Simone Della Monica e Andrea Rizzioli, rispettivamente di 35 e 34 anni, sono i due appassionati esploratori dietro il progetto Noi 2 URBEX. Originari di Carignano, in provincia di Torino, lavorano in fabbrica ma condividono una passione profonda per l’urbex, l’esplorazione urbana di luoghi abbandonati. Attraverso foto e video, riportano in vita la storia dimenticata di ville, fabbriche e castelli che altrimenti resterebbero nell’ombra. Ma il loro lavoro non si limita solo alla documentazione: Andrea arricchisce le foto con illustrazioni che donano un tocco cartoonesco e originale alle immagini. In questa intervista, scopriamo il mondo affascinante dell’urbex e il loro impegno nel raccontare storie dimenticate.
Benvenuti, Simone e Andrea! La vostra passione per l’urbex è nata da adolescenti e ora è diventata parte della vostra vita. Cosa vi ha attratto inizialmente dei luoghi abbandonati e quando avete capito che volevate documentarli in modo più professionale?
Ci siamo sempre chiesti cosa ci fosse all’interno di un luogo ormai decadente, ed è proprio questo che ci ha spinto ad esplorarli. Dai primi luoghi visitati abbiamo capito subito che l’emozione che provavamo volevamo farla vivere agli altri. Volevamo raccontare la storia di questi luoghi ormai dimenticati e, in alcune occasioni, fare qualche segnalazione con la speranza che venissero recuperati.
Esplorate principalmente Piemonte e Lombardia, zone ricche di storia. Qual è stato il luogo più sorprendente che avete visitato finora e quali emozioni vi ha trasmesso?
Ogni posto ha un suo ricordo speciale e una storia da raccontare, ma un luogo in particolare, un dancing, ci ha trasmesso amore e passione, solo lo stare al suo interno e guardare quegli oggetti e le foto trovate, ci ha raccontato perfettamente quanto amore e passione ci ha messo chi viveva in questo luogo.
L’urbex è un mondo ancora poco conosciuto. Quali sono le regole non scritte dell’esplorazione urbana e perché è importante seguirle per preservare questi luoghi?
Le regole sono poche e semplici, NON SI RUBA, NON SI VANDALIZZA, NON SI SCAVALCA, si entra solo se il posto lo si trova aperto, si fanno solo foto e video e si cerca di non allarmare i vicini con la nostra presenza.
Bisogna sempre e solo lasciare solo impronte.
Nei vostri video e nelle vostre foto si nota un grande rispetto per i luoghi che visitate. Qual è la vostra filosofia quando entrate in un posto abbandonato e come cercate di “riportarlo in vita” attraverso le vostre immagini?
La nostra filosofia per riportare un luogo in vita è cercare all’interno di esso la storia di chi lo ha vissuto, magari riuscendo a trovare foto e dettaglio che ci facciano capire che lavoro facessero e perché è stato abbandonato, invece per quanto riguarda le fabbriche, cerchiamo di trovare documenti e materiali che usavano per la produzione.
Andrea, tu arricchisci le foto con disegni in stile cartoonesco. Cosa ti ispira in un luogo e come scegli i dettagli che aggiungi alle tue illustrazioni?
Vengo ispirata dalle emozioni che mi trasmette un posto o una stanza in particolare, se c’è una storia prendo spunto cercando di ricreare un momento, altrimenti uso immaginazione e fantasia.
Spesso i luoghi abbandonati possono essere pericolosi, con rischi come amianto o strutture instabili. Come vi preparate prima di un’esplorazione e quali misure di sicurezza adottate?
Per prima cosa pantaloni e maglia anti-taglio, guanti, mascherine e scarpe antinfortunistiche. Bisogna fare molta attenzione, controllare che i pavimenti e le scale siano stabili, prima di tutto ci dev’essere la sicurezza.
Molte delle vostre scoperte provengono da Google Maps o da altri esploratori urbani. Come funziona la rete di contatti tra urbexer e quanto è importante la collaborazione in questo mondo?
Si passano ore a cercare su Google Maps, perdendo alle volte diottrie 🙂
La rete di condivisione tra esploratori è importantissima visto che alle volte non siamo vicini ai luoghi abbandonati e abbiamo bisogno di verificare certi luoghi di persona per capire se al suo interno si cela qualcosa d’interessante.
Con certi ragazzi, non siamo solo urbexer ma siamo diventati veri e propri amici.
L’urbex non è solo una forma di esplorazione, ma anche un modo per raccontare storie dimenticate. Quali sono le storie più affascinanti che avete scoperto in questi anni di esplorazioni?
La storia più affascinante di sempre rimarrà un vecchio dancing dove la signora che lo gestiva ad un certo punto della sua vita si è trovata a dover accudire al marito gravemente malato a tal punto da dover costruire una stanza per lui dietro il locale, in modo da potergli sempre star vicino e dargli le attenzioni di cui aveva bisogno.
La vostra documentazione non si ferma alle immagini, ma include anche video. Quanto è importante il video per catturare l’atmosfera e il racconto dei luoghi che esplorate?
E’ importantissimo perché alle volte dai video si riescono a catturare più dettagli che dalle immagini.
Capita di restare ore in certe ville o fabbriche per la quantità di dettagli presenti.
L’atmosfera dei video è fantastica, perché si scopre praticamente insieme a chi guarda il video per la prima volta il luogo abbandonato; quindi, si riesce a trasmettere le emozioni in prima persona a chi sta guardando il video!
Quali sono i vostri obiettivi con Noi 2 URBEX? Ci sono nuovi progetti o collaborazioni che vorreste realizzare nei prossimi anni?
Il nostro obiettivo, in primis, sarà continuare ad esplorare sempre più luoghi ma soprattutto andare in quelle regioni italiane che ancora non abbiamo visitato e, perché no, in un futuro cercare di poter esplorare all’estero. Speriamo in futuro anche di poter collaborare con altri esploratori che seguiamo su Youtube come gli UrbexSquad e Albyphoto
Grazie ragazzi per questa interessante intervista
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