Simonetta Lucchi: un viaggio tra arte, letteratura e didattica

Nata a Bolzano il 16 novembre 1964, Simonetta Lucchi è una figura poliedrica nel panorama culturale e didattico italiano. Con una solida formazione accademica in Lettere Moderne e Storia dell’Arte, Lucchi ha costruito una carriera che abbraccia la letteratura, l’arte, l’insegnamento e la ricerca. Tra i suoi successi figurano prestigiosi riconoscimenti letterari, premi artistici e un’intensa attività di curatela e docenza. Con una vasta esperienza che spazia dall’insegnamento nelle scuole italiane e tedesche alla pubblicazione di opere poetiche e narrative, Simonetta Lucchi continua a esplorare e fondere le molteplici dimensioni della creatività umana. In questa intervista, andremo oltre la superficie, scoprendo il suo approccio unico alla cultura e all’arte, e cosa la ispira nel suo straordinario percorso.

a cura di Antonio Capua


Benvenuta su Che! Intervista, Simonetta. La tua carriera abbraccia letteratura, arte, didattica e ricerca. Come riesci a bilanciare queste molteplici dimensioni creative e professionali?
In realtà ho cominciato a lavorare molto presto, già a 18 anni, mantenendomi anche agli studi universitari. Per mio interesse ma anche per necessità economiche mi sono abituata a conciliare più attività e impegni, a cui successivamente si sono aggiunti quelli familiari che, purtroppo, ancora in molti paesi, anche in Italia, gravano pesantemente sulla carriera professionale delle donne. Oggi sono molto contenta guardandomi indietro, certo, molto ho dovuto posticipare a tempo debito rinunciando a importanti opportunità. Anche il mio esordio in letteratura, considerato che il primo premio letterario l’ho vinto a sette anni, altri incoraggiamenti li ho avuti a venti, poteva avvenire molto prima, ma in compenso ho guadagnato in esperienza e ampiezza di argomenti.

La raccolta “Freddo in Noi – Racconti a Nord Est” esplora paesaggi e storie del nord-est italiano. Quali temi principali hai voluto affrontare e cosa rappresenta per te questa opera? Hai vinto numerosi premi letterari e artistici. Quale riconoscimento ti ha emozionato di più e perché?

Probabilmente i premi ottenuti nei concorsi letterari internazionali della Società Dante Alighieri/Dante Global, sono stati i più significativi, perché la Dante Alighieri mi ha accompagnato per tutta la vita: il mio primo premio, a sette anni, come accennavo precedentemente. Il secondo nel 2022, per la mia poesia “Trieste”, al contest “narrate, Uomini, la vostra storia”, con lo scrittore Antonio Scurati e l’apprezzamento ricevuto dal compianto prof. Luca Serianni, che in quell’occasione potei conoscere: nel 2024, il primo premio assoluto al contest “ArtiScritte” con la poesia “Verde”.  Però anche altri riconoscimenti mi hanno molto emozionato, tutti direi hanno diversi caratteri e motivazioni. La raccolta “Freddo in Noi- Racconti a Nord Est” comprende miei racconti, poesie, dipinti o disegni, lettere. Un po’, un condensato, anche se ancora non definitivo, di vita e esperienze. I temi principali sono nuovamente quelli per me centrali: la scuola, la famiglia, la storia, la memoria, i diritti, i confini, le donne, il diritto di esprimersi e essere ascoltate.

Come docente e formatrice, hai lavorato con approcci plurilingui e CLIL. Qual è stata la sfida più grande nell’insegnamento integrato di lingue e contenuti?
Vivendo in territori difficili, e ancora segnati da conflitti più o meno latenti, la sfida più grande è l’accettazione da parte degli studenti, e la volontà di imparare. Se non si vuole, ben poco si può fare: tuttavia, la metodologia CLIL lavora proprio su questo, l’accettazione e la comprensione delle altre culture. Per questo mi dispiace particolarmente che questa metodologia sia stata complessivamente poco compresa o accettata, troppo spesso non sufficientemente valorizzata. Le lingue sono le persone che le parlano, vive e in continuo sviluppo: non fredda didattica o correttezza esclusivamente grammaticale. Le lingue potrebbero unire i popoli, troppo spesso li dividono.

La tua esperienza spazia tra Italia, Germania e altri Paesi. Come hanno influenzato la tua visione culturale queste esperienze internazionali?
Mi hanno forse insegnato la tolleranza, ma anche la necessità di difendere i propri diritti e la propria dignità. Personalmente non mi sento di appartenere a nessun popolo o lingua particolare: al tempo stesso, reagisco molto duramente ad ogni prepotenza o sopruso di carattere identitario. La libertà e l’accettazione di chiunque sono per me un principio fondamentale, come, del resto, il rispetto nei miei confronti.

La pittura e la grafica sono una parte essenziale della tua espressione artistica. In che modo questi medium visivi completano il tuo lavoro letterario?
Quando decisi di iscrivermi all’università, ero molto indecisa tra studi artistici e linguistico-letterari. Ho deciso di non rinunciare a nulla e di portare avanti tutti questi miei interessi. Così, anche nel lavoro. Ho voluto spesso cambiare attività: così nella scuola. Pur essendo di ruolo, preferisco cambiare spesso materia e istituti scolastici, con diverse lingue di insegnamento. In Alto Adige, ad esempio, le scuole sono divise in base al gruppo etnico di appartenenza: tedesco, italiano o ladino. Ecco, io penso proprio di essere l’unica insegnante a aver fatto esperienza in tutte queste realtà scolastiche, oltre che all’estero e in altre regioni d’Italia. Questo forse mi caratterizza particolarmente e rende le mie esperienze anche come docente molto insolite e varie. Anche nelle mie lezioni, collego sempre pittura, letteratura, arte, musica, lingue.

Sei autrice di articoli su piattaforme come Huffington Post e Il Fatto Quotidiano. Quali argomenti ti appassionano di più quando scrivi per il pubblico?
Io scrivo in modo del tutto indipendente e in base alle notizie e ai temi che mi coinvolgono emotivamente: non ho vincoli o contratti, cosa che mi dona molta libertà. Il mio intento è quello di stimolare la riflessione e il dialogo. Pertanto, tratto gli argomenti che mi sono molto vicini e che conosco molto bene. Non mi piace essere generica o a avere dubbi in ciò che propongo. In quel caso, preferisco evitare.

Come curatrice di mostre ed eventi artistici, come selezioni le opere e costruisci un’esperienza per il visitatore?
In questo caso tendo a creare dei percorsi didattici e visivi, anche utilizzando la realtà virtuale, che permette di superare il tempo e lo spazio. Nelle arti, come nelle lingue, prediligo le modalità immersive e esperienziali, che consentano di mettere in contatto diretto il visitatore con l’opera d’arte, l’artista, la sua sensibilità, la sua vita, il contesto storico e sociale in cui ha operato. In generale, mi piace molto che ogni “insegnamento” o rappresentazione costituisca un filo diretto con il presente e arricchisca in questo modo chi ne usufruisce. Essendo molto legata al mondo della scuola, i contenuti didattici e il materiale specifico per laboratori o approfondimenti anche in classe sono sempre presenti.

Hai rappresentato l’Italia al Menotti Art Festival 2024 di Spoleto per la sezione Arti Visive e Letteratura. Cosa ha significato per te questa esperienza?
Ultimamente i riconoscimenti e gli apprezzamenti si moltiplicano, e questa occasione è stata per me un grande onore. Gli ambienti internazionali e il confronto con artisti e autori di tutto il mondo sono interessanti e portano sempre importanti sviluppi. In particolare mi colpiscono eventi come il Menotti Art Festival per l’imponenza e la qualità dell’offerta culturale e l’alta professionalità degli organizzatori. E poi, il contesto, e l’arte onnipresente in Italia, sono sempre, anche per chi ci è abituato, una continua emozione e sorpresa. Vivere nella bellezza è un grande privilegio.

Per il futuro, quali nuovi obiettivi ti sei prefissata? Ci sono progetti, collaborazioni o opere in cantiere che vorresti condividere?
Devo dire, più si fa e più collaborazioni e progetti ci si propone. Per quanto, attribuisco sempre molto valore alla quiete, intesa anche come silenzio, e al contatto con la natura: inoltre, a rimanere vicina agli affetti più sinceri. Questi sono i miei ambienti prediletti in cui torno appena possibile. Tuttavia, non ho l’impressione che le mie attività mi stanchino, al contrario. Non avendo fini e ambizioni particolari, materiali intendo, mi arricchiscono perché faccio ciò che mi piace. Se questo viene apprezzato dagli altri, certo, è una grande gioia. In futuro comunque mi dedicherò di certo alle mie poesie, e alla pubblicazione della mia prossima silloge, dal titolo “E tutto tace”. Inoltre le presentazioni pubbliche del libro “Freddo in Noi. Racconti a Nord Est”, prenotate in tutta Italia e anche all’estero, mi impegneranno a lungo.  Mi piacerebbe molto che si concretizzasse la proposta di alcune case editrici di tradurre i racconti in altre lingue.

Grazie Simonetta per la tua intervista e complimenti per tutto!
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