Simona De Rosa è una cantante jazz con una carriera internazionale che l’ha vista calcare i palcoscenici di città come New York, Hanoi, Pechino, Shanghai e Berlino. Laureata al Queens College di New York, ha inciso cinque album da solista, esplorando vari stili musicali e collaborando con artisti di diverse culture. Oltre alla sua carriera di performer, ha dedicato cinque anni all’insegnamento in Italia, America e Asia, lavorando in college e accademie, e tenendo masterclass in tutto il mondo. Nel 2023 ha ricevuto un importante riconoscimento dal sindaco di New York per il suo impegno nella diffusione della canzone napoletana a livello globale.
a cura di Noemi Aloisi
Benvenuta Simona! La tua carriera è ricca di successi e esperienze incredibili. Ci racconti come è nata la tua passione per la musica e per il canto?
Ciao, grazie per l’invito! Non ricordo esattamente il momento in cui è iniziata la passione, ma ricordo molto bene gli anni dell’infanzia, quando ero a casa con mia madre. Lei mi insegnava le prime canzoni mentre preparava la cena. Cominciammo con “Il ragazzo della via Gluck” di Celentano e qualche classico della canzone napoletana. Mi sgridava sempre perché cambiavo la melodia. Dopo vent’anni, mi è capitato lo stesso, ma a New York, con Barry Harris, che mi ha ripreso per lo stesso motivo! È stato un percorso di continuo apprendimento. Canto da quando ho memoria.
Tra tanti generi, hai scelto il jazz. Cosa ti affascina di questo stile musicale?
Il jazz mi ha conquistata per la sua libertà improvvisativa, che oggi riesco a portare in tutti gli altri stili vocali che esploro. La possibilità di esprimersi liberamente e di “giocare” con la musica è qualcosa che trovo unico nel jazz.
Sei una cantante di grande esperienza e ti sei formata al Queens College di New York. Come è nato il tuo percorso di studi all’estero?
Studiare all’estero è stata una necessità per comprendere davvero il linguaggio della musica afroamericana. Penso che, se mi chiedessero come imparare a cantare la canzone napoletana nel suo autentico spirito, risponderei che è fondamentale trasferirsi a Napoli. Studiare la lingua, i brani, è importante, ma vivere la magia di Napoli e immergersi nel suo dialetto è l’unico modo per padroneggiare quel linguaggio. Per me è stato lo stesso: dovevo vedere e ascoltare dal vivo, e così è stato. È stata un’esperienza fondamentale, che mi ha arricchita molto.
Hai vissuto in diverse città e culture, in particolare in Asia. Quali di queste influenze si riflettono nella tua musica?
Sicuramente l’Asia ha avuto un grande impatto sulla mia musica. Ho vissuto sia in Vietnam che in Cina e ho imparato moltissimo dalla disciplina e dalla spiritualità di queste culture. Non sono ancora riuscita ad applicare appieno alla vita quotidiana la serenità e la padronanza che questi popoli hanno sviluppato nel corso dei secoli, ma è stato proprio in quegli anni che ho iniziato una ricerca musicale più profonda nella world music, partendo da Hanoi e poi nello Yunnan. La scoperta di nuovi suoni e tradizioni continua a essere una fonte di ispirazione.
Pino Daniele è stato un pilastro della musica italiana, riuscendo a fondere jazz e spirito napoletano. Ha avuto un’influenza su di te?
Non sono mai stata una sua fan sfegatata, ma ci sono alcuni suoi brani che mi toccano profondamente, come Lunedì, che mi fa piangere ogni volta. Per il resto, mi ispira la vita stessa, quello che accade ogni giorno. In particolare, la mia ricerca musicale in ambito world music è un aspetto molto rilevante della mia carriera. In questo periodo, ad esempio, sto studiando la musica del Medio Oriente.
Quali strumenti ti accompagnano solitamente nelle tue performance? E ci sono elementi costanti nei tuoi concerti?
Di solito mi esibisco con un quartetto jazz che include pianoforte, basso e batteria. Un elemento costante in ogni performance è il mio arrangiatore e pianista, Michal Ciesielski, che è anche un caro amico. La sua presenza musicale è fondamentale per il mio sound.
Nel 2023 hai ricevuto un importante riconoscimento dal sindaco di New York per il tuo impegno nella diffusione della canzone napoletana. Che emozione hai provato?
È stato un momento molto speciale e un motivo di grande orgoglio. Avrei dovuto riceverlo l’anno precedente, ma ero bloccata in Cina e non sono potuta tornare in Europa per un anno e mezzo. Quando mi hanno richiamata l’anno successivo per confermare l’invito, è stata una gioia indescrivibile.
Hai inciso cinque album e stai lavorando al sesto. Cosa possiamo aspettarci da questo nuovo lavoro?
Il nuovo album conterrà una miscela di musiche del mondo e tanti brani originali. Ogni progetto è un’evoluzione, quindi posso dire che questo sarà sicuramente un passo in avanti rispetto ai precedenti, in termini di sound e ricerca musicale.
Oltre alla tua carriera di cantante, ti sei anche dedicata all’insegnamento. Come è stata questa esperienza? Pensavi di tornare a insegnare in futuro?
Insegnare è un’esperienza incredibile, perché ti permette di imparare tanto anche su te stessa. Ho imparato molto dai miei allievi. Oggi sono docente di Conservatorio, ma non escludo di prendere una pausa dal mondo accademico per dedicarmi completamente alla mia carriera musicale e alla mia famiglia.
Hai viaggiato tantissimo. Dove vivi ora e quale luogo consideri “casa”?
Casa per me è dove sarà mio marito Kaddour. Ma la mia vera casa rimarrà sempre Arzano, un piccolo paese a nord di Napoli, vicino alla famosa Secondigliano, dove sono cresciuta con i miei genitori e mio fratello. Quando ci penso, posso dire con orgoglio che vivere lì è stata la mia scuola di vita.
Grazie per il tuo tempo, Simona! È stato un piacere ascoltare la tua storia.
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