Da un’infanzia trascorsa davanti alla “scatola magica” della televisione, alimentando il sogno di entrare nel mondo dello spettacolo, fino a una carriera ricca di successi nel giornalismo e nella comunicazione. Dalle prime esperienze come cronista locale, alle collaborazioni con riviste nazionali e internazionali, fino al lavoro come ufficio stampa per alcune delle soap opera più amate, questa storia è un viaggio attraverso la televisione italiana e non solo.
Intervista a cura di Noemi Aloisi
Introduzione a cura di Salvatore Cucinotta
Benvenuto su Che! Intervista, Sante! Hai iniziato la tua carriera giovanissimo, scrivendo di spettacolo per giornali locali. Cosa ti ha spinto verso questo mondo e quali sono state le prime difficoltà, che hai affrontato?
Fin da bambino mi ha appassionato la tv. Guardando Bim Bum Bam col mitico Paolo Bonolis, sognavo di entrare in quella scatola magica, che accompagnava le mie giornate con cartoni animati.
Coi cartoni al pomeriggio, ho imparato a scandire il tempo con orologio, e coi cartoni, da lady Oscar a Mila e Shiro e Candy Candy ho cominciato a seguire soap, fiction, serie tv, telefilm.
Erano gli anni 80, la tv più bella. Per me Candy o Lady Oscar e Georgie erano come soap. Attendevo con ansia l’episodio successivo.
Le prime Soap che ho seguito, invece, sono state Febbre d’amore e Sentieri, con mamma, nonna e zia Luisa. Proprio grazie a questa zia, che oggi non c’è più, Sentieri è stata per anni fonte di ispirazione e passione, la madre di tutte le Soap, la più longeva.
Mi ha spinto ciò che mi piaceva. Scrivevo di televisione, commentavo, anche su foglietti e quaderni . Sentieri era una famiglia americana per me. Ero già appassionato. Reva e Josh , I Bauer e i Reardon , Beth e Lujackcon Phillip. Quanti bei ricordi e storie avvincenti! Ovviamente guardavo anche Capitol, Quando si ama, General Hospital e pure le prime telenovelas.
Studiavo col televisore acceso, facevo i compiti così e andavo pure bene a scuola. Ma le guardavo tutte! Avevo una rubrica su Momentocittà. Giornale locale, già a 14 anni, e, ancora prima, avevo scritto sui giornalini scolastici. La difficoltà era far capire a tutti, a casa come ad amici, che ci credevo, mi piaceva e scrivevo di cose, che guardavo sul serio, con grande piacere, passione e attenzione. Ero ancora adolescente, eppure scrivevo già per Cioè, testata storica, oserei dire cult, con interviste a tanti vip e per altre riviste già nazionali. Devo ringraziare chi mi ha dato la possibilità di coltivare una passione diventata lavoro. Intervistare attori, personaggi tv, vip, scrivere pezzi su telefilm e fiction era già un sogno realizzato. A quei tempi guardavo Dallas, Dynasty, Falcon Crest e California, le grandi Soap di prima serata, i serial che hanno fatto la storia, e così come La casa nella prateria, La famiglia Bradford, I Jefferson e Arnold e poi i mitici Ragazzi della 3a C ! Quanti telefilm.
Ricordo che per il Quotidiano di Roma seguivo tante cose di tv. Avevo una rubrica dedicata al backstage di Un posto al sole che cominciava in quegli anni ed io ero a Napoli, giocavo in casa. Era un sogno incontrare chi seguivo in tv. E pian piano, ho realizzato i miei sogni ed è diventato un lavoro anche come ufficio stampa. C’è stato chi ha provato a intralciarmi… Quante ne potrei raccontare! Ma in fondo le Soap raccontano storie di buoni e cattivi… tutto torna. E oggi sono felice. Pura vita. Con energia e passione e oserei dire un pochino di competenza.
Sei stato ufficio stampa di alcune delle più importanti soap opera italiane. Come è cambiato il tuo modo di lavorare con attori e produzioni televisive nel corso degli anni?
All’inizio, alla fine degli anni 90, ero già ufficio stampa personale di molti attori di Un posto al sole. Era tutto diverso, un altro mondo, un’altra società. Ho fatto in tempo a vivere gli anni migliori, a mio avviso. Fui contattato dalla mia ex socia Claudia Bruni, la più brava, per me, in questo lavoro, grande persona, perbene e di cuore, per lavorare al suo fianco per le Soap Mediaset. Sapeva che ero appassionato e sapevo tutto delle serie tv. Lo posso dire: giovanissimo ma ero la persona giusta. Solo per 6 mesi, che sono diventati tanti anni (e terminai pure gli esami laureandomi in Legge con notti insonni tra lavoro e studio!). Claudia mi conosceva per il mio lavoro da esperto giornalista di serie tv e soap e mi ha scelto per il mio lavoro come giornalista, già attivissimo e proficuo anche per riviste nazionali della Mondadori e la mia competenza. Un vero orgoglio. Ero felice quanto lusingato. Gliene sarò grato a vita, perché arrivai a Ccanale 5 negli anni delle fiction più belle ed amate!
Giravo i set, ero a Cologno Monzese a Mediaset così come a Roma. Ricordo i pomeriggi passati con gli attori a Passaparola con Gerry Scotti, io li accompagnavo spesso. Oggi non succede più. Adesso c’è un’omologazione totale di ruoli, persone, un’approssimazione nell’approccio al lavoro, che si svolge, visto come un compitino e l’arrivo del bonifico a fine mese. E poco importa avere un tesserino da giornalista, delle competenze reali. Ci sono uffici stampa messi lì senza neanche il tesserino di giornalista.
Credo molto nell’ esperienza sul campo, nella competenza reale per ogni cosa che si fa. Molti oggi neanche conoscono quelli che intervistano né guardano la tv. Manca anche quella vera passione.
Io, oggi come allora, sono lo stesso. Ci metto tanto cuore ed ancora ci resto male, se trovo gente becera, a cui andrebbero spiegate tante cose, Anche il saper campare! A Mediaset ho lavorato benissimo per tanti anni, libero, con piena fiducia. Vivere e Centovetrine hanno fatto storia e ascolti. Con gli attori eravamo ovunque, e contemporaneamente lavoravo con protagonisti delle serie più amate, da Rivombrosa ai Cesaroni e Carabinieri. C’erano grandi professionisti ed un modo di lavorare più rispettoso. Oggi manca proprio il rispetto del lavoro altrui, della storia di ognuno, della persona stessa, rispetto, che io stesso, giovanissimo, ricevevo da tutti. Per 9 anni sono stato dietro le quinte di Buona domenica.
Il grande Maurizio Costanzo ci salutava tutti: metteva soggezione, ma era una persona immensa.
Ho avuto la fortuna di collaborare qualche anno con la Fascino, la casa di produzioni di Maurizio e Maria. Ed è stato emozionante rivedere María De Filippi di recente,per caso,in un ristorante. Sempre gentile e disponibile. E’ stato bello lavorare 10 anni ad Un posto al sole, un ritorno a casa. Ma la soddisfazione più grande è aver collaborato con Sentieri e Tempesta d’amore e, poi, con le Soap spagnole e tante star venute in Italia… E io a fare spola con Germania, Spagna e America. Ho potuto appurare come ad oggi si lavori meglio all’estero. Sul set di Sentieri come Il Segreto, Una vita, Tempesta d’amore ed a Beautiful più volte sul set come giornalista. Quante emozioni, momenti indelebili scolpiti nella memoria e nel cuore.
Nel nostro Paese, ogni tanto devi ricordare chi sei e che fai, anche se sei la persona più umile del mondo.
Hai intervistato moltissimi volti famosi della TV. Qual è stata l’intervista più memorabile della tua carriera e cosa hai imparato da quell’esperienza?
Ho scritto migliaia di articoli. Ho fatto migliaia di interviste. Impossibile sceglierne una sola, anche perché io sono prima un fan, la maggior parte delle volte, e, quindi, sono già emozionato ed i momenti memorabili sono così tanti! Vado a ritroso e potrei dire Michael Douglas, nel 2019, per me un vero mito del cinema e persona disponibilissima. Michael rispondeva alle mie domande, io neanche ci credevo!
Quando ho fatto alcune domande a Michael Douglas, ad esempio, a pochi metri da lui, piangevo senza accorgermene, perché, mentre rispondeva, mi passavano le scene dei suoi film davanti agli occhi. Li ho visti tutti. Per non parlare della serie Sulle strade di San Francisco, dove era un giovane poliziotto ed io un bimbo con la sua nonna davanti alla tv. Eravamo a Montecarlo.
Lì, alimenti la passione, che arde in modo naturale e poi impari che esiste ancora l’umiltà, in genere caratteristica dei più grandi come Michael Douglas. Di americani, che sono i più difficili da intervistare, chiaramente, posso citare Michael Nouri, volto di tante serie tv, come OC, Damages, Yellowstone, Brothers and sisters, ma noto come Nick nella pellicola cult Flashdance. Ancora ricordo gli incontri con Linda Gray, Patrick Duffy e Larry Haghman, i protagonisti di Dallas e poi Eva Longoria e Marcia Cross di Desperate housewives, e, di recente, ho conosciuto i protagonisti di Beverly Hills e Melrose Place. Conoscere Heather Locklear, volto anche di t.j . Hooker e Dynasty, e’ stato incredibile.
Poi quando mi sono ritrovato davanti la grande Maria Bouzas, gentile e disponibile, conosciuta come l’immarcescibile e tremenda Donna Francisca della Soap spagnola Il Segreto, di enorme successo.
Con lei ci sono state più occasioni poi, sempre a Madrid, ormai la mia città del cuore anche per lavoro .
Lavori da anni come giornalista e ufficio stampa in contemporanea. Come riesci a bilanciare queste due attività così diverse, ma complementari? E qual è l’aspetto più gratificante di ciascuna?
Si tratta di lavoro…A volte non ho orari, ma faccio quello che mi piace, quindi mi ritengo un privilegiato. Cerco di trovare il giusto tempo e l’adeguato spazio per tutto.
Come giornalista, mi piace raccontare. E poi vedere la mia firma. Come ufficio stampa, e’ bello vivere il backstage dello spettacolo a contatto con attori o volti tv, di cui curo PR, promozione e stampa personale. D’altronde io vivo tutto ancora come un gioco, com’è cominciato. Provo a divertirmi ancora con tanto entusiasmo. Ad esempio, mi emoziona ogni volta rivedere di persona Barbara D’urso, che manca in tv, in quanto grande professionista e gentilissima e Lorella Cuccarini, che conosco da sempre ed è davvero una persona meravigliosa, oltre che la numero uno in assoluto come artista completa.
Nel 2000 hai pubblicato il libro “A tu per tu”, una raccolta delle tue interviste. Se dovessi scriverne un seguito oggi, quali sarebbero le differenze rispetto al passato? C’è un nuovo approccio che vorresti esplorare?
Ci sto pensando. Raccoglierei altre interviste, magari estere, internazionali, realizzate fra Inghilterra,
USA, Germania, Turchia, Spagna. Cambia un po’ il linguaggio, oggi più moderno. Ma ho vari progetti editoriali, anche un romanzo, rimasto nel cassetto per troppi anni. Ci sto mettendo mano seriamente.
Di quel primo libro ricordo l’intervista a Mike Bongiorno, che avevo realizzato giovanissimo, perché partecipai al quiz Telemania sulla storia della tv. Lui stesso mi invito’ in camerino concedendomi il suo tempo e rispondendo ad ogni mia domanda. Un pilastro della storia televisiva! Io avevo solo 20 anni.
Hai lavorato sia nel giornalismo che nelle pubbliche relazioni di eventi e brand. Come cambia il modo di comunicare quando si parla di spettacolo rispetto al mondo commerciale?
Io ci metto lo stesso impegno. Credo che sia bello raccontare il brand o l’evento come chi lo crea.
Perché in fondo oggi tutti si vogliono sentire protagonisti per ciò che fanno. Con me, poi, che amo stare solo dietro le quinte, si trovano bene. Oggi c’e troppa gente, che fa il mio lavoro, ma aspira ad essere ‘personaggio’, vivendo di luce riflessa e coprendo il messaggio promozionale, inquinando anche il lavoro: a mio avviso, ognuno deve stare al suo posto. Sono il primo che scatta un selfie col vip di turno, per piacere, per soddisfazione, ma mi muovo prima per lavoro e sono sempre molto discreto ed educato e poi conosco quasi tutti dopo tanti anni. Ci sono pseudo professionisti, che invece vivono solo ed esclusivamente di questo. Fatua apparenza e poca sostanza . Se solo sapessero che a pochi interessa!
La tua carriera si è estesa anche al panorama internazionale, collaborando con attori e serie TV straniere. Quali differenze hai notato tra il mondo dello spettacolo italiano e quello internazionale?
All’estero si lavora meglio. Mi dispiace dirlo, ma spesso in Italia c’è poco rispetto e non sempre professionalità in questo ambiente. Con le dovute eccezioni. Da straniero, sei anche coccolato e rispettato per il tuo lavoro e la tua competenza. Qui in Italia è tutto dato per scontato. In America come in Spagna e in Germania, mi sono trovato molto bene. Per fortuna, sottolineo, in Italia ci sono anche professionisti perbene. Credo che rispetto ed umiltà siano alla base di tutto, nei rapporti di lavoro come nelle relazioni private. Quello che amo dell’estero è la precisione. Io mi considero molto ordinato nel mio disordine e sono lusingato, perché un collega tedesco mi disse che sono più preciso di uno svizzero! Sul serio un grandissimo complimento, direi….
Oltre allo spettacolo, sei stato giocatore e allenatore di pallavolo per molti anni. In che modo questa passione sportiva ha influenzato la tua vita professionale e cosa ti ha insegnato la pallavolo a livello umano?
Con impegno e sacrificio, affronto sempre tutto. Uno sport ti insegna questo e ti forgia. Ti plasma e poi uno sport di squadra, come il volley, ti infonde lo spirito del team, che è fondamentale per lavorare in una redazione, in una produzione, in un gruppo di lavoro. Anche all’interno del mio stesso gruppo di ufficio stampa e con colleghi e collaboratori. Approfitto per ringraziare tutti. In primis mio fratello Giuseppe Cossentino che mi affianca come ufficio stampa, anche se e’ sceneggiatore ed autore, molto popolare. Devo molto alla pallavolo, fatta per anni e vissuta da ogni angolazione, dalla panchina al campo e gli allenamenti con campionati pure nazionali. Umanamente, la pallavolo mi ha, appunto, arricchito tantissimo. Mi manca: perché non ho tempo! Lavoro troppo e sono assorbito completamente da quello che mi piace, per fortuna.
La tua agenzia, Massmedia Comunicazione, è un punto di riferimento nel mondo del giornalismo e dell’ufficio stampa. Quali sono i tuoi obiettivi futuri per l’agenzia e come vedi evolversi il ruolo della comunicazione nei prossimi anni?
Io punto a fare cose belle e importanti. Ho sempre badato alla continuità del lavoro. Quindi unico vero obiettivo continua ad essere questo: non fermarmi. Non e’ successo – per fortuna – neanche in pandemia e neppure quando sono terminate, dopo anni, collaborazioni importanti, perché ne sono iniziate altre ancora più forti e stimolanti. Chi fa comunicazione, deve adattarsi ai tempi, col web ed i social.
Questi ultimi sono importanti, ma non tutto: un biglietto da visita del lavoro, che si fa. Molti esagerano e li utilizzano per poter essere ciò che non sono e non saranno mai. Molti parlano di ufficio stampa, ma non sanno che esserlo davvero, significa saperlo fare, con promozione reale, integrata, unita a gentilezza, adattabilità a situazioni, circostanze, persone. Con tanta pazienza, visto che oggi la fonte di stress maggiore è’ proprio quella di stare dietro alle nevrosi e alla maleducazione dei più.
Hai un legame forte con la tua città e con la tua terra, la Campania. Quanto è stato importante per te mantenere questo radicamento e come credi che abbia influenzato il tuo modo di raccontare il mondo dello spettacolo?
A me piace molto dire che vengo da Afragola, dalla provincia di Napoli, con genitori in pensione , professionisti del mondo scolastico. Niente a che vedere e da spartire con giornali e tv. Ai miei genitori ho dovuto spiegare cosa facevo e volevo fare , in cosa consisteva praticamente un ufficio stampa . Insomma, grazie a loro ho avuto sempre sostegno, un ancora, un faro. Ma è bello aver fatto tutto con le mie forze ! Da Afragola, appunto, fino ad oltreoceano.
Ho vinto dei premi di rilevanza internazionale e ottenuto grossi riconoscimenti all’estero e fuori Campania. Nulla a Napoli o ad Afragola. Questo la dice lunga su chi vive di competizioni insulse e senza ragione o speranza e su chi prova invidia o forse chi rimane nel perimetro di un comune o una provincia senza saper riconoscere, o forse senza voler riconoscere un valore reale. Io guardo avanti. Ho sempre badato ai risultati. Il mio 58/60 alla maturità classica senza raccomandazioni, con un esame orale perfetto, di italiano e greco, come materie, mi fu di lezione: meglio di tanti 60/60 di centinaia di raccomandati. Io continuo a seminare e raccogliere con le mie forze e la mia capacità e grande umiltà. Tutto ciò rappresenta il mio più grande orgoglio.
Grazie Sante di questa bella intervista e complimenti per la tua lunga carriera.
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