“Raccontare la Musica”: L’arte dell’Improvvisazione secondo Francesco Galatro

In questa intervista incontriamo Francesco Galatro, un musicista che ci conduce attraverso il suo viaggio nel mondo della musica. Dall’infanzia trascorsa con il padre, presidente di un coro gospel, fino alla scoperta del jazz e al suo percorso da autodidatta, Francesco ci racconta l’evoluzione del suo talento. Con aneddoti personali, esperienze professionali e una grande passione per l’improvvisazione, ci immergiamo nella storia di un artista che ha saputo trasformare la sua passione in una vera e propria vocazione.


Benvenuto su Che! Intervista, Francesco! Come nasce la tua passione per la musica?
La mia passione per la musica nasce da piccolo. Mio padre Elia (ora non più tra noi), presidente di un coro gospel nella mia città, ascoltava musica tutto il giorno. Dalla classica al blues fino al jazz, tutti i giorni in casa non c’era mai un momento in cui la musica non riempiva le nostre giornate. Ricordo che insieme ascoltavamo interi dischi seduti in salotto cantando o con una bacchetta in mano dirigendo, come fossimo dei direttori d’orchestra, le musica di Mozart o Beethoven. Da quei giorni la passione per la musica è entrata sempre di più nella mia vita.

All’inizio suonavi la batteria ma poi sei passato al contrabbasso, come è avvenuto questo passaggio?
La batteria è sempre stata per me la prima passione ma per esigenze di “gruppo” passai al basso elettrico. Trovare bassisti nella mia città era sempre più difficile e quindi suonando già uno strumento ritmico fui scelto per il passaggio alle quattro corde.
In un primo momento suonavo una chitarra riadattata, non avevo i soldi  per comprare uno strumento e quindi feci di necessità virtù, e prendevo in prestito lo strumento di mio fratello Giandomenico altro musicista in famiglia e ovviamente chitarrista.

All’età di 18 anni tuo padre ti ha regalato il tuo primo contrabbasso, che non hai mai voluto cambiare, come mai questa scelta?
Crescendo, mio padre  capì che la musica non era solo una passione e un giorno a casa mi disse: “queste sono le carte per l’iscrizione in conservatorio, firma e compriamo anche un contrabbasso”. Fu così che poi arrivai a quello che è il mio attuale strumento che amo e del quale non posso più fare a meno. Credo che mai lo venderò perché sono profondamente legato a “lui” essendo per me il regalo più importante ricevuto da mio padre. Tutte le note che suono adesso mi ricordano lui.

Hai studiato anche armonia e improvvisazione, che significa per te improvvisare?
Credo che lo studio in generale sia un percorso fondamentale nella crescita artistica di tutti i musicisti. Improvvisare per me vuol dire raccontare una storia, mettere a nudo quelli che sono i sentimenti e le sensazioni vissute in quel preciso istante. Con l’improvvisazione,  un musicista può anche raccontare a chi ascolta la sua storia, il suo vissuto e ciò che sarà il suo futuro. Credo che con l’improvvisazione un musicista può dire tutto ciò che difficilmente riuscirebbe a dire con le parole.

Nel 2002 nasce il trio Jazz Ipocontrio, formato da te al contrabbasso, Armando Luongo alla batteria e Bruno Salicone al piano. Che brani suonate in questo progetto?
Gli Ipocontrio sono per me una famiglia. Siamo cresciuti insieme e dopo tutti questi anni anni, anche se Armando ora vive in Belgio, siamo ancora qui a suonare e scrivere musica. In un primo momento studiavamo la maggior parte degli standars della tradizione jazz. Crescendo poi abbiamo sentito l’esigenza di scrivere musica nostra che raccontasse la nostra storia e la nostra crescita, non solo artistica. E tutto questo ci ha portato alla realizzazione di tre album di cui siamo pienamente orgogliosi e che ovviamente contengono nostre composizioni originali.

Sei anche un compositore, hai già composto qualcosa di tuo?
Certo ho composto molti brani alcuni già incisi in diversi album come: Illusioni, Giù al Sud, Leo, When She’s Not Here, Back Home, Odissea Senza Spazio e mi fermo qui altrimenti mi dilungherei troppo. Altri invece sono ancora chiusi nel mio cassetto dei sogni. Aspetto solo l’occasione giusta per poterli suonare. Sto pensando ad un mio progetto, ma non diciamolo a nessuno perché su questo sono un po’ scaramantico!

Nel corso della tua carriera hai raggiunto traguardi importanti, come ad esempio il Premio come miglior solista che ti ha portato a collaborare con musicisti di rilievo. Cosa ti hanno lasciato questi incontri?
Così come con lo studio anche aver raggiunto questi traguardi o l’aver collaborato con artisti di rilievo mi hanno dato una formazione stabile e forte. Avere al tuo fianco artisti come ad esempio Seamus Blake ti insegnano a vivere nel modo giusto la musica. Impari tanto da questi artisti: come comportarsi sul palco, come interpretare la musica, come scriverla e riadattarla ai vari contesti e soprattutto come “sentirla” nell’anima e farla tua. Lezioni e ed esperienze che porterò sempre con me e che mi aiutano a sconfiggere i momenti di “ansia da prestazione musicale”.

Hai studiato musica classica ma poi ti sei avvicinato al Jazz, cosa ti piace di questo genere?
Di questo genere mi ha affascinato sin da piccolo la sua storia. Ascoltando musica afroamericana e vivendo le esperienze del coro gospel di cui mio padre era presidente sono sempre stato rapito dalle note di questa cultura. Il Jazz è entrato nella mia vita intorno ai 14 con l’album SoulTrane di John Coltrane. Il suo modo di suonare, le sue note, la sue composizioni mi spiazzarono. Non credevo che potesse esistere un genere musicale così libero, senza freni e che permettesse di poter esprimere al meglio le proprie emozioni. Ecco cosa mi piace del Jazz, la sua libertà.

Ti occupi anche di formazione, infatti dai lezioni, insegnare ti piace? Lo faresti mai in un contesto accademico?
Sì insegno sia in scuole private e a casa. Mi piace molto perché non solo riesco a tramandare la mia passione ma anche perché con l’insegnamento scopro cose che in passato mi erano sfuggite. Mi piace molto confrontarmi con i miei allievi e le mie allieve, specialmente quando sono più giovani di me perché mi danno la possibilità di confrontarmi con il mondo musicale attuale che poco conosco ma che resta comunque utile per poter comunicare anche con loro. Non bisogna mai dimenticare che la musica resta comunque una forma di comunicazione!

Attualmente a cosa stai lavorando?
Attualmente continuo a collaborare in varie situazioni in ambito Jazz, ma da non molto mi sono affacciato nel mondo della musica elettronica. Questo mi ha permesso anche di riprendere il basso elettrico facendomi riscoprire la passione per effetti e ritmiche che ho sempre amato ma che per un lungo periodo ho accantonato. Sono sicuro che ne sentirete di belle a breve!

Grazie Francesco per il tempo e complimenti per la tua carriera artistica e professionale!
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