d’arte così complessa e rigorosa?
Insegnare la danza classica è un privilegio. Non nascondo che essendo una disciplina rigorosa spesso mi scontro con non poche difficoltà dovute al cambio della società di oggi che va molto veloce. La danza richiede molta pazienza, sacrificio, dedizione e costanza per raccogliere i frutti di tanti anni di studio. Con i miei alunni, durante la lezione, alterno momenti di grande lavoro a momenti di condivisione, anche umana, raccontando loro la mia esperienza professionale e cercando di fargli capire che devono credere in quello che fanno e in loro stessi, dato che io sono la prima a credere in loro. Inoltre, credo che la passione per un’arte sia anche un aiuto nei momenti più bui, perché anche quando tutto sembra andare male puoi mettere la mano alla sbarra, fare un bel respiro, liberare mente e corpo e dare spazio attraverso il movimento a tutto ciò che hai nel cuore. Lavorare con i giovani mi rende viva e al passo con i tempi.

Hai interpretato ruoli iconici come quello di Carabosse ne “Le Fiabe Danzate”. Quanto è importante per te il legame tra interpretazione teatrale e danza?
Si, ho interpretato molti ruoli nel balletto classico da quelli più romantici ai più realistici. Ma ho adorato interpretare Carabosse per la sua forza e il carattere. Inoltre, amo i personaggi un po’ “cattivi” delle storie.

Interpretazione teatrale e danza sono legate da un vincolo molto stretto. Essendo un linguaggio non verbale, senza interpretazione, qualunque personaggio resterebbe vuoto e puramente tecnico. Per arrivare al pubblico e raccontare una storia, interpretare è fondamentale. L’obiettivo di ogni artista è comunicare.

Nel 2018 hai vinto il primo premio al Concorso Premio DOC con il gruppo 11/13 anni per la coreografia “Armonia”. Qual è il segreto per creare un legame così forte tra i giovani ballerini e il palcoscenico?
Ho di quest’esperienza un piacevole ricordo dato che è stato il primo concorso in cui ha vinto una mia coreografia creata per dei giovani danzatori. La pratica è la ripetitività aiutano i giovani allievi a prendere confidenza col palcoscenico poi, col tempo, l’esperienza fa la sua parte.

Il ruolo della docente non si limita all’insegnamento della tecnica, ma include anche la formazione di giovani talenti come artisti completi. Qual è la parte più gratificante di questo processo per te?
La parte più gratificante del mio ruolo è vederli intraprendere la strada per cui si è lavorato tanto insieme ed aiutarli in questo processo di formazione a realizzare un loro sogno. Cerco di fargli capire che per essere artisti ci vuole cultura e sensibilità. Quando entrano in scuole di perfezionamento all’estero o hanno i primi contratti in compagnie professionali significa che qualcosa di buono è stato fatto. Molto gratificante è anche ricevere i loro messaggi di riconoscenza e gratitudine e di aggiornamento sulle loro carriere.

Hai avuto l’opportunità di lavorare con personalità straordinarie della danza, come Leonide Massine e Thiago Soares. Quali sono state le lezioni più importanti che hai appreso da questi maestri e come influenzano il tuo modo di insegnare oggi?
Con Thiago Soares è stato un incontro casuale nel 2009 durante una lezione per professionisti alla Pineapple a Londra tenuta dal maestro Roland Price, all’epoca maestro alla Royal Ballet, durante la quale ebbi la fortuna di conoscere anche la meravigliosa Marianela Nunez. Io ero a Londra per studiare e allenarmi come ballerina ma nel mentre stavo seguendo anche il dance teacher’s observation presso la Royal Ballet School.

Mentre con Lorca Massine già insegnavo e ho avuto la fortuna nel 2017 di curare, sotto la sua supervisione, alcuni brani delle coreografie del balletto “Il Pulcinella” di Leonide Massine su musica di Stravinskij, interpretati da alcuni giovani alunni per la riproduzione della compagnia del Teatro dell’Opera di Roma diretta da Eleonora Abbagnato presso il Teatro Romano di Pompei. È stata un’esperienza unica e affascinante seguire tutte le prove con i danzatori professionisti della compagnia e una grande emozione vedere interagite i piccoli alunni con i veri danzatori nella meravigliosa cornice scenografica creata da Picasso. Ho imparato tanto e lo porto ancora oggi con me in sala.

Oltre a insegnare danza, sei anche trainer del Gyrotonic Expansion System. Come questa disciplina integra e completa il tuo lavoro nel mondo della danza?
Il Gyrotonic è una disciplina davvero complementare alla danza. L’ho scoperto dapprima su me stessa come danzatrice poi nel 2009 ho deciso di intraprendere il percorso come trainer e ho preso la certificazione in Germania. L’ho insegnato per diversi anni sia a Napoli che a Roma e trovo che sia un connubio efficace per chi fa qualsiasi sport, ma non solo, essendo una disciplina olistica e aperta a tutti.

Hai danzato nel ruolo della Zingarella ne “La Traviata” a Rovereto. Quanto è importante per te collaborare con produzioni liriche e opere? Come cambia il tuo approccio coreografico in questi contesti?
È stata un’esperienza diversa dal balletto “tradizionale”. Collaborare con tante maestranze contemporaneamente mi ha arricchito tantissimo e ampliato i miei orizzonti. Il teatro Zandonai fa sognare e il ruolo che interpretavo era davvero nelle mie corde per cui l’ho vissuto molto serenamente e divertendomi anche un po’.

Se dovessi guardare indietro ai tuoi successi e ai momenti più difficili della tua carriera, c’è un episodio che ritieni abbia segnato particolarmente il tuo percorso come artista e insegnante?
Credo che l’episodio più duro che ho vissuto sia stato quando mi sono infortunata alla caviglia in maniera abbastanza grave, è stato anche lì che ho deciso di intraprendere a tempo pieno la mia carriera da insegnante e lasciare quella di danzatrice. Un momento molto triste ma che ha svoltato anche il mio ruolo e la mia carriera. Nessun danzatore vorrebbe mai smettere di danzare ma a volte si è costretti e bisogna essere in grado di reinventarsi e accettare i cambiamenti.

La danza sta cambiando, così come cambiano le forme d’arte in generale. Come vedi il futuro della danza classica e che ruolo credi debba avere nel panorama artistico moderno?
Credo che la danza classica non abbia tempo benché sia in continuo divenire. Un ruolo fondamentale lo svolge il pubblico che va educato anche ad andare a vedere il balletto classico, infatti spesso porto i miei alunni a teatro. Classico non è sinonimo di antico ma di eterno ed è per questo che non passerà mai di moda. 

Grazie Monica e complimenti per il tuo immenso lavoro
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