La maternità ferita e la dignità che resiste nei margini dell’Italia del 1922.
Nel cuore violento e sfilacciato dell’Italia del primo dopoguerra, Sara Gambazza firma un romanzo che è al tempo stesso urlo e carezza, denuncia e poesia. Con “Quando i fiori avranno tempo per me”, uscito il 10 Giugno 2025 per Longanesi Ed. l’autrice parmense ritorna in libreria con una storia che affonda le radici nella terra ruvida dell’Emilia del 1922, tra fame, vergogna e orgoglio.
a cura della redazione
Anita, la protagonista, è una figura tragica e luminosa. Emarginata, disprezzata, chiamata la Bórda con disprezzo e ipocrisia, è il volto silenzioso e potente di tutte le donne costrette a esistere ai margini. Non ha un marito, né un tetto vero. Ma ha qualcosa che vale di più: la forza feroce dell’amore materno. Anita non è solo una madre: è una creatura primitiva e lucida, disposta a tutto pur di salvare le sue figlie Rosa e Ninfa da un destino che sembra già scritto.
Gambazza racconta il quotidiano con una scrittura intensa, densa di odori, rumori e tensioni. Le strade polverose di Parma diventano teatro di una resistenza intima e viscerale, fatta non di fucili ma di scelte. Mentre il Paese si spezza tra la fame e la violenza fascista, le tre protagoniste lottano contro il pregiudizio, la povertà e il destino.
Rosa, la maggiore, è lo sguardo limpido dell’infanzia rubata. La sua maturità precoce è uno specchio dell’epoca: ogni gesto è un atto di sopravvivenza, ogni silenzio una difesa. Ninfa, invece, è la creatura misteriosa del romanzo. Fragile, visionaria, porta con sé un “dono oscuro” che la pone su un confine sfumato tra realtà e destino. Gambazza non lo esplicita mai del tutto, ma proprio in questa sospensione la narrazione trova forza e profondità.
Il grande pregio del romanzo è la sua capacità di intrecciare la dimensione storica con quella esistenziale. Il contesto del 1922 – anno cruciale per l’ascesa del fascismo – non è semplice sfondo, ma sostanza viva della narrazione. Le ingiustizie sociali, il disprezzo di classe, la violenza di genere, la brutalità istituzionale: tutto converge in una tensione narrativa che non lascia spazio al respiro facile, ma spinge a restare, a osservare, a sentire.
La lingua di Sara Gambazza è insieme lirica e cruda, evocativa e concreta. I dialoghi sono scarni ma carichi di significato, e ogni descrizione è cesellata con cura, senza retorica. La sua scrittura si distingue per una delicatezza rabbiosa, capace di raccontare il dolore senza mai indulgere nel patetico.
“Quando i fiori avranno tempo per me” è un romanzo necessario, che parla di madri dimenticate, bambine rese adulte troppo presto, e di chi, pur invisibile, continua a lottare per una possibilità diversa. Un libro che graffia e consola, che restituisce dignità a chi la storia ha messo ai margini. E che ci ricorda quanto sia potente, ancora oggi, raccontare tutto ciò che non si dice.
Per saperne di più visita: longanesi.it
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