Dieci domande al cantautore calabrese sull’essenza del suo percorso artistico, tra il docufilm “Che verso fa il pesce spada?”, l’omaggio a Modugno e il nuovo tour “Lupionòpolis”
Nel panorama della musica d’autore italiana, pochi artisti riescono a intrecciare con la stessa naturalezza canzone, teatro e narrazione come fa Peppe Voltarelli. Cantautore, attore e scrittore, ha sempre camminato sul filo sottile che separa la poesia dalla vita vissuta, portando sul palco storie di Sud, di migrazioni, di identità in cerca di casa. Con il nuovo docufilm “Che verso fa il pesce spada?”, presentato in anteprima al Biografilm Festival, l’omaggio orchestrale a Domenico Modugno e il tour del nuovo disco “La grande corsa verso Lupionòpolis”, Voltarelli conferma la sua vocazione poliedrica. Lo abbiamo “incontrato” idealmente per porgli dieci domande che raccontano – e interrogano – il cuore della sua arte.
a cura della redazione
Ciao Peppe, bentrovato e grazie per aver accettato questa intervista. Partiamo dal tuo ritorno sul grande schermo con “Che verso fa il pesce spada?”: come nasce l’idea di questo docufilm e quanto ti rispecchi nel protagonista che osserva il mare per ritrovare sé stesso?
Il docufilm nasce da un’idea di Giacomo Triglia con cui avevo già collaborato in passato per alcuni miei videoclip. Giacomo ha scritto il film e lo ha diretto scegliendo me come figura guida nel mondo delle famiglie che fanno ancora la pesca con le passerelle alla maniera antica.
Il film è una metafora potente del dolore e della perdita, raccontata attraverso la pesca del pesce spada. Come hai vissuto la sfida di raccontare temi così intimi con uno sguardo così visivo e simbolico?
Ho cercato di seguire le indicazioni del regista e avvicinarmi con estremo rispetto all’esperienza del pescatore, non solo come attività lavorativa, ma anche come visione del mondo. Questo mi ha aiutato molto.
Hai girato in luoghi fortemente identitari come Scilla, Bagnara e Roghudi. Cosa rappresentano per te questi luoghi e come ne hai restituito l’anima nel film?
Scilla e lo stretto rappresentano un’immagine evocativa molto forte del nostro Sud. Allo stesso modo Bagnara e Roghudi con le sue case fantasma e la fiumara incredibile. A Scilla ho pensato molto alla leggenda di Colapesce, la fiaba che Profazio trasformò in una canzone indimenticabile. Sembrava di vivere in un sogno sospeso tra cielo e mare.
Dopo “Voltarelli canta Modugno”, torni a rendere omaggio a “Mister Volare” con “Resta cu ‘mme”, un progetto ambizioso con l’Orchestra Sinfonica di Sanremo. Che cosa ha significato per te misurarti di nuovo con il repertorio di Modugno?
Amo la musica di Modugno e la canto da molti anni con l’Orchestra. Ho avuto l’opportunità di farlo in una maniera per me nuova e suggestiva, pura energia che accompagna le canzoni e le rende immortali. Cantare con l’Orchestra è un’immersione totale nei suoni e nel vissuto di ogni singolo musicista che ne fa parte, come se fosse un grande afflato popolare. Questo grazie, da un lato al direttore M° Giancarlo De Lorenzo che ci guida con molta attenzione e passione, e dall’altro ai bei arrangiamenti di Valter Sivilotti che ridisegnano le canzoni in una veste nuova e molto interessante.
Modugno è stato un “cantastorie senza confini”. Qual è, secondo te, l’eredità più urgente che lascia ai cantautori di oggi, soprattutto a chi canta in dialetto o cerca un linguaggio non convenzionale?
Credo l’autenticità dei sentimenti, l’istinto d’artista artigiano che non ha paura di buttarsi nel mondo, da quello colto a quello commerciale, dal teatro al cinema, dalla letteratura alta alle canzoni di popolo. Modugno aveva questo grande dono, oltre naturalmente alla voce e alla sua grandezza come autore.
Con “La grande corsa verso Lupionòpolis” sei tornato alla scrittura di inediti dopo otto anni. Quale bisogno ti ha spinto a raccontare, oggi, questo nuovo viaggio musicale?
Dopo “Planetario” e “Voltarelli canta Profazio” avevo voglia di cantare cose scritte da me, tornare a viaggiare, collaborare con nuovi amici e con un nuovo produttore (Simone Giuliani). “Lupionópolis” è tutto questo. La consapevolezza di aver passato i cinquant’anni ti porta ad andare all’osso del mestiere, non più in superficie.
Il disco è stato registrato a New York, con musicisti internazionali e una produzione raffinata. Che tipo di energia ti ha dato la metropoli americana? E come ha influenzato il suono del tuo nuovo lavoro?
Erano anni che desideravo fare questa esperienza di lavoro a New York. Avevo suonato tanto in città, ma desideravo sentirla nei suoni, nelle sfumature e nell’approccio internazionalista dei musicisti. Uno slancio che ha reso il mio dialetto più roccioso e più romantico.
Il dialetto calabrese continua ad essere il cuore pulsante della tua scrittura. Cosa significa per te portare questa lingua sui palchi del mondo, da Cuba a Berlino?
Significa pensare che il dialetto è un’idea, non solo una lingua e una grammatica. È un modo di camminare, di guardare, di muovere le mani. Il dialetto è vivo perché capace di non essere dimenticato nei momenti importanti. È una disciplina più che una lingua.
In oltre trent’anni di carriera hai toccato tanti linguaggi: musica, teatro, cinema, poesia. In che modo si contaminano tra loro nella tua visione d’artista?
Sono fortunato ad aver incontrato persone che mi hanno guidato in questo percorso tra le arti sin dai primi tempi a Bologna nell’ambito universitario e anche oggi ho ancora tanta curiosità. L’incontro e la condivisione è il motore di questa ricerca, di questo viaggio, che può essere affrontato con tanti strumenti diversi.
Guardando avanti, tra concerti, viaggi e nuovi progetti, c’è un sogno che non hai ancora raccontato in musica o sullo schermo?
C’è tanto ancora da scrivere e raccontare, anche le piccole storie apparentemente marginali hanno sempre dentro epopee, figure mitologiche e giganti che bisogna scoprire e individuare, a volte scavando. Da questo camminare spero nascano nuovi progetti e nuove idee.
Grazie Peppe per il tuo tempo e complimenti per la tua carriera artistica!
Per saperne di più visita:
Facebook | Instagram
Ti È piaciuto questo articolo? Sostieni Che! Intervista | Dona ora.
RACCONTACI LA TUA STORIA! Richiedi adesso la TUA intervista!