Tagliare le barriere dell’arte: un dialogo con Davide Uria

Davide Uria è uno scrittore e docente che con passione e dedizione si propone di rendere l’arte contemporanea accessibile a tutti. Il suo ultimo libro, “Lucio Fontana spiegato a mia nonna. Perché i tagli sono opere d’arte”, affronta una delle figure più significative dell’arte del Novecento, Lucio Fontana, e il suo approccio rivoluzionario. Uria si pone l’obiettivo di spiegare concetti complessi, come i celebri tagli sulla tela di Fontana, in modo chiaro e coinvolgente, dimostrando che l’arte contemporanea può essere alla portata di tutti, indipendentemente dall’età o dalla preparazione. In questa intervista esploreremo il rapporto tra arte, percezione e innovazione attraverso lo sguardo di un giovane autore che ha fatto dell’arte il suo mezzo di comunicazione.

a cura di Antonio Capua


Davide, il titolo del tuo libro è molto evocativo: “Lucio Fontana spiegato a mia nonna”. Da dove nasce l’idea di utilizzare un linguaggio così diretto e familiare per spiegare l’arte contemporanea?
L’idea è nata dalla mia esperienza personale e professionale, soprattutto insegnando arte contemporanea all’Università della Terza Età. Mi sono spesso trovato a spiegare concetti complessi a persone che, pur avendo interesse e curiosità, non avevano mai avuto un’educazione artistica formale. Mi sono reso conto che un linguaggio familiare e semplice può abbattere le barriere che spesso separano il grande pubblico dall’arte contemporanea, percepita come “difficile” o “elitaria”. Usare mia nonna come simbolo in questo contesto è stata una scelta naturale: rappresenta quella parte di pubblico che si approccia all’arte con scetticismo, ma che può essere coinvolta e conquistata con il giusto approccio.
Ho voluto dimostrare che si può parlare di Lucio Fontana e dei suoi celebri tagli senza usare un linguaggio esclusivo, ma mantenendo intatta la complessità del suo pensiero. I suoi tagli, in fondo, sono una metafora potente: un’apertura verso un universo sconosciuto, proprio come il mio libro vuole essere un’apertura verso l’arte per chi, magari, non vi si è mai avvicinato.

Lucio Fontana e i suoi celebri tagli rappresentano un punto di svolta nell’arte del Novecento. Cosa ti affascina di più del suo lavoro e perché hai scelto proprio lui come protagonista del tuo libro?
Ciò che mi affascina di Fontana è il coraggio di rompere le convenzioni. I suoi tagli sono un atto di sfida e al tempo stesso di rivelazione: trasformano la tela in qualcosa di più di una superficie bidimensionale, la rendono un portale verso l’infinito. Fontana non ha solo creato opere d’arte, ma ha aperto un nuovo modo di pensare l’arte stessa. Ha vissuto in un’epoca di grandi trasformazioni – tecnologiche, culturali e scientifiche – e ha saputo tradurre queste tensioni in una forma visiva che parla ancora oggi.
Ho scelto lui perché i suoi tagli sono universali: possono sembrare semplici, ma contengono un mondo di significati. Rappresentano la curiosità umana, il desiderio di esplorare, di andare oltre, di scoprire nuove dimensioni. In un’epoca come la nostra, in cui ci interroghiamo sull’universo e sul nostro posto in esso, il messaggio di Fontana risuona ancora con una forza straordinaria.

Nel tuo libro parli del fatto che l’età non è un limite per comprendere l’arte contemporanea. Come pensi che cambino le percezioni dell’arte man mano che le persone invecchiano?
L’età porta con sé esperienze, ricordi e una capacità di riflettere che spesso manca nei giovani. Questo può arricchire enormemente il modo in cui ci si avvicina all’arte. Molte opere contemporanee, come quelle di Fontana, non si comprendono pienamente a livello razionale ma evocano emozioni profonde, ricordi, intuizioni che risuonano con l’esperienza di vita.
Tuttavia, con l’invecchiamento può emergere anche una certa rigidità mentale, una difficoltà ad accettare ciò che è nuovo o non immediatamente comprensibile.
Insegno che l’arte non chiede di essere “capita” nel senso tradizionale del termine, ma di essere vissuta. Alla Terza Età ho visto studenti inizialmente diffidenti cambiare completamente prospettiva, commuoversi davanti a opere che avrebbero definito “strane” o “inutili”. Questo dimostra che, con il giusto approccio, l’età non solo non è un limite, ma può diventare un valore aggiunto per l’apprezzamento dell’arte contemporanea.

Come insegni l’arte contemporanea all’Università della Terza Età di Trani? Ci sono state reazioni o momenti particolarmente significativi da parte dei tuoi studenti che ti hanno colpito?
Il mio approccio si basa sulla narrazione e sul coinvolgimento attivo. Non mi limito a mostrare immagini di opere o a fornire spiegazioni accademiche: racconto storie, creo analogie con la vita quotidiana, stimolo domande e curiosità. Voglio che gli studenti sentano l’arte come qualcosa di vivo, non come un oggetto distante da ammirare in silenzio.
Ricordo un episodio che mi ha colpito profondamente. Durante una lezione su Fontana, una studentessa, dopo aver osservato un suo taglio, ha detto: “Non avrei mai pensato che il vuoto potesse essere così pieno di significato.” Era un’osservazione spontanea, ma profondissima. È in momenti come questo che capisco quanto sia potente l’arte: riesce a risvegliare emozioni e pensieri che spesso restano inespressi.

Nel tuo percorso hai lavorato al Mart di Rovereto, uno dei più importanti musei di arte moderna e contemporanea in Italia. In che modo questa esperienza ha influenzato la tua visione dell’arte e della sua divulgazione?
Il Mart è stato un laboratorio straordinario per me. Lavorare lì mi ha permesso di vedere da vicino come un museo possa diventare un ponte tra l’arte e il pubblico. Ho imparato che la chiave per una buona divulgazione è creare un contesto che permetta alle persone di sentirsi coinvolte, di trovare un collegamento personale con le opere.
Questa esperienza ha rafforzato la mia convinzione che l’arte deve essere raccontata, non solo mostrata. Non basta esporre un’opera: bisogna far capire perché è stata creata, quale messaggio porta con sé. Ho portato questa lezione nel mio libro, cercando di raccontare Fontana non solo come artista, ma come uomo del suo tempo, un pioniere che ha avuto il coraggio di guardare oltre il visibile.

In un’epoca in cui la comunicazione visiva è predominante, credi che l’arte contemporanea possa insegnarci a guardare il mondo in modo diverso? Se sì, in che modo?
Sì, l’arte contemporanea ha il potere di rivoluzionare il nostro modo di guardare il mondo.
Viviamo in una società saturata di immagini, dove tutto viene consumato rapidamente, spesso senza una vera comprensione. L’arte contemporanea ci obbliga a fermarci, a riflettere, a guardare con più attenzione.
Fontana, con i suoi tagli, ci offre un esempio perfetto: ci invita a non fermarci alla superficie, a guardare oltre. Questo è un insegnamento prezioso in un’epoca in cui spesso ci accontentiamo di ciò che è immediato e superficiale. L’arte può insegnarci a cercare il significato nascosto nelle cose, a essere più curiosi e aperti verso il mondo.

Fontana con i suoi tagli ha superato la convenzione della pittura tradizionale. Se dovessi spiegare il significato di quei tagli a qualcuno che non conosce l’arte, come li descriveresti in termini semplici e quotidiani?
Immagina di guardare una tela come una finestra chiusa. Ora immagina che qualcuno faccia un taglio nella tela per permetterti di vedere cosa c’è oltre. Questo è ciò che Fontana ha fatto con i suoi tagli: ha trasformato una superficie piatta in un varco verso l’ignoto.
I suoi tagli non sono gesti distruttivi, ma creativi. Sono un invito a esplorare ciò che non si vede, a immaginare cosa c’è oltre. In un certo senso, sono come un’apertura verso il futuro, verso possibilità che non conosciamo ancora.

Il tuo libro si propone di raccontare l’arte in modo “più vicino alla vita di tutti i giorni”. Quanto pensi che sia importante portare l’arte fuori dai musei?
È fondamentale. I musei sono luoghi preziosi, ma spesso creano una barriera tra l’arte e il pubblico. Portare l’arte fuori dai musei significa renderla parte della vita quotidiana, farla diventare qualcosa con cui possiamo interagire direttamente.
Il mio libro vuole essere proprio questo: un modo per portare l’arte nelle case delle persone, nella loro quotidianità. Non per banalizzarla, ma per renderla accessibile e viva, per dimostrare che l’arte può parlare a tutti, ovunque.

Parli di come la visione influenzi il modo in cui ci si avvicina all’arte. Pensi che la nostra società abbia bisogno di un nuovo modo di vedere per comprendere meglio l’arte contemporanea?
Sì, e questo vale non solo per l’arte, ma per la vita in generale. Viviamo in una società che spesso ci spinge a vedere le cose in modo superficiale, a cercare risposte immediate. L’arte contemporanea ci chiede l’opposto: ci chiede di rallentare, di osservare, di metterci in discussione.
Fontana, ad esempio, ci invita a guardare oltre il visibile, a cercare significati più profondi.
Questo non è solo un esercizio artistico, ma un modo di vivere: imparare a vedere il mondo con occhi nuovi, con curiosità e apertura. La nostra società ha bisogno di questa lezione, ora più che mai.

Qual è il messaggio più importante che vorresti trasmettere a chi leggerà il tuo libro?
Il messaggio più importante che voglio trasmettere è che l’arte non è qualcosa di distante, riservato a pochi eletti o agli esperti del settore. È un linguaggio universale, un modo per comunicare emozioni, idee e visioni che appartengono a tutti noi. Con il mio libro, voglio dimostrare che anche l’arte contemporanea, spesso vista come complessa o incomprensibile, può essere avvicinata con semplicità e curiosità.
Lucio Fontana, con i suoi tagli, ci offre una lezione straordinaria: non dobbiamo avere paura di ciò che non comprendiamo subito. L’arte, come la vita, richiede che ci fermiamo, osserviamo, ci poniamo domande e, soprattutto, che ci lasciamo stupire. Voglio che il lettore capisca che non esistono risposte giuste o sbagliate di fronte a un’opera d’arte, ma che ciò che conta è l’esperienza personale, l’emozione che suscita, il pensiero che ci fa nascere.
In fondo, il mio libro è un invito a guardare il mondo con occhi nuovi, ad accettare il mistero, il vuoto e le possibilità che esso contiene. Proprio come un taglio di Fontana che non chiude, ma apre. E voglio che chiunque lo legga senta di poter fare parte di questo viaggio nell’arte, senza timori o pregiudizi.

Grazie Davide e complimenti per il tuo lavoro
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