Rachele Tarantino, piemontese di nascita, è una professionista nel panorama della danza italiana.
I suoi studi iniziano all’età di tre anni e mezzo con la danza classica, ma si evolvono nel tempo fino ad abbracciare generi come il jazz, il funky e l’hip hop, la sua grande passione. Dopo una formazione accademica di eccellenza e collaborazioni prestigiose, oggi continua a dedicarsi con entusiasmo alla sua arte, contribuendo con il suo talento a spettacoli ed eventi.
a cura di Salvatore Cucinotta
Benvenuta su Che! Intervista, Rachele! È un grande piacere averti qui con noi. Come stai e cosa significa per te essere un’artista della danza?
Ciao a tutti. Intanto vi ringrazio molto per avermi dato questa possibilità per raccontarmi. Innanzitutto sono consapevole di essere fortunata a svolgere la professione che amo e per questo non posso non sentirmi bene poi, per me, fare parte di quello che è il mio mondo è vita: ho sempre danzato, ho iniziato che ero molto piccola, avevo 3 anni e mezzo.
Hai iniziato a ballare da bambina. Qual è stato il momento in cui hai capito che la danza sarebbe diventata la tua professione?
Nell’istante in cui, per una serie di casualità (è una storia lunga…), mi sono sono trovata di fronte all’opportunità di potermi iscrivere a un’accademia professionale di danza e spettacolo. Fino a quel momento, per me la danza era sempre e solo stata la mia più grande passione, ciò che studiavo e praticavo con dedizione e che mi rendeva felice.
L’hip hop è diventato il tuo stile distintivo. Cosa ti ha colpito di questa disciplina e quali emozioni cerchi di trasmettere quando balli?
Per quanto mi riguarda, l’hip hop è lo stile che mi ha permesso più di tutti di esprimermi a 360°, di far emergere il carattere, la personalità e la mia energia. Onestamente quando danzo non mi focalizzo su ciò che voglio trasmettere al pubblico,bensì per me è importante “entrare” nella musica, indossarla come un abito che deve calzare a pennello, farsi rapire da essa, affinché ci sia una connessione perfetta tra me e lei: lì allora mi sento a casa e ciò che arriva a chi osserva ne é una conseguenza. Tutto ciò ovviamente succede se ho la cosiddetta carta bianca poiché, in caso di richieste specifiche a livello lavorativo, ci si ritrova spesso a danzare coreografie altrui e lì, allora, diventa necessario attenersi alla visione del coreografo.
Durante la tua formazione al M.A.S. di Milano, quali sono stati gli insegnamenti più importanti che hai appreso?
Oramai sono passati tanti anni da quando ho terminato gli studi al M.A.S. di Milano, dove ho avuto modo di studiare con i migliori docenti e coreografi di quel periodo. Ho appreso davvero così tante nozioni e insegnamenti importanti che ho cercato di elaborarli il più possibile per farli miei e creare un mio stile e metodo di lavoro efficace. Ogni maestro mi ha trasmesso qualcosa di importante, non solo a livello professionale, bensì anche umano. Visto che sono sempre stata molto perfezionista (e lo sono tutt’ora), uno degli insegnamenti più importanti che ricevetti e tra l’altro dall’allora Direttrice Artistica dell’accademia, fu quello di concedermi la possibilità di sbagliare senza farne un dramma, poiché ciò mi avrebbe aiutata ad aprire la mente.
Hai interpretato ruoli significativi in musical come “All You Need is Rock” e spettacoli televisivi. Come ti prepari per interpretare un personaggio attraverso la danza?
“All You Need is Rock”, per la regia di Mauro Simone, è stato il musical con cui mi sono diplomata in accademia. In realtà, lì ho interpretato uno dei ruoli da coprotagonista recitando praticamente per tutta la durata dello spettacolo, per cui ci fu un vero e proprio training di costruzione del personaggio, lavorando
sulla personalità, il carattere, le emozioni, le movenze e l’intonazione delle voce dello stesso, ovviamente sotto la direzione del regista. A livello coreografico, invece, devi ottenere lo stesso risultato utilizzando solo ed esclusivamente il linguaggio del movimento del corpo senza il supporto della voce: devi anzitutto entrare nella visione del coreografo che naturalmente ti supporta e guida in questo e scavare nel tuo io più profondo per tirare fuori gli aspetti emotivi del personaggio che sei chiamato a interpretare.
Come ballerina e coreografa, hai lavorato su progetti di grande risonanza, dagli spot pubblicitari agli eventi sportivi. Qual è stata l’esperienza che ti ha segnato maggiormente?
Di sicuro la serie tv Mediaset “Non Smettere di Sognare”, uno dei primissimi lavori che feci subito dopo il diploma accademico. Ebbi l’opportunità di lavorare per mesi con un team di professionisti pazzesco, di altissimo livello, non solo la coreografa e le mie stupende colleghe del corpo di ballo che in quel periodo divennero la mia seconda famiglia, bensì anche il regista, il direttore della fotografia, la produzione, gli attori, lo scenografo, gli attrezzisti, i tecnici audio e luci, i costumisti, le sarte, i make up artists, gli hair stylists e sto sicuramente dimenticando qualcuno. I ritmi di lavoro erano di sicuro molto tosti e serrati, la pressione emotiva e i dolori muscolari anche, sapevi a che ora entravi in studio, ma non sapevi mai a che ora saresti uscito, facevamo ore e ore di sala prove e altrettante ore di registrazione: fu per me un’esperienza a dir poco magnifica, oltre che molto formativa, essendo, ripeto, uno dei miei primissimi lavori post diploma.
Come docente, hai formato numerosi talenti. Qual è il tuo approccio all’insegnamento e quali valori cerchi di trasmettere ai tuoi allievi?
Per me insegnare significa trasmettere all’allievo tutto l’amore, la passione e la dedizione che ho sempre vissuto io, oltre ovviamente trasmettere loro tutta la mia conoscenza tecnica ed esperienza in materia. C’è poi da distinguere l’approccio che ho verso i miei allievi che frequentano le accademie professionali, rispetto a quello che ho nei confronti di coloro che frequentano i corsi amatoriali nelle scuole di danza. Di sicuro il valore per me più importante è l’umiltà, perché l’arte non si fa sbandierando al mondo quanto si è bravi, ma la si fa per amore vero verso la stessa.
Negli anni hai esplorato diversi ambiti artistici, dal mondo dei videoclip a quello della pubblicità. Come riesci a mantenere viva la creatività e a reinventarti continuamente?
Di base sono una persona estremamente curiosa, quindi guardo, osservo, ammiro ciò che mi circonda, cerco e ricerco, studio, viaggio, ascolto anche brani lontani dai miei gusti musicali per comprendere quali
nuove sensazioni possano suscitarmi, vado a vedere spettacoli, mi lancio delle sfide per automotivarmi … Insomma, cerco di tenere sempre attiva la mente. Poi, naturalmente, ci sono giorni in cui l’ispirazione sta totalmente sotto terra e lì non ce n’è, devo solo trovare il modo e il tempo da dedicare a me stessa, al riposo fisico e mentale, per liberare spazio nella testa e ritrovare gli stimoli.
Infine, quali sono i tuoi progetti per il futuro? Puoi darci qualche anticipazione?
Spero mi scuserete, ma non amo parlare di quelli che potrebbero essere i miei progetti futuri, è una mia forma di scaramanzia. Preferisco parlare delle situazioni quando ho la certezza che queste potranno
realizzarsi. Quello che posso dirvi è che di sicuro continuerò a fare sempre del mio meglio in ciò che la vita professionale mi riserverà.
Grazie Rachele per il tempo che ci hai dedicato e complimenti per la tua carriera.
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