Silvia Bettoli, giovane cornista con un talento straordinario, ci racconta il suo percorso nel mondo della musica, dalla scoperta del corno francese ai riconoscimenti internazionali. Con un’esperienza formativa che spazia tra Londra e Praga, Silvia ha trovato nella musica orchestrale e nella cameristica la sua vera vocazione. In questa intervista, esploriamo con lei il suo amore per il corno, le sfide e le soddisfazioni di una vita da musicista, e scopriamo come l’apnea, il mare e la costanza l’abbiano aiutata a perfezionare il suo approccio artistico.
a cura di Noemi Aloisi
Benvenuta Silvia! Sei una musicista e suoni il corno francese, uno strumento particolare e affascinante. È stato proprio il corno a far nascere in te la passione per la musica o hai iniziato il tuo percorso con altri strumenti?
Ciao Noemi, innanzitutto grazie mille per avermi invitata a partecipare a questa intervista. Quando ero piccola, mai avrei detto che nel mio futuro ci sarebbe stata la musica! Quasi tutta la mia famiglia suonava (e suona tutt’ora) nelle bande che dirige mio padre, ma, forse per volermi distinguere, io avevo tutt’altri interessi. Questo è cambiato nel momento in cui, per tenermi impegnata, papà ha incominciato a portarmi con sé ai campus musicali che organizza ogni anno per i bambini che si stanno avvicinando alla musica. Mi sono appassionata sempre di più a questo mondo, finché non ho chiesto proprio a lui: c’è uno strumento adatto anche a me? Ed è stato in risposta a questa domanda che mi ha consigliato il corno. Lì per lì non sapevo nemmeno cosa fosse, però mi sono fidata e tutt’ora, a distanza di 16 anni da quel giorno, non mi sono ancora pentita di questa scelta.
Durante la tua formazione hai avuto modo di studiare anche all’estero; infatti, hai conseguito il Master of Arts e Professional Diploma presso la Royal Academy of Music di Londra. Come è stata questa esperienza?
Studiare all’estero è stata un’esperienza davvero importante. Negli anni che ho trascorso a Londra, ho passato le mie giornate in Academy a studiare. Ero motivata dai ragazzi della mia classe, con cui spesso mi capitava di fare sessioni di studio e simulazioni di audizione, dalle prove d’orchestra, per le quali era richiesta sempre una preparazione professionale e soprattutto dai miei insegnanti. Ho avuto la fortuna di studiare con quattro docenti di fama internazionale, solisti e prime parti d’orchestra: Michael Thompson, Martin Owen, Richard Watkins e David Pyatt. Ciascuno di loro mi ha lasciato qualcosa di diverso che è stato fondamentale per il mio percorso musicale. Tramite l’Academy, ho avuto modo di esibirmi con formazioni da camera importanti come i Nash Ensemble, il Sestetto della London Philharmonic Orchestra ed i Kaleidoscope Chamber Collective, con i quali mi sono esibita nella prestigiosa Wigmore Hall. Per quanto riguarda la formazione orchestrale, oltre ai diversi progetti fatti con l’orchestra stessa dell’Academy, un anno fa, insieme ad altri sette ragazzi, sono stata selezionata per suonare con la Czech Philharmonic a Praga. Abbiamo preparato un programma con musiche di Mahler e Honegger, un repertorio che dà molto spazio e visibilità al corno. È stata un’esperienza stupenda. Per finire, l’apice di questi due anni, è stato probabilmente il lavoro svolto in formazione cameristica, con Barbara Hannigan e gli studenti della Julliard School of Music di New York, con i quali abbiamo anche inciso un disco con musiche di Stravinsky.
Fai o hai mai fatto parte di un gruppo musicale con cui ti esibisci, come ad esempio un trio o un quartetto?
Si, sono sempre stata molto appassionata di musica da camera. Insieme ad un violinista maltese, Samuel Cutajar, ed un pianista inglese, Jamie Cochrane, un paio di anni fa è nato il Trio Punto. Abitando in stati diversi, nell’ultimo periodo è praticamente stato impossibile trovarsi per provare, però negli anni passati abbiamo avuto modo di esibirci in diversi recital insieme e di suonare ai nostri esami di laurea. Personalmente credo che suonare in formazioni così piccole e senza direttore sia un’esperienza molto diversa rispetto a quando si è seduti in orchestra. La musica si genera dal dialogo tra gli occhi dei musicisti, questa è la vera magia. Si condividono idee, si prendono delle scelte, ci si assume delle responsabilità seguendo il proprio istinto. È da esperienze simili che sono nate alcune delle mie più sincere amicizie.
Nonostante la tua giovane età, hai già ottenuto diversi riconoscimenti, ce n’è uno in particolare che vuoi menzionare?
Vincere l’audizione per la European Union Youth Orchestra, è stata una delle maggiori soddisfazioni che vanto tutt’ora. Suonare con l’EUYO, è stata un’esperienza che ha segnato profondamente la mia carriera e la mia vita personale. È stato un viaggio straordinario, che mi ha permesso di crescere sia come musicista che come persona, e non potrei immaginare un capitolo più arricchente nel mio percorso musicale.
In primis, l’EUYO mi ha dato la possibilità di entrare in contatto con una rete incredibile di musicisti provenienti da tutta Europa. Le amicizie che ho creato in quegli anni sono diventate alcune delle più significative della mia vita. Ho conosciuto persone con storie e esperienze diverse, ma unite dalla stessa passione per la musica. Condividere le difficoltà, i successi e le emozioni di ogni concerto ha creato legami indissolubili che vanno ben oltre il palcoscenico. Le lunghe tournée che l’EUYO ci ha permesso di fare sono state forse una delle esperienze più uniche. Passare così tanto tempo insieme, lontano da casa, ha creato un senso di comunità e di condivisione che va oltre quello che si vive in un normale contesto orchestrale. Si perde quasi il contatto con tutto ciò che è esterno, si vive immersi completamente nell’universo dell’orchestra, con la voglia di far musica come unico faro che guida ogni nostro passo. L’opportunità di lavorare con direttori e solisti di fama internazionale è stata un altro aspetto fondamentale. Ogni concerto, ogni prova, era una lezione preziosa. Ho avuto il privilegio di suonare sotto la direzione di maestri di grandissimo calibro, come Gianandrea Noseda, Manfred Honeck, Ivan Fisher, e molti altri… ognuno dei quali mi ha insegnato qualcosa di unico, arricchendo la mia visione della musica e della performance. La preparazione con i tutor è stata un altro aspetto incredibile di questa esperienza. Ogni sessione era un’opportunità per crescere, mettermi alla prova e migliorarmi continuamente, sia nel ruolo di primo corno che come parte integrante dell’orchestra.
In sintesi, l’esperienza con l’EUYO ha rappresentato una tappa fondamentale nel mio percorso musicale e personale, e mi ha dato tanto: amicizie, conoscenze, opportunità di crescita e, soprattutto, una visione della musica che va al di là del semplice eseguire. È stato un viaggio che mi ha formato in ogni aspetto, e per tutto ciò sono profondamente grata.
Quali emozioni e sfide vivi suonando all’interno di un’orchestra, e cosa rende speciale per te questa esperienza musicale condivisa?
Amo stare in orchestra, senza ombra di dubbio è questo ciò che sogno per il mio futuro. Non è affatto facile essere un’orchestrale: si è spesso sottoposti a tanta pressione psicologica. Da fuori non si percepisce e per questo tante volte il nostro lavoro viene sottovalutato, però negli ultimi anni in particolare si ricerca sempre di più un perfezionismo che di fatto non esiste: non siamo delle macchine. Questa però è solo una delle tante sfumature che fanno parte di questa professione. Amo il lavoro in orchestra per molte ragioni, ma una delle principali è la possibilità di creare legami duraturi con le persone con cui condivido questa esperienza. In orchestra, infatti, si formano amicizie speciali, costruite sul rispetto reciproco e sull’impegno comune verso un obiettivo condiviso: far vivere la musica nel modo più intenso e autentico possibile. Ogni prova, ogni concerto, è l’occasione per crescere insieme, per affrontare le sfide musicali come squadra e per festeggiare insieme i successi. L’aspetto del lavoro in sezione è un altro elemento fondamentale che arricchisce la mia esperienza. Ogni strumento, ogni sezione ha un ruolo preciso, e attraverso il lavoro intenso e mirato di gruppo, si raggiungono risultati che singolarmente sarebbero impensabili. Il tempo che si tracorre a perfezionare ogni dettaglio, a condividere soluzioni, a migliorare l’intesa, è una delle esperienze più gratificanti. Infine, c’è la crescita continua che arriva dal saper ascoltare gli altri. In un’orchestra, non si può suonare in modo efficace se non si impara a stare attenti agli altri musicisti, se non si è pronti ad adattarsi e a rispondere alle sfumature che ogni musicista porta. Il dialogo che si crea tra tutti gli strumenti è una fonte infinita di spunti per migliorarsi. Ogni volta che ascolti con attenzione i colleghi, ti accorgi di come la tua performance possa arricchirsi, evolversi. È proprio in questo scambio continuo che si trova la bellezza del lavoro in orchestra: non si è mai soli, ma si cresce insieme, imparando sempre gli uni dagli altri.
Con la musica c’è la possibilità di viaggiare, c’è un posto in cui sogni di andare per esibirti?
Non credo ci sia un posto in particolare nel quale mi piacerebbe andare. Amo viaggiare ed il bello del mio lavoro è che ogni anno mi porta a destinazioni inaspettate che mai mi sarei aspettata di visitare nella mia vita. Un anno fa sono stata in Messico e prima ancora in Arabia Saudita. Se proprio dovessi scegliere una destinazione nella quale non sono mai stata, probabilmente direi il Giappone. Sono affascinata dalla cultura orientale ed in particolare quella di questo stato. Vorrei andarci per provare la cucina locale e perché no, fare un’escursione sul monte Fuji. Vedere i ciliegi in fiore e visitare le città principali del paese.
Qual è la tua opinione sull’insegnamento? Ti piacerebbe trasmettere la tua esperienza e le tue conoscenze musicali alle nuove generazioni di musicisti?
Sinceramente non penso che l’insegnamento sia adatto a me. In casa ho l’esempio di mio papà che, oltre a dirigere, insegna anche nella classe degli Ottoni delle medie ad indirizzo musicale di Lovere. Vedo la dedizione che mette nel suo lavoro e la passione con cui si dedica ai suoi studenti. Io non penso di essere portata come lui e nemmeno di avere la pazienza necessaria per poter svolgere questa tipologia di lavoro. Oltre a ciò, sono convinta del fatto che la musica sia un’arte fantastica e che ogni bambino abbia il diritto di avere un docente che lo sappia far appassionare. Purtroppo, nel mio percorso mi è capitato anche di aver a che fare con docenti che stavano per farmi smettere di suonare. Non vorrei mai avere la responsabilità di poter compiere gli stessi errori.
La costanza è sicuramente fondamentale per ottenere buoni risultati. Quanto tempo dedichi ogni giorno allo studio del corno e come riesci a conciliare i tuoi impegni quotidiani con lo studio e le prove?
Confermo che la costanza è fondamentale per mantenersi in allenamento e non perdere la muscolatura. Solitamente, in giorni in cui non ho impegni, studio circa 6 ore suddivise in tre sessioni: mattina, pomeriggio e sera. Così facendo non mi stanco troppo e riesco comunque ad avere tempo per guardare tutto il repertorio che devo preparare. Quando ho prove in orchestra mi riscaldo e faccio esercizi semplici per un’oretta prima di salire sul palco e poi, in base al repertorio che sto suonando, decido se fermarmi in teatro anche dopo la fine della prova o se è meglio riposarsi in vista della giornata successiva. In questo periodo in cui purtroppo mi sono infortunata alla spalla, cerco di fare il minimo indispensabile perché il mio corpo non si affatichi troppo. Studio circa un’ora ogni giorno in cui faccio principalmente tecnica di base e ripasso i concerti per corno. Per essere organizzata nel miglior modo possibile, ogni giorno imposto prima gli orari che voglio dedicare allo studio e poi, in base a quello, incastro gli altri impegni.
Oltre alla musica, ci sono altre attività o passioni che coltivi nel tuo tempo libero e che magari ti aiutano anche nel tuo percorso musicale?
Sono sempre stata innamorata dell’acqua e del mare. Da piccola sono cresciuta in piscina: nuotavo ogni volta che potevo e dopo 12 anni di allenamenti, ero arrivata alle selezioni per entrare nel nuoto agonistico. È stato in quel momento che ho dovuto fare una scelta: nuoto o musica? La risposta ormai già la sappiamo. Però, con il passare degli anni, ho sempre portato avanti anche questa mia seconda passione. Ora che vivo a Palermo mi sono iscritta al corso di ApneaPalermo per approfondire un aspetto del nuoto che non avevo mai allenato: l’Apnea. Questa disciplina si sta rivelando molto utile anche per migliorare il rapporto che ho con lo strumento. Lavoriamo sulla respirazione e sul controllo totale del corpo e della mente per essere il più rilassati possibile. Gli stessi esercizi li ripropongo talvolta anche in teatro, subito prima di entrare sul palco, ed i risultati li sto già iniziando a percepire!
In questo momento stai lavorando a qualche progetto speciale o ci sono eventi futuri di cui puoi darci qualche anticipazione?
Nelle prossime settimane ritornerò a suonare con l’Orchestra Sinfonica Siciliana con la quale ci saranno dei programmi che sognavo di poter suonare sin fa bambina, come la Nona Sinfonia di Mahler, l’Oiseau de feu di Stravinsky e le musiche di Strauss. In contemporanea continuerò a tenermi preparata per i prossimi concorsi e le prossime audizioni.
Grazie Silvia per il tempo che ci hai dedicato, un grosso in bocca al lupo per i tuoi progetti futuri.
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